I tentacoli della mafia nigeriana sull'Italia
Ramificazioni da nord a sud. Un'organizzazione mondiale che spadroneggia su traffico di droga, prostituzione e tratta di esseri umani.
C'è un capo pentito
C'è un capo pentito dei Maphite, gang tra le più organizzate e pericolose in Italia, chiamata anche famiglia vaticana, che quando decide di pentirsi vive a Bologna, ha un regolare permesso e fa il commerciante. Ma un giorno si confida con il suo pastore (così racconta lui stesso agli investigatori dell’inchiesta Athenaeum di Torino) e rinnega il passato. Rinnega l’appartenenza alla mafia nigeriana, rischiando la vita.
Era nel Cop, Council of professors, uno degli organismi di vertice del secret cult. Svela riti, gerarchie e affari della cupola nera. Padrona del traffico di droga, dalla cocaina alla marijuana, scambiata con gli albanesi, della prostituzione e della tratta di esseri umani, della clonazione di carte di credito e della falsificazione di documenti.
Uomini di strada e colletti bianchi. Machete e iPhone. I vertici di solito sono immigrati in regola. Scopri parole come don, forum e famiglie, un linguaggio che pare copiato dalle mafie nostrane. E un legame storico delle confraternite, nate nelle università nigeriane, c’è chi si spinge indietro fino agli anni Cinquanta, con la politica, in Africa. La crudeltà come metodo per avere rispetto.
Riti violenti e simboli
Riti violenti e simboli, i nuovi affiliati dei Maphite, gli Omi brother, che per entrare pagano e in cambio devono incassare pestaggi e torture, si vestono di verde. Si combattono o si alleano con gli altri: Supreme Eiye, Vikings, Black Axe, tra i piccoli Blue Queen, al femminile. Tutti sono tenuti al vincolo del segreto. La casa madre è in Nigeria.
È una rete mondiale. Muove un fiume di denaro, che torna in patria fuori dai circuiti bancari, ad esempio con l’hawala, noi traduciamo avallo, la parola in arabo significa trasferimento. È un antichissimo sistema musulmano codificato nel Corano e parente delle nostre lettere di cambio, privati che si accordano con altri privati in ogni parte del mondo, così si possono trasferire capitali in un giorno. Sotto i riflettori Castel Volturno (Caserta), ‘capitale’ di valenza europea, e il centro richiedenti asilo di Mineo (Catania), base operativa dei Vikings. Quel che ti aspetti di meno, invece, è l’insediamento nel centro-nord, dalle Marche al Piemonte, dall’Emilia Romagna alla Lombardia al Veneto.
Per trent'anni l'Italia non ha voluto vedere la mafia nigeriana
Fenomeno invece descritto perfettamente nelle indagini dell’operazione Athenaeum, centinaia di pagine d’inchiesta che scandagliano la presenza della piovra nera in Italia. Gianni Tonelli, oggi parlamentare, torna agli inizi della sua carriera di poliziotto. Quando da giovane agente a Ferrara si trovò a indagare su una certa ‘madame’ che gestiva un traffico di ragazze.
Allora il fenomeno era ignorato. "Mi immaginavo che quel nome, madame o mamam, indicasse reverenza e rispetto. Invece è un ruolo ben definito nell'organizzazione. Erano i primi segnali, era l’88. Compresi che c’era una rotazione, venivano sequestrati i passaporti. La madame viveva a Firenze, faceva la spola con la Nigeria. I colleghi della Toscana arrivarono in fondo, ma l’indagine era sempre per sfruttamento della prostituzione"
Quindi la conclusione è questa: la mafia nigeriana opera da trent'anni in Italia. Non si è voluto vederla. E questa miopia si è ripetuta anche a Castel Volturno. I nigeriani coinvolti, per troppo tempo sono stati considerati vittime della camorra, invece era una guerra tra i camorristi e la nuova organizzazione nigeriana che voleva conquistare fette di territorio.
Anche nel mio caso le indagini furono superficiali
Arrivai in Italia nel 1995, con i documenti veri di un'altra ragazza che non ho mai conosciuto, viaggiando con un volo diretto Lagos-Amsterdam, e poi dall'Olanda fino a Torino in treno. Allora la rotta desertica via Libia praticamente non esisteva. Già quel viaggio, nel mio piccolo, mi aveva fatto capire che dietro c'era tutta un'organizzazione ben strutturata fatta di corruttori e corrotti (per esempio il fatto di salire su un'aereo o attraversare frontiere con documenti praticamente falsi). Sono stata seguita e accompagnata in ogni tappa del viaggio, fatta salire sull'aereo a Lagos senza problemi. Ad Amsterdam qualcuno mi aspettava per farmi uscire indenne dall'aeroporto, e poi a Torino sono venuti a prendermi in stazione per portarmi alla mia destinazione finale e consegnarmi alla mamam che mi aveva "comprata"
Quando due anni dopo denunciai tutto, si capiva che agli investigatori interessava solo lo "sfruttamento della prostituzione" (il mio) e poco hanno fatto per approfondire l'intera organizzazione. Allora di "mafia nigeriana" proprio non si voleva sentir parlare.
Nel 1999 i miei sfruttatori mi ritrovarono, mi rapirono e mi portarono in Spagna. Ciò significa che già allora c'era una rete di spie, di segnalatori su tutto il territorio italiano. Tra di noi ragazze parlavamo che era impossibile scappare al nostro destino perché di sicuro, prima o poi, ti avrebbero ritrovata. E così fu per me.
Resi pubblica la mia vicenda personale per la prima volta nel 2010. Parlai esplicitamente di "mafia nigeriana", ma anche 9 anni fa parlare di "mafia nigeriana" in Italia era come parlare al vento. Solo da pochi anni, alcuni bravi investigatori hanno iniziato a contestare il metodo mafioso ad alcuni imputati nigeriani, e solo lo scorso anno si è celebrato il primo processo in Italia (a Palermo) a carico di una ventina di nigeriani ai quali fu anche contestato il "metodo mafioso"
La mafia nigeriana è presente in Italia fin dalla seconda metà degli anni '80. Ci sono voluti 30 anni perché sia chiamata con il suo nome "Mafia", e riconosciuta come tale.
La piovra nera ha messo radici da nord a sud
In questi 30 anni la piovra "nera" ha messo radici da nord a sud, indisturbata, tra l'indifferenza colpevole, spesso derubricata a problema di ordine pubblico, e la polemica politica di questi ultimi tempi ha annebbiato i fatti.
Si è preferito generalizzare sui migranti, etichettare tutti i migranti come possibili malfattori se non addirittura terroristi, si è preferito lanciare l'allarme "invasione dei barbari neri", e non ci si è accorti che i veri criminali stranieri erano già tra di noi.
Perché, come chiariva fin dal 2016 la relazione della Dia, "i gruppi criminali nigeriani operano su buona parte del territorio nazionale, comprese le regioni ove risulta forte il controllo della criminalità endogena, come nel caso della Campania e della Sicilia"
Già allora si annotava che a Palermo "sono state registrate cointeressenze tra gruppi criminali ed esponenti di Cosa Nostra finalizzati alla gestione del narcotraffico". Questo è quello che gli investigatori hanno accertato fino ad oggi.
Ma un’organizzazione così imponente, dove sarà arrivata, nel frattempo? Qual'è la parte di questa storia che ancora ignoriamo?
Questo articolo fa parte di una serie organica di nove articoli sulla Mafia Nigeriana in Italia
Tratta e sfruttamento della prostituzione, zone di influenza in Italia, inchieste, rapporti e accordi con le mafie locali, soprattutto con Cosa Nostra e Camorra, fake-news sui nigeriani, i Culti e la storia, la zona grigia
Nessun commento:
Posta un commento
Ci è sempre gradito un tuo commento. Grazie