Nonostante le violenze pluriennali di Boko Haran in Nigeria e nonostante la "tratta" di giovani ragazze fatte arrivare in Italia per fini di sfruttamento sessuale da trafficanti senza scrupoli.
Tra chi sbarca in Italia e inizia la pratica per la richiesta di asilo, Nigeria e Pakistan sono tra le nazionalità più rappresentate, anche perché, di norma, i migranti si muovono verso i Paesi dove già sono presenti reti familiari e di conoscenza.
In Italia i richiedenti asilo nigeriani sono sempre più numerosi
Cosa succede dopo l’iter di richiesta d’asilo? Sui circa 170mila arrivi del 2016, la Commissione nazionale per il diritto d’asilo ha reso noto i dati sulle domande esaminate. Da un paio d’anni nigeriani e pakistani sono tra le nazionalità più rappresentate, anche perché, di norma, i migranti si muovono verso i Paesi dove già sono presenti reti familiari a cui fare riferimento.
Al 9 settembre 2016 su 75.681 domande la Nigeria risulta al primo posto con 14.291 richieste, poi il Pakistan con 10.209 e a seguire Gambia, Eritrea (in aumento), Costa d’Avorio, Senegal, Mali.
Le Commissioni territoriali che ascoltano le storie dei richiedenti asilo hanno esaminato circa 15.000 domande con una riduzione dei tempi medi della pratica da 250 a 106 giorni. In realtà dall'arrivo in Italia all'uscita dai percorsi di accoglienza possono passare anche uno o due anni, perché nel frattempo ci sono i dinieghi alle richieste d’asilo (60-62%) e i successivi ricorsi. Secondo stime delle associazioni i tassi di accoglimento dei ricorsi sono alti ma non vengono resi noti i dati ufficiali. Quel 40% che non ha ottenuto subito l’asilo o la protezione sussidiaria (per 5 anni) o umanitaria (da 1 a 3 anni) riesce quindi a ricevere in seconda battuta una qualche forma di protezione, in genere umanitaria.
Nonostante ciò diverse migliaia di persone finiscono nell'irregolarità, in situazioni di precarietà abitativa e sfruttamento lavorativo, con il rischio di essere facili prede di mafie, sfruttamento sessuale, narcotraffico e criminalità. Le cronache recenti hanno dato risalto agli arresti di decine di esponenti della mafia nigeriana che operavano in diverse città italiane, dedite allo spaccio e alla tratta di esseri umani. Altri episodi di degrado, sfruttamento e violenza sono avvenuti nel Cara di Foggia e nel Cara di Mineo (Catania).
Molti di coloro che non ottengono nessun titolo di soggiorno provano anche a proseguire il viaggio verso il Nord Europa (i cosiddetti “transitanti”), con le difficili e note situazioni di stallo nelle grandi città (Como, Milano, Roma e altre) e alle frontiere (Ventimiglia). Anche se ricevono il foglio di via i rimpatri sono pochi, nell'ordine di poche migliaia e anche se, in particolare con la Nigeria, esiste un accordo di estradizione firmato proprio all'inizio del 2016.
Nigeriani in fuga da violenza, fame e Boko Haram. I nigeriani che arrivano in Italia sui barconi percorrono la rotta occidentale africana attraverso il deserto e fuggono dalla violenza, dagli attentati terroristici, dalle persecuzioni e dagli scontri tra fondamentalismi islamici di Boko Haram e l’esercito, dall'impoverimento e dalla devastazione dei territori dovuto a uno sfruttamento indiscriminato delle risorse, tra cui petrolio, gas e minerali preziosi. È il caso del Delta del Niger, dove viene estratto il petrolio nigeriano, e dove l'inquinamento ha reso praticamente inabitabile un territorio grande grande quanto tutto il nord Italia.
“Un uragano di violenza”, così descrivono la situazione del proprio Paese i vescovi nigeriani, parlando di “un paesaggio di sangue e distruzione”, di “violenza politica, corruzione, rapimenti, rapine a mano armata, omicidi rituali, con la popolazione devastata dalla malattia e dalla fame e un aumento della violenza da parte di attori statali e non statali”
Mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, ricorda che “la Nigeria ha avuto 7.000 omicidi solo nel 2015, è uno dei Paesi del mondo con il più alto numero di attentati terroristici”. A proposito della presenza della mafia nigeriana in Italia, spesso a fianco di quelle italiane, fa notare che “non è un fenomeno di oggi, era già una delle più forti. A maggior ragione bisogna rafforzare la protezione delle donne nigeriane: non possono essere tutelate nei centri di accoglienza straordinaria, altrimenti rischiano di finire sulla strada. Questo è l’unico modo per colpire anche le mafie”
Dello stesso parere Gianfranco Schiavone, presidente dell’Associazione studi giuridici immigrazione (Asgi). “I progetti di protezione delle vittime di tratta con l’articolo 18 stanno crollando per mancanza di fondi. È possibile che arrivino con i barconi ma lo sfruttamento e le reti criminali non si combattono diniegando l’asilo ma facendo emergere le vittime, che così denunciano gli sfruttatori e permettono alle forze dell’ordine di indagare”
I nigeriani regolarmente residenti in Italia sono 88.527 su 5.046.994 stranieri in Italia (1,8%)
(fonte Istat 1° gennaio 2017)
- leggi qui -
Un numero piccolissimo sia rispetto al totale degli stranieri in Italia e sia rispetto agli oltre 20.000 nigeriani arrivati sui barconi solo tra il 2016 e il 2017.
Il complesso iter della richiesta d’asilo potrebbe essere governato meglio. Si chiede trasparenza nei dati relativi ai ricorsi, sicuramente alti. Un esame più attento delle domande, canali di ingresso regolari e percorsi di inclusione sociale per chi rimane in Italia, anche attraverso delle sanatorie.
“Gli ex richiedenti asilo che hanno un buon livello di inserimento socio-economico potrebbero ottenere un permesso di soggiorno per lavoro o per ricerca lavoro. Altrimenti le espulsioni non effettuate rischiano di produrre insicurezza, sfruttamento e illegalità, con alti costi sociali ed economici per lo Stato”
Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, punta l’attenzione sulla necessità di valutare in Commissione “le singole storie personali, come prevede il diritto d’asilo, e non decidere solo in base alla nazionalità di provenienza”. La riduzione dei tempi di analisi di una pratica, a suo avviso, “è positiva ma non deve essere eccessiva, perché hanno tutti traumi alle spalle. C’è bisogno di tempo e di ascolto vero”
E l'ambasciata nigeriana a Roma non aiuta. Non aiuta nemmeno i nigeriani regolari in Italia, figuriamoci quelli irregolari. Non risponde al telefono (che pure è bello stampato nel suo sito internet), non risponde nemmeno alle e-mail ufficiali, e mai ha fatto nulla per le ragazze arrivate in Italia e vittime della tratta. Noi non sappiamo quale sia il grado di collaborazione tra le Commissioni Territoriali e l'Ambasciata nigeriana di Roma in relazione al rilascio dello status di "rifugiato", è però molto probabile che una delle cause per cui i nigeriani in Italia sono considerati di serie B, sia anche da ascrivere proprio a chi li dovrebbe rappresentare in Italia. Quello che possiamo dire per esserci passate di persona, è che l'Ambasciata di Nigeria in Italia è un covo di funzionari corrotti. Una denuncia che noi di Foundation for Africa abbiamo fatto già lo scorso anno - clicca qui - |
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Cinque cose da sapere sui migranti nigeriani
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Boko Haram, più di 50mila vittime in meno di dieci anni (dal 2009) più di 2,7 milioni di profughi interni, la povertà, la tratta e la prostituzione. I nigeriani hanno il record di richieste d'asilo in Italia, ma l'Italia quasi mai li considera dei rifugiati come dovrebbero essere considerati in base alle norme sulla protezione internazionale. Per la burocrazia italiana la Nigeria è considerato un paese "non a rischio" nonostante Boko Haram e il traffico di ragazze.
Le stragi dei terroristi di Boko Haram e quelle dell’esercito regolare, la violenza alle stelle, la tratta delle schiave verso l’Italia, la crisi di fiducia nel paese. Dalla Nigeria si fugge per molte ragioni, ragioni che tuttavia l’Europa molto spesso non riconosce.
Molti di loro arrivano in Italia (è dei nigeriani il record delle domande d’asilo nel nostro paese), ma se arrivi dalla Libia e al momento dell’identificazione dai la risposta “sbagliata”, «sono qui per lavorare» oppure se provieni dalla regione sbagliata del paese africano, il tuo viaggio può ritenersi concluso.
1. Un paese in guerra
Secondo l’Armed Conflict Location and Event Data Project tra il 1997 e la fine del 2015 in Nigeria ci sono state 50.157 morti violente (autobombe, scontri armati, ecc.). Solo nel 2015 le vittime sono state 10.933, con il gennaio nero (3.252 morti) e il massacro senza precedenti di Baga in cui sono state uccise quasi duemila persone persone.
2. Crisi di fiducia a Lagos
La Nigeria nella classifica africana nella fiducia nelle istituzioni (governo, parlamento) è in fondo alla classifica. In un quiz realizzato da Afrobarometer nel 2015, i nigeriani che si dicono immuni alle intimidazioni o violenze politiche sono il 17,3%, coloro che si dicono spaventati poco, un po’ o molto sono l’81,3%.
Il 63,2% dei nigeriani è convinto che la corruzione sia un male che affligge il governo in carica e solo il 29% è “molto” o “abbastanza soddisfatto” della democrazia nel paese. E, soprattutto, il 74% è convinto che la Nigeria stia andando nella direzione sbagliata.
3. I nigeriani e l’Italia
L’Italia è il paese d’elezione per la fuga dei nigeriani verso l’Europa. Negli ultimi dati disponibili i nigeriani che hanno fatto richiesta d’asilo in Europa nell'ultimo anno sono quasi 40.000, di cui quasi il 60% in Italia. Nel trimestre luglio-settembre 2016, addirittura il 68% dei nigeriani (pari a 7.575) che hanno chiesto asilo in Europa lo ha fatto in Italia. Malgrado ciò e malgrado l’alta visibilità che hanno in Italia, la quota di residenti provenienti dal più popoloso paese africano è ancora piuttosto bassa, alla fine del 2016 erano solo 88.527 su oltre 5 milioni di stranieri residenti regolari in Italia.
4. Come riconoscere le vittime di tratta
La presenza di vittime di tratta è una delle caratteristiche principali del flusso di migranti dalla Nigeria verso l’Europa e l’Italia. Più di un quinto delle richieste d’asilo presentate in Italia è rappresentato da donne, per la maggior parte adolescenti o da poco maggiorenni (in generale ragazze tra i 15 e i 24 anni).
Secondo un recente rapporto dell’Oim «la maggior parte di queste donne, è destinata allo sfruttamento sessuale». Migliaia di donne vittime di tratta sono arrivate in Italia negli ultimi anni provenienti da zone ben precise della Nigeria (l’area di Benin City e in generale dal sud del paese). Sono 11.000 le donne nigeriane arrivate in Italia nel 2016 e oltre 7.000 quelle arrivate da gennaio a fine agosto 2017.
La checklist stilata dall’Oim per riconoscere le vittime di tratta
- Il sesso (sono per lo più donne)
- L’età (spesso giovani e minori di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Molte dichiarano di essere adulte sebbene siano palesemente minori)
- La nazionalità (in maggioranza nigeriana) e la provenienza (soprattutto Edo State, ma anche Delta State, Lagos State, Ogun State, Anambra State)
- Luogo di partenza (Edo State)
- Il basso livello d’istruzione
- L’appartenenza a famiglie particolarmente disagiate e con problemi economici. Sono spesso le prime figlie di famiglie numerose
- Dichiarano di essere orfane
- Non hanno pagato nulla per il viaggio
- Hanno difficoltà a raccontare il loro viaggio, specie nella parte finale, dalla Libia all'Italia
- Se in gruppo, sono le più sottomesse e silenziose
- Dichiarano di dover raggiungere un parente (sorella o fratello) o un amico in Italia o in Europa
- Problemi comportamentali (aggressività e introversione)
- Segni fisici evidenti di violenza o tortura
5. Asilo per pochissimi
Malgrado molti dei nigeriani che attraversano il Mediterraneo si trovino senza dubbio nella condizione di chi fugge dal pericolo di morte o quantomeno dalle violenze dello sfruttamento e quindi nelle condizioni previste dall’articolo 1 della Convenzione del 1951, le percentuali di riconoscimento di asilo e protezione sono basse. Meno del 5% dei migranti nigeriani ottiene lo status di rifugiato in Europa e nel complesso circa il 27% ottiene protezione nelle varie forme previste dagli ordinamenti nazionali italiani.
Chi vi scrive è una ex migrante nigeriana arrivata in Italia nel 1995 con le rotte della tratta ma che allora non passavano per la Libia e soprattutto in Italia NON era ancora entrata in vigore la Bossi-Fini, una legge iniqua e "razzista" che NON fa distinzioni tra "sfruttati" e "sfruttatori". La legge che regolava l'immigrazione a quel tempo mi permise di iscrivermi all'Università e di studiare.
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Oggi la Bossi-Fini esclude tutti i migranti dal circuito dell'integrazione relegandoli nelle strutture di accoglienza per mesi e mesi in attesa (non si sa di cosa) dove, mafie, sfruttamento lavorativo e sessuale sono lì, pronti ad acchiappare la povera preda, e dove il business alle spalle del povero migrante in attesa di risposte (dalla lenta burocrazia italiana) diventa sempre più florido.
Foundation for Africa aderisce alla campagna "Ero Straniero" per dire NO alla Bossi-Fini. È doveroso cambiare l'attuale legge sull'immigrazione che consideriamo iniqua, razzista e inadeguata
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