Dal Mediterraneo centrale 181 mila, in aumento del 20%
Il dato riflette una pressione migratoria crescente dall'Africa, in particolare quella occidentale, i cui flussi sono responsabili di gran parte dell'aumento di arrivi nel 2016.
Dal 2010, l'Italia ha visto una crescita di dieci volte nel numero di arrivi dall'Africa occidentale. La maggior parte dei migranti passati dalla rotta centro mediterranea sono nigeriani, seguiti da cittadini di Eritrea, Guinea, Costa d'Avorio e Gambia.
Nel 2016, secondo l'agenzia Frontex, sono stati 503.700 i migranti che hanno attraversato illegalmente le frontiere dell'Unione europea, di cui 364.000 via mare. Secondo le stime, gli arrivi in Grecia sono crollati del 79% a quota 182.500, grazie all'accordo con la Turchia in vigore da marzo.
Brusco calo anche nella rotta balcanica, dove si è passati dai 764.000 arrivi del 2015 a 123.000, in seguito all'inasprimento dei controlli di frontiera. Unico aumento, quello nella rotta centro mediterranea.
Migranti e rifugiati sbarcati in Italia: da dove vengono? I migranti e rifugiati sbarcati in Italia nel 2016 provengono soprattutto da Nigeria (15%), Gambia (10%), Somalia (9%), Eritrea, Guinea e Costa d’Avorio (8%)
La spinta all’emigrazione da questi paesi deriva da fattori di instabilità politica e sociale.
L’Eritrea è dominata da più di venti anni dalla dittatura del presidente Isaias Afewerki; tra le cause della fuga, oltre alla mancanza di libertà civili e politiche, c’è la prospettiva del servizio militare, obbligatorio per uomini e donne dai 17 anni e di durata potenzialmente illimitata.
In Somalia, dopo oltre 25 anni di conflitto civile, la minaccia maggiore è rappresentata dai miliziani di al-Shebaab, autori di sanguinosi attacchi terroristici sia nella nella capitale Mogadiscio che in altre zone del paese e perfino nel vicino Kenya.
Le incursioni di Boko Haram, invece, sono le principali responsabili della emigrazione dalla Nigeria, un Paese in cui il tra il 2015 e il 2016 ha fatto registrare quasi 13mila morti violente.
La gran parte dei flussi migratori diretti in Italia, quindi, ha origine in Africa, mentre, dopo l’esplosione del 2014, è crollato il numero dei siriani in arrivo.
Le conseguenze dell’accordo UE-Turchia ha avuto conseguenze sulla rotta greca ma non su quella mediterranea. In questo senso, è interessante notare che l’accordo UE-Turchia sui rifugiati non ha avuto, per ora, ripercussioni sull’Italia.
Stando alle rilevazioni di Frontex e dell’Unhcr, gli arrivi in Grecia sono diminuiti del 90% rispetto al 2015. Che fine hanno fatto le migliaia di persone che mancano all'appello? Un’ipotesi è che abbiano preso la via dell’Italia. Chiusa l'ipotesi di un ingresso in Europa dalla Turchia è probabile un ingresso dalla Libia, ma i dati sembrano smentire questa ipotesi.
Se a smentire questa possibilità non basta il dato numerico, un rilievo ulteriore riguarda la composizione dell’immigrazione in Grecia. Nel 2016, il 49% dei migranti e rifugiati approdati sulle isole greche proveniva dalla Siria, il 26% dall’Afghanistan, il 16% dall’Iraq. Al contrario, la stragrande maggioranza degli sbarchi in Italia riguarda invece migranti dell’Africa sub-sahariana.
A ulteriore conferma del fatto che, ad ora, nessuna nuova rotta si è aperta dal Medio Oriente verso l’Italia, c’è la provenienza delle imbarcazioni: nel 2016 l’82% dei migranti è partito dalla Libia (nel 2015 era l'89%). La rotta libica sembra cedere il passo a nuovi percorsi, in partenza da Tunisia (5,5% contro lo 0,36% dello scorso anno), Egitto e Algeria (5%)
Il rafforzamento della rotta egiziana può spiegarsi con le tensioni tra il governo italiano e quello del Cairo (Caso Regeni). Lo spostamento verso Algeria e Tunisia, invece, è l’effetto della pericolosità della rotta libica, determinata dall'operazione EunavforMed, che presidia il tratto di mare davanti alla Libia (dal 7 ottobre 2015 sono state distrutte centinaia di imbarcazioni e segnalati oltre cento trafficanti), e soprattutto dalla stabilizzazione della Libia sotto il governo di Fayez al Sarraj che potrebbe risolversi in una maggiore collaborazione con l’Unione Europea per prevenire le partenze.
(Fonte UNHCR)
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