Decine di bombardamenti indiscriminati, 73mila nuovi sfollati, centinaia di vittime in poco più di venti giorni, stupri di massa. Quanto accade nel Darfur, regione occidentale del Sudan, resta una emergenza umanitaria, ormai dimenticata dalla comunità internazionale, che sta per trovarsi di fronte quella che una sopravvissuta ha definito "la soluzione finale".
È quanto emerge dall'annuale rapporto "Italians for Darfur", presentato al Senato dalla presidente dell'associazione, Antonella Napoli. "Siamo di fronte alla crisi umanitaria più lunga del secolo".
È stata la fondatrice negli USA di "Women for Darfur", Niemat Ahmadi, ascoltata in audizione dalla Commissione Diritti Umani del Senato a denunciare le nuove violenze perpetrate dal governo sudanese nei confronti della popolazione. Ahmadi, sopravvissuta e testimone oculare del genocidio, ha rivolto un appello al governo italiano e all'Europa, che la scorsa settimana ha previsto lo stanziamento di 100 milioni di euro per arginare i nuovi flussi migratori dall'Africa sub-sahariana, affinché chiedano al Sudan la sospensione dei bombardamenti.
La guerra invisibile del Darfur, 60 villaggi bruciati, 3mila morti. Presentato il rapporto dell’associazione "Italians for Darfur". L'Unione Europea da 100 milioni al Sudan per fermare i migranti, ma chi pensa a fermare le violenze?
Chi si ricorda del Darfur? Che succede in quell'angolo dimenticato di Africa, per il quale un decennio fa tutti gridavano al genocidio? Succede che "sessanta villaggi sono stati distrutti nelle ultime tre settimane. E almeno 25mila persone sono riuscite a fuggire dai bombardamenti e dai combattimenti tra le forze governative sudanesi e i ribelli del Sudan Liberation Movement nella regione di Jebel Marra"
Women for Darfur |
La scoperta del petrolio. Coincidenza, pochi giorni fa il governo del presidente Omar al—Bashir ha annunciato la scoperta di vasti giacimenti petroliferi nelle regioni occidentali, in Darfur appunto. Un motivo in più per fare piazza pulita di ogni resistenza. Nuova benzina che va ad alimentare un conflitto complesso, che affonda le radici proprio nella lotta per le risorse (acqua, pascoli etc..)
Il presidente impunito. Italians for Darfur denuncia la grande presenza di armi nella regione, nonostante l'embargo sancito dall'ONU nel lontano 2004. E denuncia l’impotenza dei 27mila Caschi Blu della missione UNAMID, che vengono soprattutto da Paesi dell’Unione Africana, la stessa che sostiene pubblicamente il presidente Bashir rigettando le accuse del Tribunale Penale Internazionale che lo vorrebbe processare per crimini contro l’umanità.
È chiaro il corto circuito? I leader africani fanno quadrato intorno a un collega ricercato per la guerra in Darfur. E allo stesso tempo mantengono le loro truppe in Darfur, per vegliare sui civili attaccati dalle truppe governative e dalle milizie paramilitari.
Uomini senza pietà. Dieci anni fa si chiamavano janjawid, le temute milizie arabe a cavallo. Ora hanno un nome più "neutro", Rapid Support Forces, un gruppo nato nel 2013. I metodi e le violenze però sono gli stessi, come ha documentato un rapporto di Human Rights Watch intitolato "Men with no mercy".
HRW ha intervistato centinaia di vittime e testimoni. In base ai loro racconti risulta chiaro che le azioni di questi "uomini senza pietà" (stupri, uccisioni) avvengono in villaggi e città dove al momento degli attacchi non c’è traccia di ribelli.
Campo Profughi Darfur |
Clooney dove sei, non rifaresti una capatina tra i monti del Jebel Marra per attirare l’attenzione del mondo? Nella sua ultima relazione sul Darfur il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon ha detto che "la continua mancanza di progressi verso una soluzione politica del conflitto in Darfur è fonte di grave preoccupazione". Su una popolazione di circa 7 milioni di abitanti, 4 milioni e mezzo dipendono dagli aiuti umanitari per la loro sopravvivenza, e 2 milioni e 600 mila sono sfollati interni.
Impossibile a chiunque entrare in Darfur, anche alle ong umanitarie
Non dimentichiamoci del Darfur. Anche per motivi nostri, se non vogliamo che gli sfollati interni diventino esterni. E prima di dare 100 milioni al governo di Khartoum per gestire la crisi migranti, chiediamo conto di quei disperati in fuga, di quei 60 villaggi distrutti nelle ultime tre settimane.
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