I dati di Amnesty International accusano Eni e Shell per aver irrimediabilmente inquinato la ricchissima regione petrolifera della Nigeria.
Coinvolti oltre tremilacinquecento decoders di 142 Paesi
Nel progetto sono stati coinvolti attivisti e volontari: 3.545 ricercatori specializzati, chiamati “decoders” (decodificatori), di 142 Paesi, soprattutto Francia, Olanda, Nigeria, Regno Unito e Svezia che hanno portato avanti un’investigazione innovativa sulle fuoriuscite di petrolio nel più popoloso paese dell'Africa.
Le indagini mettono le compagnie petrolifere di fronte alle loro gravi responsabilità sul devastante inquinamento causato dalle “disattenzioni” e il deturpamento di un territorio immenso con incalcolabili danni alle popolazioni.
I decodificatori di dati hanno analizzato quasi tremila documenti e fotografie che riguardano le fuoriuscite di greggio nel periodo che va dal 2011 al 2017. I risultato dell’indagine sono quindi stati verificati da Accufacts, organismo indipendente di esperti petroliferi.
Le accuse a Shell ed Eni
Amnesty accusa Shell ed Eni di dare informazioni fuorvianti riguardo al pesantissimo inquinamento causato.
- Shell, dai suoi pozzi e oleodotti, solo nel 2011, sono state segnalate 1.010 fuoriuscite di petrolio per oltre 110 mila barili che corrispondono a circa 17,5 milioni di litri.
- Eni invece ha causato (sempre nel 2011) 820 fuoriuscite di greggio con oltre 26 mila barili equivalenti a oltre 4 milioni di litri.
Fuoriuscite di greggio che negli anni seguenti sono perfino aumentate
Secondo i due giganti dell’industria petrolifera la maggior parte delle perdite dalle pipeline sono causate da furti della popolazione. Le analisi dei dati dei decoder smentiscono e le fotografie mostrano fuoriuscite dovute alla corrosione degli impianti.
“A peggiorare le cose è il fatto che Shell ed Eni paiono pubblicare informazioni non credibili sulle cause e le dimensioni delle fuoriuscite"
Così ha dichiarato Mark Dummett, ricercatore su imprese e diritti umani di Amnesty International. "La popolazione del Delta del Niger paga da troppo tempo il prezzo della sconsideratezza di Shell ed Eni. Grazie ai Decoders, siamo un passo più vicini all'obiettivo di chiamare le due aziende a rispondere del loro operato”
I ritardi nell'intervento aumentano l'inquinamento
Amnesty denuncia anche i ritardi nell'intervento in caso di perdita di greggio. Secondo i regolamenti vigenti in Nigeria le aziende devono recarsi sul sito dove è avvenuta la fuoriuscita entro 24 ore dalla segnalazione per un sopralluogo e quindi ripulire l’area prima che il petrolio contamini terra e falde acquifere.
Mappa delle fuoriuscite di petrolio dal 2011 (fonte Oil Spill Monitor) |
Poca cosa rispetto ad Eni che invece, prima di visitare un sito contaminato, ha fatto registrare la reazione più lenta mai documentata: 430 giorni per una perdita nella provincia di Bayelsa, 700 km a sud della capitale Abuja.
“C’è un motivo per cui ci sono quei regolamenti: più le aziende ci mettono a reagire alle fuoriuscite, più aumenta il rischio che il petrolio finisca per inquinare le fonti alimentari e idriche. Shell lo sa bene. Di sicuro, se il loro petrolio inquinasse terreni in Europa, non si comporterebbero in un modo così irresponsabile”
Mappa delle fuoriuscite di petrolio da gennaio a marzo 2018 (fonte Oil Spill Monitor) |
Eni e Shell, come prevedibile, hanno rispedito le accuse al mittente. Secondo Shell le informazioni pubblicate da Amnesty sono false e non tengono conto della complessità del territorio e del contesto in cui l’azienda opera. Invece Eni ha respinto l’accusa di non prendere misure immediate per prevenire l’inquinamento.
In una lettera di risposta, l’azienda italiana afferma che il 13 per cento delle perdite di greggio degli anni recenti sono da attribuire a ragioni operative. Spiega che utilizza tecnologie innovative per il monitoraggio dell’integrità dell’oleodotto compresa l’osservazione aerea del territorio con i droni. I dati del 2017 rispetto al 2014 sul numero delle fuoriuscite di petrolio registrano -74 per cento, e un abbattimento del volume di petrolio fuoriuscito (-51 per cento).
La risposta di Amnesty International
“La risibile affermazione di Eni, secondo la quale nel corso di un anno la fuoriuscita si sarebbe limitata a quattro barili, dimostra quanto ci sia bisogno di regolamenti più efficaci. Il petrolio che si diffonde in terre paludose e nei fiumi diventa rapidamente invisibile ma questo non significa che faccia meno danni. Una rapida valutazione a occhio non rappresenta una misurazione accurata dell’inquinamento ed è probabile che questo approccio sottovalutativo sia stato applicato in modo generalizzato”
“Consideriamo l’operato di Shell ed Eni in Nigeria volutamente irresponsabile e dunque intenzionalmente negligente: non operare nel rispetto delle leggi del paese e delle buone pratiche sta avendo un impatto devastante sui diritti umani delle comunità del Delta del Niger”
“I Decoders sono la miglior espressione del potere delle persone. Mettendo a disposizione pochi minuti del loro tempo, ci stanno aiutando a chiamare queste aziende a rispondere del loro operato”
Amnesty ha deciso di presentare i risultati dello studio al governo nigeriano e di chiedergli di rafforzare la normativa sull'operato delle aziende petrolifere. Suggerisce anche di fornire maggiori strumenti al Nosdra, l’agenzia governativa che si occupa delle fuoriuscite di petrolio, per fare in modo che le multinazionali petrolifere prendano tutte le possibili misure per prevenire o bonificare i danni causati.
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