Le parole del Premio Nobel Rita Levi-Montalcini, sono ampiamente e unanimemente condivisibili. La scuola (più in generale, la formazione) è la base da cui partire per qualsiasi ipotesi di sviluppo e di miglioramento della propria esistenza. Lo sapevano bene molti degli uomini che hanno tentato di cambiare l'Africa.
- Amilcar Cabral dedicò la sua breve esistenza ad istruire i contadini guineani, convinto com'era che l'educazione, la formazione e la conoscenza fossero alla base di qualsivoglia ipotesi, allora rivoluzionaria, di indipendenza dal colonialismo.
- Thomas Sankara, prima di essere ucciso, fece della lotta all'analfabetismo e dell'educazione uno dei pilastri della sua breve rivoluzione burkinabè.
- Nelson Mandela sosteneva che "l'istruzione è l'arma più potente che si possa utilizzare per cambiare il mondo". Uomini a cui è stato lasciato troppo poco spazio affinché le loro idee diventassero comuni e prassi del loro e altrui operare.
Da decenni le politiche dello sviluppo verso l'Africa mettono al loro centro la questione educativa. Purtroppo gli effetti sono stati minori di quanto sperato. Se è vero che nella aree urbane di gran parte dell'Africa la situazione è spesso simile a quella, ad esempio, europea, la stessa cosa non si può dire delle aree rurali e dei sobborghi delle grandi città.
In Africa l'accesso alle scuole e in generale alla formazione appare per moltissimi un miraggio. Gli standard sono bassi, manca tutto. I bambini a volte percorrono chilometri a piedi per andare a scuola, per poi trovarsi in situazioni ove mancano perfino i banchi. La strada è ancora molto lunga. I tassi di alfabetizzazione continuano a restare bassi, soprattutto tra le donne.
Le opportunità di istruzione e formazione per le donne africane restano ancora più difficili che per i maschi. Il tasso di alfabetizzazione maschile nell'Africa Sub-Sahariana è del 71,6%, mentre il tasso di alfabetizzazione femminile è del 53,6%. Un divario tra uomo e donna che non trova uguali in nessun altro luogo del pianeta.
Nell'Africa Sub-Sahariana 29 milioni di bambini non hanno ancora oggi accesso all'istruzione primaria, e solo 3 ragazze su dieci riescono a diplomarsi alla scuola secondaria. L'istruzione è il mezzo indispensabile per interrompere il ciclo di marginalizzazione, povertà e violenza. Un elemento importante per dare ad ogni individuo gli strumenti necessari per costruire un futuro per se e contribuire così allo sviluppo della società.
Proprio partendo da queste valutazioni che la Fondazione Rita Levi-Montalcini (nata nel 1992 per volere dello stesso Premio Nobel) ha assunto come obiettivo il finanziamento di progetti attinenti alla formazione e l'istruzione di bambine, giovani e donne del continente africano. Una mission che nel tempo ha finanziato, selezionandoli accuratamente, 152 progetti (curati spesso da piccole ONG o da associazioni) in 34 nazioni.
Sono borse di studio ad Università per ragazze, sono progetti di formazioni di medici, infermiere ed ostetriche, sono però anche interventi più specifici su donne vittime di sfruttamento o di violenza, che attraverso questa opportunità provano ad avere una seconda occasione.
Certo sono gocce in un oceano, ma per molte donne rappresentano una rara opportunità e costituiscono la base su cui costruire un futuro e di recidere quelle radici che sono alla base della povertà.
Questo articolo fa parte della nostra Campagna informativa
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