Schiave durante il viaggio e poi ancora schiave in Italia subito dopo lo sbarco. Hanno in tasca un numero di telefono, quello dei loro carcerieri, solo una su 10 si salva.
Dai 30 agli 80 mila euro, tanto vale la vita di un'adolescente nigeriana che sbarca in Italia. È il debito che deve ripagare ai trafficanti per tornare libera e perché non venga fatto del male alla famiglia che, nella maggior parte dei casi l'ha venduta. Le storie si somigliano tutte, drammaticamente. E parlano di disperazione, analfabetismo, povertà.
Vendute e minacciate. Si imbarcano in Libia. "Su 1000 migranti, 200 sono ragazzine". Provengono soprattutto dalle zone interne della Nigeria del sud, la maggior parte di loro non è mai andata a scuola. Spesso i genitori sono gli stessi genitori a "vendere" le proprie figlie. La povertà, certo, ma non è l'unica giustificazione. Molte volte sono i "ricatti" subiti dai genitori per debiti non pagati, o anche il prestigio sociale per avere in cambio dei piccoli appezzamenti di terra.
Le "bambine" non partono sole ma vengono affidate dai parenti a conoscenti o trafficanti che le accompagnano. Dalla Nigeria al Niger, e poi si prosegue attraversando il deserto fino in Libia con camion e jeep assieme alle guide che fanno il viaggio assieme decine di altri migranti. Le ragazzine partono già con un numero di telefono italiano in tasca, quello della mamam, da contattare all'arrivo in Italia - Leggi: Dalla Nigeria all'Italia, il viaggio delle Ragazze di Benin City -
Sono già quasi 4.000 le donne e le ragazzine nigeriane dall'inizio dell'anno, lo scorso anno furono 5.000 in tutto, nel 2014 furono "solo" 1.400. Sono sempre di più e sempre più "giovani". Una su cinque e minorenne. Se in passato la mafia nigeriana privilegiava far arrivare le ragazze tramite i voli di linea in partenza da Lagos verso aeroporti europei con documenti falsi oppure con quelli sequestrati ad altre ragazze, oggi i trafficanti hanno riversato la loro organizzazione sul "viaggio" via deserto a causa dei maggiori controlli negli aeroporti europei a causa della minaccia islamica. Tutto questo anche sei il viaggio via terra è molto più lungo e con maggiori rischi per le ragazze.
Scortate dai carcerieri "Hanno dai 14 ai 17 anni. Per ogni ragazzina c'è una donna adulta e una o più figure maschili, è difficile riconoscerle, visto che si spacciano per parenti e non hanno con sé i documenti. Per questo i volontari quando individuano le situazioni a rischio, separano le bambine dai presunti trafficanti. Solo una volta in disparte cominciano a parlare, a raccontarsi"
Le violenze, gli stupri subiti, la paura di ritorsioni sono all'ordine del giorno. "Sono minacciate con i familiari dai riti woodoo, per questo nonostante l'orrore vissuto fuggono dalle zone di protezione. Nemmeno la promessa dei documenti è più un deterrente efficace per una minorenne"
Nei centri di prima accoglienza le ragazzine arrivano già con un numero di cellulare in mano. Una volta a terra chiamano il contatto e si fanno raggiungere dai loro futuri carcerieri. Le percentuali sono da fare accapponare la pelle, su 10 adolescenti destinate alla prostituzione, si riesce a salvarne una sola.
A volte basta uno sguardo della mamam per fare cambiare una versione, per rimangiarsi le parole. Nella casa per minori gestita a Reggio Calabria dall'Associazione Papa Giovanni XXIII, da agosto 2015 a oggi sono passate circa trenta adolescenti nigeriane. "Ne sono rimaste tre, una addirittura era fuggita calandosi dalla finestra con il lenzuolo, e qualche tempo dopo la polizia l'ha ritrovata sulla strada che si prostituiva"
Domanda e offerta Basta fare un giro sul lungomare reggino per rendersene conto. Le ragazze nigeriane sono sempre di più. Arrivano qui anche dopo essere fuggite dai centri siciliani. "Sono piccole, evidentemente minorenni. Se stanno sulla strada, è perché qualcuno le cerca". Si suppone che il traffico sia gestito da africani, una "mafia" parallela che in queste zone ha la benedizione della criminalità organizzata.
I bimbi scomparsi. Per non parlare dei minori soprattutto eritrei e somali che una volta messo piede in Europa scompaiono nel nulla. Decine di migliaia di piccoli che negli anni sono diventati fantasmi. Almeno 10 mila solo nel 2015. Braccia destinate al lavoro nero, allo sfruttamento e anche, ed è il sospetto più grave, al traffico d'organi. Nonostante gli sforzi delle forze dell'ordine e della prefettura, il fenomeno cresce.
Reggio, la nuova Lampedusa Reggio Calabria è diventata la Lampedusa per gli arrivi da Est. Con la chiusura delle rotte terrestri, gli sbarchi aumentano. Navi della Marina o barconi, si parla di un arrivo ogni due giorni. In città nel 2015 sono sbarcati quasi 17 mila migranti, e Reggio si è confermata terzo porto di arrivo in Italia dopo Lampedusa e Pozzallo.
Ora con l'allarme Brexit si parla di rifondare l'UE, di trasformarla in una Europa dei popoli. Tutto legittimo. Ma chi ora rilancia l'europeismo, perché non si è mai interessato per esempio della condizione dei profughi che da anni si trovano in Grecia, e cioè in Europa?
Le responsabilità di UE e ONU. "Bisogna creare canali umanitari, desk presso le ambasciate, intervenire nei Paesi d'origine. È questo l'unico modo per scongiurare abusi e violenze, una continua strage di esseri umani". Al momento, UE e ONU restano inchiodati a una semplice domanda "Chi ha interesse nell'alimentare questo traffico di uomini e bambini?"
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