10 luglio 2018

Africa. Viaggio in un continente di genocidi, dittature e speranze

Dal Maghreb, polveriera sul Mediterraneo, all'area Sub-Sahariana dei conflitti e della sistematica violazione dei diritti umani, passando per le nuove start-up di creativi.


Genocidi, bambini soldato, abusi sessuali, tratta degli uomini, traffico della prostituzione, dittature militari, violazione dei diritti civili e politici, mancanza della libertà di stampa.

L’Africa è il secondo continente del mondo per estensione, quello con più Stati (54) e con circa 1200 etnie diverse, ma è anche il più povero e tormentato dai conflitti. Dei 54 Paesi africani solo 6 hanno piena libertà di stampa, 25 non ne hanno nessuna, 23 solo in parte. Soltanto 11 rispettano la Dichiarazione universale dei diritti umani.

Il Nord Africa una polveriera sul Mediterraneo
L’Africa è ancora dominata da regimi non democratici. Mancanza di libertà e corruzione sono all'origine di un malcontento diffuso, e l’Africa del Nord, a partire dal Maghreb, è una polveriera. La regione è stata attraversata dalle Primavere arabe, che inizialmente hanno fatto pensare all'instaurazione di governi democratici, prima che si rivelassero un fallimento.

In Marocco la monarchia di re Mohammed VI ha retto l’urto e attuato alcune timide riforme ma il Paese è dilaniato da forti proteste nella regione montuosa del Rif, la meno sviluppata, e abitata da berberi.

In Algeria Abdelaziz Bouteflika è stato eletto per la quarta volta nel 2014. Il regime del Fronte nazionale di liberazione, al potere dal 1962, è simbolo della corruzione e dell'inefficienza della classe dirigente.

In Tunisia, in seguito alla “Rivoluzione dei gelsomini” e alla fuga del dittatore Ben Ali nel 2011, si sono svolte le elezioni che hanno visto il trionfo del partito islamista Ennhada. Nel 2014 è stato eletto presidente Beji Caid Essersi, di orientamento laico, che si è alleato con Ennhada ma ne ha ridimensionato le pretese islamiste. La Tunisia è finita allora nel mirino dell’Isis e nel 2015 gli attacchi al museo nazionale del Bardo e a Sousse hanno causato decine di morti, per la maggior parte occidentali.

Ma il Paese più devastato è la Libia. Dopo l’uccisione di Gheddafi non esiste più come Stato unitario, si è frantumata in varie tribù, con territori desertici ancora in mano a gruppi jihadisti, compreso l’Isis, mentre il potere centrale è diviso da due governi, uno riconosciuto, ma che controlla poco il territorio, quello di Al Sarraj, e l’altro non riconosciuto, guidato dal generale Haftar.

L'Africa Sub-Sahariana: dittature militari e genocidi
Campo profughi, Sud Sudan
L’instabilità e le minacce degli islamisti nel Nord si riverberano anche sui Paesi sub-sahariani. In Sudan il conflitto tra il nord islamico e il sud cristiano va avanti da più di 40 anni. Nel 2011 un referendum nel Sud Sudan ha proclamato la secessione dal nord e la creazione di uno stato indipendente. Il presidente Omar Hasan Ahmad al-Bashir ha instaurato un regime in cui vengono costantemente violati i diritti umani e avvengono terribili persecuzioni contro le minoranze animiste, ma anche cristiane.

Nella regione del Darfur è stato attuato un genocidio nei confronti della popolazione non araba che ha portato alla morte fra le 200 mila e le 400 mila persone. Le popolazioni nomadi arabe e le popolazioni stanziali africane sono in guerra per il possesso delle risorse naturali: terra, acqua e petrolio.

In Mauritania esiste il problema della schiavitù e dei diritti umani. L’omosessualità è considerata un crimine e viene applicata la pena di morte con decapitazione in pubblico. Il 45% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno.

L’Eritrea è una nazione indipendente da più di 20 anni e da due decenni non vi si svolgono elezioni nazionali. Isaias Afewerki è stato eletto nel 1993 e da allora non ci sono state più elezioni. I maschi sono costretti a prestare servizio militare praticamente a vita. Il paese è considerato la Corea del Nord dell'Africa, gli oppositori vengono imprigionati e torturati.

Il minuscolo Swaziland è governato da re Maswati III. Nel 2001 il re ha introdotto una legge che impone la castità per le donne fino al 24° anno di età.

In Guinea Equatoriale il governo è nelle mani di Mbasogo che è considerato uno dei più brutali e feroci capi politici del mondo.

La Costa d’Avorio è di fatto colonia della Francia, che ha sempre imposto governi amici, fino all'esplosione di una guerra civile (2002-2011) con centinaia di morti che ha ragioni razziali ed economiche.

In Sudafrica il processo verso la democrazia è coinciso con la fine dell’apartheid, ma anche in questo Paese il presidente gode di ampi poteri. Il presidente Jocop Zuma, successore di Nelson Mandela, lo scorso anno è stato costretto a dimettersi a causa di scandali giudiziari e di decine e decine di episodi di corruzione di cui è stato accusato.

Il Sahara Occidentale è conteso tra il Marocco e il Fronte Polisario, che ne ha dichiarato l’indipendenza proclamando la Repubblica Araba del Sahrawi.

La Somalia è stata considerata uno “Stato fallito” ed è uno degli stati più violenti e poveri del mondo.

La Repubblica Centrafricana, nel 2013 ha subito un colpo di stato violento che ha portato al potere il gruppo islamista Seleka. Sono seguiti anni di violenze e massacri a colpi di macete. Da un lato le milizie islamiche Seleka e dall'altro quelle cristiane e animiste, entrambe accusate di violenze indicibili contro la popolazione. Oggi il paese sta attraversando un periodo di transizione dopo che si è dato un nuovo assetto democratico con l'elezione del presidente Faustin-Archange Touadéra nel 2016.

Sud Sudan, il più giovane stato del mondo, resosi indipendente nel 2011 dal Sudan dopo 20 anni di guerra e un referendum che ne ha decretato l'indipendenza. Nel dicembre del 2013 in Sudan del Sud si è verificato un tentato colpo di Stato nel quale le forze leali al presidente Salva Kiir di etnia dinka si sono scontrate con quelle fedeli all'ex vicepresidente Riech Machar di etnia nuer, esonerato a luglio a causa dei forti contrasti con Kiir. Si suppone che almeno 50.000 persone siano state uccise nel corso di questo conflitto etnico. Un conflitto tutt'ora in atto che ha creato una crisi umanitaria di vaste proporzioni.

Nel piccolo Burundi il 13 maggio 2015 è stato tentato un colpo di stato per deporre il presidente Pierre Nkurunziza che non voleva lasciare il potere dopo la scadenza del suo secondo mandato. Il golpe fallì due giorni dopo per l'intervento dell'esercito e da allora le violenze contro oppositori politici e popolazione civile hanno provocato almeno 50 mila morti e centinaia di migliaia di sfollati verso i paesi confinanti.

Il Ciad, ex-colonia francese, è governato dal 1990 da Idriss Déby. Ha l'appoggio della Francia che è sempre intervenuta nei momenti crisi politica in suo favore. Il paese è ricco di petrolio ma la sua popolazione vive con meno di due dollari al giorno.

Lo Zimbabwe, è stato uno degli ultimi stati africani ad ottenere l'indipendenza nel 1980. Da allora, e fino allo scorso anno governato da Robert Mugabe, inizialmente considerato un eroe nazionale ma che in seguito accentrò tutti i poteri su di se portando il paese al fallimento economico. Nel 2017, all'età di 93 anni, Mugabe lascia il potere NON senza prima essersi assicurato che le ricchezze accumulate dalla sua famiglia non sarebbero state oggetto di sequestro. Oggi lo Zimbabwe è un paese con un'inflazione galoppante a 4 cifre percentuali, la moneta nazionale sospesa, e dove anche i piccoli scambi commerciali avvengono in dollari o in rand sudafricani.


Repubblica Democratica del Congo. Profughi in fuga dalle violenze nella regione del Nord Kiwu

La Repubblica Democratica del Congo, un paese ricco di miniere e di minerali preziosi e rari, e per questo teatro infinito di guerre, violenze e massacri. Nel 2016 il presidente Joseph Kabila si rifiuta di dimettersi alla fine del suo secondo mandato innescando l'ennesimo periodo di violenze nel Paese. Oggi la Repubblica Democratica del Congo è il paese con il più alto numero di stupri al mondo.

Le poche democrazie sono fragili
Bambini Soldato
Le tensioni investono anche i pochi Paesi con democrazie consolidate. In Kenya la Corte Suprema ha ordinato la ripetizione, per brogli, delle elezioni presidenziali che hanno visto la riconferma di Uhuru Kenyatta.

In Togo migliaia di manifestanti sono scesi per le strade di Lomé, la capitale, per costringere il presidente Faure Gnassingbé a reintrodurre un limite di due termini massimo per il rinnovo della sua carica. È già al terzo mandato, dopo aver occupato il posto nel 2005 per la morte del padre, Gnassingbé Eyadéma, che aveva governato dal 1967.

Anche in Uganda numerosi giovani sono stati arrestati nella capitale Kampala mentre manifestavano contro la proposta governativa di modifica della Costituzione che permetterebbe al presidente Yoweri Museveni di ricandidarsi alle prossime presidenziali anche se avrà superato l'età attualmente consentita (75 anni).

Il Rwanda è stato teatro nel 1994 di un terribile genocidio che ha fatto 1 milione di vittime, a causa dell’odio inter-etnico tra Hutu e Tutsi. Ora il presidente, Paul Kagame, con delle elezioni-farsa si è aggiudicato un terzo mandato con oltre il 98% dei voti.

In Angola l’ex generale Joao Lourenço, 63 anni, ministro della Difesa, delfino di Josè Eduardo Dos Santos, è stato proclamato nuovo presidente dopo che il Paese è stato governato per 38 anni dallo stesso uomo. L’Angola è tra i maggiori esportatori mondiali di petrolio dopo la Nigeria, ma la maggior parte dei ricavi è sempre finita in tasca di Dos Santos e della sua cerchia più ristretta.

In Nigeria colpiscono ancora i Boko Haram. Dal 2009 ci sono stati 25.000 morti e la devastazione quasi totale delle regioni del nord-est. Attualmente ci sono 2,7 milioni di profughi che difficilmente potranno rientrare nei loro luoghi di origine. Obiettivo di questo gruppo terroristico di matrice islamica e alleato dell'Isis, è distruggere gli altri gruppi religiosi.

Il gruppo opera in contrapposizione all'Occidente: il nome significa “tutto ciò che è Occidentale deve essere proibito”. Le violenze di Boko Haram, unitamente alla siccità che ha colpito la regione del lago Ciad sta provocando una gravissima crisi umanitaria con almeno 4 milioni di persone a rischio denutrizione.

L’esercito sempre protagonista
La ragione del proliferare di regimi dittatoriali e spesso militari in Africa sta nel fatto che l’esercito riceve una larga fetta del Pil degli stati e ciò impedisce qualsiasi riforma economica per la popolazione. L’esercito è così l’istituzione più efficiente e finanziata. Ciò consente spesso ai militari di decidere le sorti del loro paese, realizzando anche colpi di stato in cui si appropriano del potere.

Gli stati in Africa hanno spesso costituzioni militari, i presidenti sono militari, quindi la loro è una formazione di questo tipo, perciò il ruolo dell’esercito è fondamentale, per gli equilibri politici interni ed esterni, ed è funzionale agli accordi sulle risorse naturali, e anche al fenomeno del land-grabbing (accaparramento di terre), e che consiste nella vendita da parte dei capi di stato di terreni a grandi paesi stranieri”. Anche perché “i regimi militari sono l’unico sistema per tenere le popolazioni africane dentro i confini politici tracciati dagli europei nel 1885

Il nuovo attore geo-strategico: la Cina
I nuovi sviluppi geo-strategici dell’Africa sono da rintracciare dal dopo fine Seconda guerra mondiale. Dopo la Guerra fredda l’Africa non è stata più un territorio in cui si confrontavano le due superpotenze mondiali, Stati Uniti e Unione Sovietica. Con la caduta dell’Unione Sovietica, e l’inizio del processo di decolonizzazione, i fondi del governo russo non arrivarono più, e gli Stati Uniti ridussero la loro presenza nel continente. Si pensava che in Africa si sarebbero succeduti governi democratici e che si sarebbero aperti al mercato mondiale. Ma in realtà tutto ciò non è successo.

Un nuovo attore nello scacchiere mondiale ha fatto il suo ingresso: la Cina, che ha investito miliardi di dollari in tutta l’Africa. La strategia della Cina è chiara: costruire infrastrutture di ogni tipo, in cambio della possibilità di sfruttare le risorse naturali del continente. “La Cina utilizza la strategia win-win, cioè tutti vincono in questo gioco, sia la Cina che i paesi africani

La Cina ha proposto in Africa un nuovo modello politico ed economico, non una democrazia liberale con un’economia di mercato, ma una dittatura come forma di governo e un rigido sistema capitalistico in economia. “Si pone così come modello socio-economico alternativo all'Occidente

Qualche spiraglio di luce
Un approccio storico statico nello studio dell’Africa è sbagliato. Perché la storia del continente è una storia dinamica, al suo interno, ma anche all'esterno. Molte popolazioni si sono mosse da sud a nord in cerca di una vita migliore, spesso mitizzata e non corrispondente alla realtà. Una caratteristica che non piace alle dittature perché diventa difficile controllare le popolazioni.

Non bisogna addossare tutte le responsabilità dei problemi che attraversano l’Africa all'Occidente. Una nota economista originaria dello Zambia, Dambisa Moyo, autrice del saggio Dead Aid, sostiene infatti che gli aiuti all’Africa “non sono solo inutili, ma anche dannosi”, e che “lo sviluppo economico porta con sé necessariamente lo sviluppo politico

Ma l’Africa non è solo una storia di massacri, guerre, dittature sanguinarie, conflitti religiosi, genocidi e violazioni dei diritti umani. Nel continente si stanno mettendo in moto anche esperienze positive. Crescono nuove start-up, anche in collaborazione con l’Europa.

In Africa vivono molti creativi, e si creano proficue partnership e business con l’Occidente. “Ma non bisogna però dimenticare che è anche un territorio in cui le armi e la violenza sono uno stile di vita, così si spiega anche il proliferare del terrorismo, procurasi un Kalashnikov è facilissimo, lo paghi poche decine di dollari


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Articolo a cura di
Maris Davis


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