Esecuzioni extra-giudiziarie, torture e trattamenti degradanti. 150 attivisti uccisi in un solo anno.
Manifestazione pro-Biafra |
Amnesty International denuncia una nuova ondata di repressione, che sembra riportare indietro le lancette della storia. La "questione del Biafra" indipendentista è rimasta centrale, dopo la guerra dal '67 al '70, nelle vicende politiche del gigante africano, riemergendo in questi ultimi anni.
Era il 1970 e il motto “non perdenti, non vincitori”, con cui Yakubu Gowan, allora presidente di una giunta militare, mise fine a quasi tre anni di guerra nel cuore della Nigeria, fece il giro del mondo. Il sogno di un Biafra indipendente era stato sepolto da milioni di cadaveri, e il lento accerchiamento degli indipendentisti da parte dell’esercito nazionale, simile per certi versi a quello operato dalle forze lealiste nella Siria di oggi, aveva lasciato la popolazione allo stremo.
La “questione del Biafra” è rimasta però centrale nelle vicende politiche del gigante africano, riemergendo negli ultimi anni, tanto che Amnesty International ha denunciato nei giorni scorsi una nuova ondata di repressione, che sembra riportare indietro le lancette della storia.
Prove inconfutabili. Il rapporto, intitolato “I proiettili piovevano dappertutto”, offre prove inconfutabili che le forze di sicurezza nigeriane hanno commesso violazioni dei diritti umani, incluse esecuzioni extra-giudiziarie, tortura e altri trattamenti degradanti. Interviste, video e fotografie presi con i cellulari, hanno portato Amnesty a contare almeno 150 morti negli ultimi 14 mesi. Si tratta, in gran parte, di persone che partecipavano a manifestazioni pacifiche, riunioni e sit-in promossi dall'IPOB (Popoli Indigeni del Biafra), uno, forse oggi il più attivo, dei movimenti indipendentisti del sud-est della Nigeria.
Un bagno di sangue. “Il dispiegamento dell’esercito nelle manifestazioni pro-Biafra sembra abbia contribuito a questo bagno di sangue, e per questo il governo deve avviare indagini interne”. Il report suggerisce che le vittime potrebbero essere molte di più (IPOB parla di almeno duemila morti dall’agosto 2015) mentre il colonnello Sani Usman, portavoce dell’esercito nigeriano, ha ribaltato le “insinuazioni di Amnesty International” sostenendo come sia “noto che le manifestazioni di IPOB e MASSOB (un altro movimento indipendentista) abbiano provocato atrocità e disordini”
Il Biafra (in verde) |
Quella guerra dal 1967 al 1970. Una serie di mobilitazioni, proclami unilaterali di indipendenza politica e monetaria, ed occasionali appelli ad armarsi contro il potere centrale, hanno accresciuto negli ultimi anni una tensione mai sopita. Le violenze della guerra del 1967-70, sedimentate nella biografia di molti degli attuali leader indipendentisti, hanno lasciato però il posto a opzioni politiche e diplomatiche di lungo periodo.
Nonostante il lessico accesso, le mobilitazioni sono state infatti, in gran parte, non-violente e affiancate da azioni internazionali, nel tentativo di creare consenso attorno al progetto indipendentista, sfruttando l’aspetto religioso (il territorio del Biafra è per lo più cristiano) e gli interessi economici che gravitano attorno al bacino petrolifero del delta del Niger.
"Scherzano con la nostra sicurezza". Le rivendicazioni dei militanti pro-Biafra, supportate da una diaspora dinamica, che si sente "igbo", il primo gruppo linguistico e etnico della regione, piuttosto che nigeriana, si sono fatte risentire dopo l’elezione di Muhammad Buhari, un musulmano del nord, alla presidenza del paese. Oggetto preferito degli strali dell’IPOB, che lo descrive come un alleato del gruppo Boko Haram, lo scorso marzo Buhari ha lanciato un avvertimento agli indipendentisti. “Se interferiranno con il movimento di truppe e con l’economia, parlando di Biafra nonostante abbiano già avuto milioni di morti allora scherzano con la nostra sicurezza, e non lo tollereremo". Dichiarazioni come questa, secondo il rapporto, avrebbero favorito le violenze di esercito e polizia, contribuendo a creare un clima di impunità.
"Mi hanno buttato in una fossa, vicino al campo militare”. Lo ha raccontato ad Amnesty un uomo sopravvissuto per miracolo ad una retata, “sono stato gettato lì insieme a decine di cadaveri ma sono riuscito a trascinarmi fuori e nascondermi nella boscaglia. Da lì ho visto i soldati che gettavano acido sui corpi".
Le testimonianze raccolte da Amnesty tracciano un quadro di violenza gratuita, sfociata in sparatorie contro manifestazioni pacifiche, detenzioni arbitrarie e torture. Una donna ha raccontato di aver ricevuto una telefonata dal marito, rinchiuso in un mezzo militare insieme a cadaveri e feriti. “Mi diceva che era stato colpito alla pancia, poco dopo ho sentito degli spari e poi più nulla, non ho più avuto notizie di mio marito”
Quell'arresto che ha innescato la miccia. A far crescere proteste e violenze, in un clima tragico che potrebbe avere esiti ancora peggiori, è stato l’arresto, nell'ottobre 2015, di Nnamdi Kanu, cittadino nigeriano-britannico e animatore di Radio Biafra, voce della propaganda indipendentista, con una sede anche in Italia, in provincia di Treviso.
Accusato di incitamento alla violenza e destabilizzazione, Kanu è in carcere in un processo dagli evidenti contorni politici. Almeno 60 del migliaio di persone scese in piazza a Onitsha il 30 maggio scorso, giorno della nascita della Repubblica del Biafra nel 1967, sono state uccise dalle forze di sicurezza, in quello che sarebbe l’episodio più preoccupante di un’incessante repressione militare.
Le ripercussioni sull'Italia. Se la stabilità della Nigeria, gigante dai piedi d’argilla e stato più popoloso dell’Africa, è cruciale per gli equilibri della regione e non solo, gli effetti delle violenze nel paese si ripercuotono anche sull'Italia. Sono oltre 30mila i cittadini nigeriani arrivati via mare nel 2016, in fuga dall'insurrezione di Boko Haram, nel nord del paese, come da un sud-est violento e insicuro.
Con una corruzione endemica e organizzazioni criminali sempre più forti, e legate alla politica, la Nigeria “produce” inevitabilmente migranti, fra cui moltissime donne vittime di tratta
I programmi di rimpatrio forzato di UE e Italia. Unione Europea e Italia hanno così intensificato i rapporti con il governo Buhari, chiedendo di controllare le frontiere e rafforzando i programmi di rimpatrio forzato dei nigeriani privi di documenti di soggiorno.
Video Amnesty International
Le denunce di Amnesty InternationaI rischiano però di gettare più di un’ombra sui rapporti fra Italia e Nigeria, sanciti da un memorandum d’intesa del febbraio 2016, per ora segreto, e da scambi di visite fra forze di polizia, l’ultima in Italia ad ottobre, per interventi di formazione. Sullo sfondo, e forse non troppo, interessi economici italiani, in primis di ENI, invitata dal premier Renzi durante la visita in Nigeria di febbraio e presente da decenni in quei luoghi a "rubare" il petrolio ai nigeriani.
Se la “biafrexit", come i militanti hanno ribattezzato l’obiettivo indipendentista, sembra un’ipotesi lontana, abusi e violenze delle forze governative, a cui l’UE si appoggia, potrebbero insomma far crescere il numero di persone in fuga.
Biafra, un nome cancellato dalle carte geografiche. Il nome "Biafra" è stato addirittura cancellato da tutte le mappe geografiche della Nigeria e quello che fu uno stato indipendente per soli tre anni ora è un territorio smembrato in ben nove entità territoriali diverse che sono diventati nove Stati Federati della Repubblica di Nigeria, Enugu, Ebonyi, Cross Rivers, Abia, Anambra, Imo, Rivers, Beyelsa, Akwa e Ibom.
Una questione di petrolio. Dopo quella guerra le multinazionali del petrolio (compresa l'italiana ENI) presero possesso di quei luoghi, un territorio grande come la Pianura Padana, trasformandolo in una "pattumiera", incuranti dell'inquinamento e della popolazione residente, e con la complicità del governo federale da 50 anni stanno rubando l'oro nero della Nigeria.
Mia madre. Originaria del Biafra, costretta ad abbandonare per sempre la sua terra durante la guerra del '67-'70 mi diceva sempre "tu non dimenticare la storia perché tutte le cicatrici che non saranno rimarginate torneranno a sanguinare" .. e il Biafra, in Nigeria, è una cicatrice mai rimarginata.
Almeno 5 milioni di persone furono costrette ad abbandonare i luoghi di origine per far posto alle concessioni petrolifere di ricche multinazionali. I contadini costretti a vendere terreni in cambio di irrisori risarcimenti in denaro o in cambio di estinzione di debiti.
Una situazione che a distanza di mezzo secolo pesa ancora pesantemente sul destino del popolo Igbo, un popolo che fu sconfitto e umiliato, e sul destino di un territorio dove la gente non ha ottenuto alcun beneficio da una ricchezza (il petrolio) che fa diventare ricco solo chi è già ricco.
Mentre milioni di bambini morivano di fame, nello stesso luogo qualcuno continuava ad estrarre, non curante, il petrolio
Un po' di Storia
La Guerra de Biafra 1967-1970
La Guerra de Biafra 1967-1970
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