Questa odiosa pratica sopravvive in molti Paesi del continente africano, e condanna per sempre le donne che la subiscono.
Le forme che la violenza sulle donne nel mondo può assumere sono diverse: sessuale, fisica, psicologica. In alcuni Paesi, determinate forme di violenza sono culturalmente accettate dalle singole comunità. Ed è quello che accade con le mutilazioni genitali femminili in Africa.
1. Duecento milioni. Più di duecento milioni di bambine e donne tuttora in vita hanno subito le FGM (Female Genital Mutilations) in trenta paesi in Africa, il Medio Oriente e in Asia.
2. Regioni e migranti. Le mutilazioni genitali sono più comuni nelle regioni occidentali, orientali e nordorientali dell’Africa. Inoltre, i migranti provenienti da tali aree continuano a praticare la pratica anche nei paesi di destinazione: quindi, a conti fatti, le FGM sono un problema globale.
3. Preservare la “purezza” della donna. La vera motivazione delle FGM non è ancora stata accertata. Si pensa, comunque, che si tratti di un sistema per preservare la verginità prima del matrimonio e la fedeltà coniugale. In ogni caso è un modo odioso per sottomettere la donna alla volontà del maschio.
4. Comunità e pressione sociale. Nelle comunità dove le FGM sono socialmente accettate, le motivazioni per perpetrare tale pratica sono anche altre, come la pressione sociale a conformarsi a ciò che anche altri hanno fatto, il bisogno di essere socialmente accettati, la paura di essere rifiutati dalla comunità.
Mutilazioni Genitali Femminili, Africa 2015 |
6. Bambine o poco più. In Gambia e in Mauritania, rispettivamente, il 56 per cento e il 54 per cento delle bambine fino ai 14 anni di età ha subito le mutilazioni genitali femminili. Anche in Guinea, in Eritrea e in Sudan, la percentuale di bambine che ha subito le FGM è molto alta.
7. Conseguenze. Le conseguenze delle mutilazioni genitali femminili sono diverse. Una più grave dell’altra: rapporti sessuali difficoltosi o molto dolorosi; possibili cistiti, ritenzione urinaria, infezioni vaginali; problemi e complicanze durante il parto. Nei casi estremi, si arriva alla morte della donna.
In Africa, così come nel resto del mondo, le mutilazioni genitali femminili sono radicate nelle culture delle comunità che le praticano. Per sradicare la pratica odiosa delle FGM bisogna agire a livello culturale, con iniziative d’informazione e sensibilizzazione, fornendo assistenza psicologica a chi ha dovuto subire e parlando con chi giustifica o esegue le mutilazioni per far capire loro quanto siano disumane.
Le mutilazioni genitali femminili (FGM) vengono praticate per una serie di motivazioni e di pregiudizi
Ragioni sessuali:
soggiogare o ridurre la sessualità femminile.
Ragioni sociologiche:
iniziazione delle adolescenti all'età adulta, integrazione sociale delle giovani, mantenimento della coesione nella comunità.
Ragioni igieniche ed estetiche:
in alcune culture, i genitali femminili sono considerati portatori di infezioni e oscenità.
Ragioni sanitarie:
si pensa a volte che la mutilazione favorisca la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino. In realtà è tutto il contrario.
Ragioni religiose:
molti credono che questa pratica sia prevista da testi religiosi (Corano).
Sradicare credenze e tradizioni è difficile, ma la causa principale delle Mutilazioni Genitali Femminili è la volontà di sottomettere la donna all'uomo. Le nuove generazioni africane sono molto più informate, ed è proprio la conoscenza la chiave per risolvere il problema.
Il coraggio di dire No. La storia di Diara, Kenya
Diara ha solo 14 anni, ma ha già dimostrato di avere coraggio da vendere. Abita nella contea di West Pokot in Kenya, dove è ancora molto diffusa la terribile pratica delle mutilazioni genitali femminili.
Quando è toccato a lei, a 13 anni, ha deciso di scappare di casa, spaventata dalla morte di un’amica vicina di casa a causa di una grave emorragia. Non ci ha pensato neanche un minuto. “Non è stato difficile decidere di scappare di casa, perché restare significava rischiare la morte”
Diara è stata accolta in un centro di rifugio gestito da ActionAid, convincendo l’anno seguente l’amica Mazi a raggiungerla: anche lei, infatti, stava rischiando di venire mutilata.
“Le mutilazioni genitali femminili sono uguali alla morte, per tutto il sanguinamento che comportano e per le gravi complicazioni in caso di parto. Per me venire mutilata equivaleva a morire”
Incoraggiata dagli operatori del centro di rifugio, Diara è riuscita a parlare del suo ciclo mestruale e ha ricevuto molti consigli su come poterlo gestire. Quando abitava in famiglia veniva stigmatizzata durante il ciclo, veniva isolata da tutti, mangiava da sola. Le mestruazioni rappresentano ancora un grosso imbarazzo per le ragazze. Non soltanto è un argomento tabù, ma non potendo acquistare gli assorbenti per mancanza di soldi, per non rischiare di macchiare i vestiti, restano in casa e così sono costrette a saltare la scuola per 3-4 giorni al mese.
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"Da bambina (nel sud Nigeria) mi salvò mia nonna dall'infibulazione, le mie sorelle più piccole purtroppo hanno dovuto subire e stanno ancora soffrendo per quel gesto orribile che è il taglio del "clitoride". Mia mamma è stata una debole, succube di un marito (mio padre) prigioniero dei pregiudizi e delle tradizioni"
(Maris)
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