Il numero di giovani africane portate in Italia dal racket della prostituzione è in costante aumento. Solo nei primi cinque mesi del 2016 ne sono arrivate duemila, confermando l'incremento del 300% registrato nel 2015. Allo stesso modo si abbassa sempre di più l'eta delle vittime: una su cinque è minorenne. L'Italia è diventata la base di smistamento scelta dagli sfruttatori per distribuire le sue prede sul mercato internazionale, in particolare del Nord Europa.
La metà delle ragazze dirottata verso Nord. Le ultime cifre dicono che nei primi cinque mesi dell’anno siamo oltre quota duemila, in linea con il flusso dell’anno scorso, che aveva già fatto segnare un aumento del 300% negli arrivi di ragazze nigeriane sulle coste italiane. E l’80% di loro è nelle mani della tratta.
Sono cifre drammatiche quelle che, incrociando i dati del Viminale sugli sbarchi di migranti nel nostro paese con quelli segnalati da organizzazioni come OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) e Save the Children, disegnano un fenomeno in vertiginosa quanto tragica crescita: il racket delle sempre più giovani nigeriane che ogni anno vengono schiavizzate dalle organizzazioni internazionali e alimentano un fiorentissimo racket della prostituzione quasi sempre di strada che dall'Italia manda migliaia di ragazze in Francia, Gran Bretagna, Spagna, Austria e persino in Finlandia come hanno documentato alcune recentissime inchieste di Procure italiane che hanno portato ad arresti di trafficanti e mamam.
Un esercito di minorenni. Erano poco più di 400 nel 2013, 1.500 nel 2014 e 5.000 lo scorso anno le ragazze nigeriane arrivate in Italia sui barconi già pronte ad essere recuperate dagli emissari del racket nei centri di accoglienza prima e addirittura negli "hotspot" adesso. E delle 5.000 approdate lo scorso anno, un migliaio almeno sono le minorenni. Con un’età media sempre più bassa, intorno ai 15 anni, visto che sempre più spesso gli uomini delle forze dell'ordine si ritrovano davanti tredicenni, poco più che bambine. I nigeriani, con oltre 22.000 persone, sono in testa nella speciale classifica delle nazionalità dei migranti in arrivo sui barconi che partono dalla Libia e le ragazze sono in percentuale sempre crescente.
La filiera dello sfruttamento. Ed effettivamente è cosi che funziona. Le ragazze vengono reclutate nei loro villaggi in Nigeria, nei villaggi del sud, nelle zone devastate da Boko Haram, o addirittura nei campi profughi dove sono ospitate le persone fuggite dalle violenze dell'Islam integralista nigeriano.
A legarle a doppio filo all'organizzazione, che ne cura il trasferimento in Libia attraverso il Niger e poi in Italia sui barconi e il loro recupero una volta arrivate in Italia, c’e soprattutto il terrore per i riti woodoo a cui sono sottoposte, un taglio di ciocche di capelli, di peli di pube e di unghie che i reclutatori nigeriani tengono con loro insieme ad una foto delle ragazze, una sorta di pegno per il "patto di sangue"
Un racket spietato. E poi finiscono sulla strada, costrette a prostituirsi per otto-dieci ore, giorno e notte, al soldo di mamam che altro non sono che ragazze come loro, appena più grandi, che arrivate in Italia da qualche anno hanno accettato di entrare nel "business" della tratta e diventando al loro volta della "maitresse" alle nuove arrivate, secondo il principio secondo il quale "quello che è accaduto a me ora lo faccio ad altre ragazze". Si calcola che una ragazza nigeriana (ex-prostituta) su venti, una volta finito di pagare il suo debito, potrebbe a sua volta diventare una mamam, e con 3-4.000 euro "acquistare" e mettere sotto la sua ala protettrice una nuova ragazza appena arrivata dalla Nigeria.
In Italia le zone dove il racket piazza il maggior numero di vittime sono il Veneto, la Lombardia e il Piemonte, ma il "mercato" è in grande espansione soprattutto all'estero. Molte indagini hanno portato alla luce come almeno la meta delle ragazzine che arriva in Italia venga dirottato rapidamente all'estero, soprattutto in Francia, Gran Bretagna e Spagna, e più di recente anche nei paesi nordici come la Finlandia, o nei paesi arabi. Scoperta recentemente una pista che porta le ragazze nigeriane a Dubai.
L’anno scorso sono stati 915 i permessi di soggiorno per motivi umanitari rilasciati dalle questure italiane, 178 da gennaio a maggio 2016 stando ai dati forniti dalla Direzione centrale servizi civili dell’immigrazione e dell’asilo del Viminale. Ma i posti disponibili nelle residenze dedicate all'ospitalità di queste ragazze, soprattutto se minorenni, sono assolutamente insufficienti anche se proprio nei giorni scorsi è partito il primo bando per il finanziamento di progetti anti-tratta. Complessivamente sono 13 i milioni di euro messi a disposizione per i prossimi 15 mesi dal ministero delle Pari opportunità.
"Mesi di violenze, poi l'imbarco per la Sicilia" .. Ethis oggi lavora felice in una pizzeria del Ragusano. Ha 17 anni appena compiuti e, se non fosse stato per quella ragazza nigeriana come lei, solo un po’ più grande, arrivata come lei su un barcone e oggi diventata interprete nel "pool sbarchi" della polizia di Ragusa, oggi sarebbe per strada a prostituirsi.
Come Precious, o Janet, due delle ragazzine tutte minorenni reclutate dagli uomini della tratta in uno sperduto villaggio della Nigeria, sottoposte a rito woodoo e a violenze di ogni genere e spedite su un barcone in Italia, pronte per entrare a far parte della grande "batteria" del racket della prostituzione. Quel giorno di luglio 2015, quando sbarcò a Pozzallo, Ethis invece decise di collaborare con la polizia, diede il numero di telefono della mamam che avrebbe dovuto recuperarla in Sicilia e sparì in uno dei centri riservati in cui la legge anti-tratta garantisce protezione e accoglienza alle ragazze che denunciano i loro sfruttatori.
Le false promesse. E così oggi che la sua testimonianza ha portato all'arresto di cinque dei suoi aguzzini, dopo un lungo viaggio che di certo non l’avrebbe portata in Europa a lavorare come baby sitter o badante come le avevano promesso ma su un marciapiede di una delle tante città dove è attivo il racket, Ethis racconta la sua storia fatta di estrema povertà, violenza e di abusi sessuali subiti in casa sin dall'età di otto anni quando rimase orfana di entrambi i genitori.
"Sono cresciuta in un poverissimo villaggio della Nigeria con mia nonna ed uno zio materno che mi violentava continuamente. Anche per questo, quando mi proposero di partire per l’Europa insieme ad un gruppo di altre ragazze, decisi di fuggire. Ovviamente non avevo soldi per pagare il viaggio, ma Ester, la donna nigeriana che ci ha reclutate, mi disse che avrebbe pagato lei per me e avrei potuto restituire il prestito dopo, una volta arrivata in Italia, dove avrei studiato e trovato lavoro con i bambini o gli anziani"
Debiti e minacce. Trentamila euro. A tanto ammontava il debito che Ethis avrebbe dovuto restituire all'organizzazione. Sarebbe stata una schiava per dieci anni. Che le cose non stavano proprio come le avevano raccontato la ragazzina cominciò a capirlo quando la sottoposero al rito woodoo. "Un mese prima della partenza Ester e altri tre uomini mi portarono vicino Benin City e mi fecero il rito Ju Ju. Mi tagliarono una ciocca di capelli e le unghie e mi dissero che era un patto di sangue, se non lo avessi rispettato avrei causato sciagure a me e alla mia famiglia, mi avrebbero liberato dal rito solo dopo aver estinto il debito"
La scelta di denunciare. Poi finalmente, venne la sera del gommone. E la traversata conclusasi con il salvataggio da parte della nave Phoenix. Tra i 217 migranti portati a Pozzallo quel giorno le nigeriane erano 35. Ma solo Ethis, cogliendo al volo lo sguardo e le poche parole sussurratele all'orecchio da un’interprete, decise di raccontare tutto e di non seguire le indicazioni che le erano state date da coloro che la fecero arrivare in Italia. Avrebbe dovuto chiamare Ester, la donna che l’aveva reclutata in Nigeria, e comunicarle il centro di accoglienza in cui l’avevano portata. Poi avrebbe dovuto aspettare lì che la venissero a prendere per portarla alla sua destinazione finale. Francia o Finlandia, stando alle conversazioni tra i trafficanti intercettate dagli investigatori della squadra mobile di Ragusa che hanno salvato Ethis dal suo drammatico destino.
Clan cauti e feroci che puntano in alto
Per l'FBI non ci sono dubbi: quella nigeriana è l'unica organizzazione criminale africana che sta diventando simile alla mafia. Ed infatti è il solo clan non europeo ad avere messo stabili radici nel "Vecchio Continente": sono attivi in Inghilterra, Francia, Italia, Belgio e Germania ma continuano ad espandersi. In realtà, non si tratta di un'unica mafia ma di una confederazione di gruppi spesso divisi in patria ma pronti a coalizzarsi per gestire traffici internazionali. A partire da quello della prostituzione, con proventi che vengono sempre più spesso investiti nel commercio della droga.
La loro forza nasce da un duplice segreto. Il primo è la violenza innervata di significati magico-religiosi, una caratteristica comune a molte realtà criminali o eversive dell'Africa: il woodoo abbinato all'efferatezza degli associati, che non esitano a commettere omicidi rituali con la mutilazione delle vittime, costruisce una profonda omertà all'interno dei clan. Non ci sono pentiti, raramente le indagini aperte in Europa vengono sostenute da rivelazioni di membri dei gruppi e persino le ragazze sfruttate sono così terrorizzate da rimanere fedeli ai loro aguzzini.
C'è poi la flessibilità nell'inserimento sui mercati clandestini, evitando lo scontro con chi controlla il territorio: puntano sulla fascia più bassa della prostituzione, quella che non interessa ai mafiosi albanesi o alle bande dell'Europa orientale. Un settore dove le cosche italiane non sono più attive da decenni o, come nel caso di Cosa Nostra, per tradizione non hanno mai operato. La droga finora viene rivenduta all'interno della comunità, anche se da Londra arrivano segnali allarmanti su un ruolo dei nigeriani nell'importazione e nello spaccio di cocaina.
L'Africa occidentale infatti sin dagli anni Novanta è diventata un terminal della "neve" prodotta in Colombia, che da lì poi viene smistata verso l'Europa e l'Asia: una rotta secondaria rispetto alla maggioranza dei flussi che attraversano l'Atlantico, perché se l'instabilità dei paesi di approdo facilita lo sbarco allo stesso tempo non offre garanzie sulla sicurezza dei carichi.
In questo business i clan locali finora hanno avuto mansioni ancillari rispetto ai narcos, limitandosi a intascare mazzette o aiutarli nel trasferimento delle partite. Ma sono in aumento le informative di intelligence che pronosticano l'ingresso della mafia nigeriana nell'affare, unica formazione con risorse economiche e reti internazionali tali da permettergli di assumere una posizione da protagonista.
Per questo i dati sull'aumento delle schiave nigeriane che sbarcano sulle coste europee richiedono una risposta rapida da parte delle autorità: ognuna di queste donne va ad aumentare il potere e la ricchezza di boss che stanno cercando nuovi spazi. Presto potrebbero diventare così forti da inserirsi in prima persona nella gestione delle attività criminali.
Una minaccia che si può ancora prevenire, partendo dall'impegno per liberare queste ragazze senza futuro dal ricatto dei trafficanti. Alcuni esperti sostengono che il contrasto dovrebbe partire dal momento dello sbarco, isolando le ragazze nigeriane attraverso colloqui mirati condotti da un pool specializzato e inserendole in un percorso differenziato per la richiesta di asilo: un meccanismo che possa conquistarne la fiducia e spingerle a rompere il vincolo di terrore intriso di woodoo che le imprigiona. Sarebbe una grande operazione umanitaria, capace di assestare un colpo micidiale alla nuova mafia africana.
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