La piena legalizzazione anche in Italia della compravendita di prestazioni sessuali, seguendo l’esempio di altri Paesi europei, fra cui la Germania, deve essere affrontata con lungimiranza. Il Parlamento italiano è dall'abolizione della legge Merlin, ovvero dal 1958, che non discute di regolamentare la prostituzione.
In Italia la prostituzione non è un reato in se, nel senso che non colpisce la donna che si prostituisce, ma esistono una serie di reati legati ad essa come lo sfruttamento, la riduzione in schiavitù, tratta di essere umani, il sesso con minorenni, atti osceni in luogo pubblico (reato che viene contestato quando si vuole colpire i clienti), e altri minori.
L'opinione pubblica italiana si divide tra coloro che affermano che legalizzare e regolamentare porterebbe introiti in tasse per lo Stato e chi pensa che legalizzare la prostituzione significherebbe anche favorire il suo sfruttamento.
Semplificando, nei paesi europei vi sono oggi tre modalità per affrontare la questione del sesso a pagamento:
- La prima (chiamiamola modello italiano) non proibisce né la vendita né l’acquisto delle prestazioni sessuali, ma punisce chi sfrutta questo mercato.
- La seconda (modello tedesco e olandese) legalizza sia l’acquisto sia la vendita di sesso, legalizzando anche le imprese che organizzano l’incontro fra domanda e offerta.
- La terza invece proibisce l’acquisto, ma non la vendita, di prestazioni sessuali (modello svedese), si punisce quindi i clienti.
La discussione su quale sia la scelta migliore è aperta, ma l'attuale dibattito, a mio avviso, è basato in modo eccessivo sui "principi". Da un lato, molti tra i favorevoli alla legalizzazione invocano il diritto delle persone a fare del proprio corpo quello che vogliono. Molti neo-proibizionisti insistono invece sulla indisponibilità commerciale delle prestazioni sessuali, in nome della dignità delle persone.
Si tratta di posizioni, non solo non conciliabili, ma addirittura incapaci di comunicare fra loro. Io ritengo che su questi temi, pur tenendo saldi i valori costituzionali, convenga invece ragionare alla luce dell’etica della responsabilità, ossia di quella che dovrebbe guidare i legislatori.
La domanda principale dovrebbe essere, a prescindere dalle intenzioni e dai principi espressi da una legge, quali sono le conseguenze della legge stessa. L’Italia, nel ragionare sulle leggi per regolare la prostituzione, ha la "fortuna" di essere l’ultima arrivata, potendosi giovare di una storia ormai sufficientemente lunga di Paesi che hanno fatto le due diverse scelte, legalizzatrice e neo-proibizionista.
C'è subito da dire che il modello tedesco, ovvero legalizzazione completa sia della domanda che dell'offerta, adottato in Germania dal 2002, prima ancora in Olanda ed in seguito anche applicato in Austria, ha decisamente fallito. Non ha portato nessun vantaggio fiscale per le casse dello Stato (solo una cinquantina di donne sono infatti iscritte alle camere di commercio come prostitute), ma al contrario ha fatto aumentare il loro sfruttamento. Sia in Germania che in Austria si sono moltiplicati gli hotel del sesso dove "imprenditori" scaltri assumono ragazze, quasi tutte straniere dell'est.
Un sistema, quello tedesco, non ha fatto altro che moltiplicare il numero di clienti, facendo della prostituzione un business legalizzato che ha arricchito solo gli sfruttatori (che ora si chiamano "imprenditori"), non ha portato nessun vantaggio alle casse statali e soprattutto rende sempre più schiave le ragazze.
Gli osservatori e gli studiosi segnalano in modo concorde che nei Paesi legalizzatori il numero di prostitute e di clienti è aumentato (le stime in questo campo sono difficili e aleatorie, ma i giornali tedeschi parlano di un milione di clienti al giorno), mentre non si riesce a contrastare in modo efficace lo sfruttamento delle "sex workers", con la piccola eccezione delle prostitute di alto bordo.
Non è un caso se molte delle donne straniere che accedono in Italia a misure di protezione contro la tratta dichiarano di essere passate per i bordelli tedeschi od olandesi. Le donne che liberamente decidono di vendere prestazioni sessuali sono in realtà pochissime, la stragrande maggioranza delle biografie delle prostitute parla di marginalità e sfruttamento. Insomma, l’esperienza dimostra che, se il mercato del sesso viene legalizzato diventa praticamente impossibile contrastare la tratta di esseri umani a scopo sessuale.
Non a caso sia l'Olanda che la Germania tentano di ritornare indietro, infatti la prostituzione legalizzata sta diventando un vero e proprio problema politico.
Alla luce di quanto accaduto in Germania e in altri Paesi, e tenendo conto del basso tasso di legalità dell’Italia, specialmente in alcune sue regioni, temo che se la prostituzione venisse legalizzata i bordelli si moltiplicherebbero a dismisura, non migliorando la condizione delle prostitute, indebolendo il contrasto alla tratta, e favorendo gli affari delle mafie. NO, quindi, al modello tedesco, NO alla liberalizzazione della prostituzione.
Prima di adottare il modello neo-proibizionista in Svezia si discusse a lungo sui principi, ossia sul fatto che quella legge fosse contro il diritto di un individuo di disporre liberamente del proprio corpo. Pragmaticamente si decise che, essendo impossibile mettere un confine realistico fra libertà e costrizione, per tutelare le donne sfruttate conveniva optare per una scelta semplice e draconiana, sanzionando chi acquista prestazioni sessuali, ma non chi vende sesso, accompagnando e assistendo nel contempo chi vuole lasciare il lavoro del sesso.
Le ricerche sull'effetto di queste leggi sono incoraggianti. In Svezia nel 2014 una commissione indipendente presieduta dal Cancelliere della giustizia ha concluso che la legge ha avuto effetti sostanzialmente positivi:
- Il numero delle prostitute di strada si è ridotto della metà.
- È stato calcolato che in Svezia nel 1995 operassero circa 3.000 prostitute, mentre attualmente si parla solo di 300.
- La Svezia avrebbe un decimo delle prostitute della Danimarca, a fronte di una popolazione quasi doppia.
- Negli anni immediatamente precedenti il 1999, il 13,6% degli uomini pagava "prestazioni sessuali" e la maggioranza della popolazione era contraria alla legge.
- Nel 2014 meno dell'8% degli uomini acquistava prestazioni sessuali e il 70% della popolazione era favorevole alla legge che criminalizza l'acquisto dei rapporti sessuali.
Quindi, alla luce di questi risultati concreti, se l’obiettivo è ridimensionare tutto il mondo di sfruttamento che gira attorno alla prostituzione e combattere la tratta, il modello svedese sembra essere di gran lunga più efficace rispetto al modello tedesco.
In Italia non sarebbe necessario fare molto, esistono già leggi che condannano la tratta, lo sfruttamento, il traffico, riduzione in schiavitù e altri reati correlati al mondo della prostituzione, basterebbe solo proibire (come in Svezia) l'acquisto di prestazioni sessuali a pagamento, come anche raccomandato dall'Unione Europea e adottato in altri paesi europei con risultati eccellenti.
SI, quindi, al divieto di acquistare prestazioni sessuali
Diciamo assolutamente NO alle "Case Chiuse", NO all'istituzione di aree a "Luci Rosse" e ancora NO ai "mercati del sesso a pagamento"
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