A Emmanuel hanno ormai fatto il funerale, la povera Chimiary non si da ancora pace per aver perso il marito in un modo così assurdo, quel marito che l'ha voluta proteggere da insulti xenofobi, insulti che, per noi "gente di colore", ci arrivano alle orecchie con cadenza quotidiana.
Chimiary |
Lo indicarono da subito nel titolo tutte le testate online, ribadendo il concetto nelle versioni cartacee dei quotidiani. Come se fosse quella la vera discriminante, come se quella qualifica (ultras) fosse sufficiente di per sé a motivare l’orrendo crimine di cui è stato vittima il 36enne richiedente asilo nigeriano.
“Ucciso da un ultras”, titolarono in prima pagina l’Avvenire, il Corriere della Sera e Repubblica. Solo approfondendo la notizia si scopre che l'aggressore era "noto da tempo alle forze dell’ordine come elementi della destra fascista", altri come il Fatto Quotidiano nell'articolo spiegarono che ad aggredire i due nigeriani è stato "un gruppo di estremisti di destra, probabilmente ultras della squadra locale di calcio della Fermana". Il primo elemento (l’appartenenza all'estremismo di destra) viene data come una certezza, il secondo (l’adesione alla tifoseria organizzata locale) solo come una probabilità. Eppure nel titolo si parla "ultras" e basta.
Alla fine, il collocamento politico dell’assassino, la sua prossimità a quelle formazioni politiche che da sempre indirizzano il malessere sociale contro gli ultimi arrivati, quegli stessi immigrati eletti oggi a emblema di ogni male è a bersaglio privilegiato del rancore sociale, viene evidentemente ritenuto di poco conto.
Sicuramente il fatto di essere "fascista" è ritenuto meno importante del fatto di fare parte della tifoseria organizzata di una squadra di quarta serie. Evidentemente, in virtù un processo di rimozione collettivo, si preferisce non chiamare le cose col loro nome, non dire le cose come stanno: a uccidere Emmanuel Chidi Namdi non è stato un ultras, è stato un fascista.
Emmanuel e Chimiary |
Fermo, una città che si è divisa, che non vuole sentirsi dire che è "razzista". E allora si va dicendo che, si l'assassino di Emmanuel (reo confesso), in fondo è un bravo ragazzo, solo un po' violento. Una città che però si è dimenticata che ben 4 chiese in pochi mesi sono state prese di mira con bombe proprio perché davano ospitalità agli immigrati.
I politici di destra che cercano di ribaltare la "frittata" dicendo che se fosse stato un immigrato ad uccidere un italiano non ci sarebbe stato tutto questo clamore "mediatico" e tutta questa mobilitazione. Eppure di episodi di immigrati assassini in passato ce ne sono stati, e io ricordo che il clamore mediatico ci fu, e fu tanto grande che i "razzisti" ci sguazzarono dentro a piene mani.
Lo stesso "assassino" ha confessato sia la frase razzista, sia il pugno che ha causato la morte di Emmanuel. Un assassino che però nega di essere "fascista", o "razzista" (nonostante le sue frequentazioni), un uomo notoriamente violento che cerca di alleggerire la sua posizione giudiziaria con quell'accusa di omicidio aggravata dalla "finalità razziale", è arrivato perfino a dire che è pronto a dare in eredità i suoi beni alla vedova di chi ha assassinato.
Il web, facebook, twitter si sono divisi, tanta solidarietà per Chimiary ed Emmanuel ma anche troppe giustificazioni e tentativi di minimizzare l'accaduto.
"Una ferita che sanguina fa male ma guarisce, ma una parola che ferisce fa male per sempre", e io e altri neri come me purtroppo le sentiamo tutti i giorni quelle parole che "feriscono" dette da chi ti passa accanto, mentre sei in coda alla posta o in altri uffici pubblici, nei commenti su facebook o nei messaggi personali .. piccole cose, solo piccole cose, già solo piccole cose. In fondo in Italia nessuno è razzista, o fascista, due parole che nessuno può pronunciare.
Chi erano Chimiary ed Emmanuel .. Nigeriani cristiani perseguitati da Boko Haram, ecco chi erano Chimiary ed Emmanuel. Stavano per sposarsi quando durante l'ennesimo assalto delle milizie islamiche al loro villaggio hanno perso la casa, i loro genitori e la loro unica figlia. Improvvisamente avevano perso tutto e così si sono affidati ai trafficanti di uomini per raggiungere il "mondo migliore", l'Europa, l'Italia.
Prima del "viaggio" Chimiary rimane incinta di nuovo, ma loro decidono comunque di affrontare quella fatica, dopo tre mesi raggiungono la Libia. Durante la permanenza in Libia subiscono ogni sorta di violenza e le percosse dei trafficanti fanno perdere il bambino alla donna.
Alla fine dello scorso anno raggiungono l'Italia, a Fermo ritrovano la serenità e in attesa di ricevere lo status di rifugiati rinnovano la loro promessa matrimoniale (vedi il video). Questi erano Emmanuel e Chimiary solo due persone perbene fuggite dagli orrori di Boko Haram e che finalmente in Italia avevano ritrovato la serenità, una serenità stroncata da un pugno "razzista"
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