Il trend dei contagi è invariato, ma la prevenzione arretra e aumentano le persone che si vedono fatta la diagnosi di Aids mentre ignoravano di essere sieropositive. L'anno scorso in Italia oltre 3.695 nuovi casi di positività e 858 di malattia conclamata. Oltre 67 mila casi e 42 mila vittime dal 1982. L'Europa autorizza nuove terapie. La Francia rende rimborsabili gli anti-retrovirali per chi è parte di comunità più a rischio.
L'incidenza dei contagi resta pressoché invariata negli anni, mentre continua a crescere la percentuale delle persone che arrivano allo stadio di Aids conclamato ignorando la propria sieropositività. Erano il 20,5% delle diagnosi di Aids nel 2006, mentre nel 2014 hanno raggiunto quota 71,5%. Non solo, nonostante anni di campagne di sensibilizzazione e informazione, le modalità di trasmissione sono ancora rappresentate nell'84% dei casi da rapporti sessuali senza preservativo sia tra eterosessuali che tra maschi omosessuali.
Sono alcuni dei dati diffusi dal Centro operativo Aids dell'Istituto superiore di sanità (ISS) in occasione della "Giornata Mondiale per la Lotta all'Aids", che si celebra il 1° dicembre. Ecco il punto sulla malattia e sui contagi, mentre arriva l'autorizzazione europea per la commercializzazione di un nuovo farmaco che riunisce in una sola compressa quattro principi attivi.
I numeri della malattia. Nel 2014, in Italia, 3.695 persone hanno scoperto di essere HIV positive; un'incidenza pari a 6,1 nuovi casi di sieropositività ogni 100 mila residenti. La tendenza non mostra particolari variazioni rispetto ai tre anni precedenti e colloca il nostro Paese al 12° posto nell'Unione europea. Le regioni che hanno l'incidenza più alta sono il Lazio, la Lombardia e l'Emilia-Romagna.
In Europa il sistema di sorveglianza ha registrato lo scorso anno 142 mila nuove infezioni nei 53 paesi della regione europea dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), di cui circa 30 mila nella sola UE, il numero più alto mai visto da quando è iniziato il conteggio.
In Africa, intanto, l'Aids è diventata la prima causa di morte tra gli adolescenti (ogni ora si verificano 26 nuovi contagi). Sono in aumento, segnala un rapporto OMS-Ecdc, le nuove infezioni dovute a rapporti omosessuali, che erano il 30% nel 2005, mentre ora sono il 42%, quelle dovute a rapporti eterosessuali sono il 32%.
Flussi migratori e HIV. L'enorme incremento dei flussi migratori degli ultimi mesi ha determinato un aumento della richiesta in campo assistenziale anche per problematiche di tipo infettivologico. In base ai dati dell'ISS (Istituto Superiore si Sanità), il 27,1% delle persone diagnosticate come Hiv positive è di nazionalità straniera. Più in dettaglio, nel 2014, l'incidenza è stata di 4,7 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 19,2 nuovi casi ogni 100.000 tra gli stranieri residenti.
Il fenomeno tra gli stranieri è percentualmente più evidente nel Lazio, in Campania, in Sicilia e in Molise. Gli esperti della Società italiana di malattie infettive e tropicali sottolineano che non ci sono assolutamente rischi per la salute degli italiani derivanti dai fenomeni migratori. Uno studio presentato pochi giorni fa a Barcellona, al Congresso europeo sull'Aids, dimostra che almeno il 20% della diffusione del virus dell'Hiv tra i migranti riguarda contagi avvenuti dopo l'arrivo in Italia.
Gli uomini sono i più colpiti. Il virus colpisce prevalentemente gli uomini (79,6% dei casi), mentre continua a diminuire l'incidenza delle nuove diagnosi nelle donne. L'età media per i primi è di 39 anni, per le donne di 36 anni. La fascia di età più colpita è quella tra i 25 e i 29 anni (15,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti).
Pochi test anche in fasce a rischio. Il 20,62% delle 5.703 persone che hanno chiamato la Lega italiana per la lotta contro l'Aids tra il 30 settembre 2014 e il 30 settembre 2015 non avevano mai fatto l'esame dell'Hiv. "Si tratta di un dato che va di pari passo con il fatto che in Italia oltre il 50% delle persone scopre di avere contratto l'Hiv in una fase molto avanzata dell'infezione"
Sul piano della ricerca, la Commissione Europea ha approvato in questi giorni l'autorizzazione all'immissione in commercio di un nuovo farmaco per il regime in singola compressa da assumere una volta al giorno per il trattamento dell'infezione da Hiv. Questo tipo di terapia è indicato per il trattamento degli adulti e degli adolescenti con infezione da Hiv-1.
L'accesso alle terapie. Nel mondo sono circa 40 milioni le persone con Hiv, 15 milioni di queste hanno accesso alle terapie anti-retrovirali, ma nella pratica solo il 25% aderisce correttamente alle cure e quindi ne beneficia. In Italia e nei paesi occidentali il tasso si aggira intorno al 50%. Il resto delle persone non sa di avere l'Hiv, non si presenta ai centri di cura o si perde in corso di terapia, e questo consente il permanere di un rischio di diffusione dell'infezione. Da qui è partito il progetto promosso dall'Istituto Spallanzani e che coinvolge 10 centri specializzati nella cura dell'Hiv in tutta Italia e le associazioni impegnate a livello nazionale nella lotta all'Aids.
"Nel 2012 in Italia erano inconsapevoli del proprio stato di infezione da Hiv tra le 10.000 e le 12.000 persone in Italia, pari a circa l'11-13% delle persone che hanno contratto l'infezione. Esistono poi persone che non accedono ai centri di cura o non ricevono un trattamento efficace o non lo assumono correttamente. Bisogna far sì che le persone non abbandonino le terapie rischiando per sé stessi e per gli altri"
Prevenzione, l'esempio della Francia. Il ministero francese della Salute ha annunciato che renderà disponibile e rimborsabile la PrEP, cioè l'uso di farmaci anti-retrovirali, per le persone Hiv-negative ad alto rischio di contrarre l'infezione da Hiv per abbattere tale rischio. "La Francia dimostra di rendersi conto della necessità di prevenire l'infezione da Hiv anche tra coloro che non possono o non riescono ad usare il preservativo costantemente nei rapporti sessuali". Si tratta di persone che magari vivono in un gruppo di popolazione dove l'Hiv è più diffuso, come possono essere i gay. "In questo modo quindi le autorità sanitarie francesi riconoscono i bisogni di salute di tutti cittadini senza nessun giudizio morale sui loro liberi comportamenti sessuali"
Diversa, invece, la situazione in Italia. "Mentre il numero delle nuove infezioni da Hiv non accenna a diminuire, anzi sembra in crescita tra i maschi che fanno sesso con maschi, le istituzioni sono ancora arroccate su posizioni conservative".
AIDS in Africa. L'Africa è il continente più colpito dal virus, ma non per questo si può parlare di una singola epidemia africana. Nonostante solamente il 12% della popolazione mondiale viva in Africa, si stima che ben il 60% delle persone malate di AIDS viva nel continente africano. La combinazione di HIV e tubercolosi è la maggior causa di morti tra gli infetti nei paesi sub-sahariani, ma questa combinazione di virus non è assolutamente limitata all'Africa. La tubercolosi è la malattia infettiva che uccide il maggior numero di donne in età riproduttiva nel mondo, e il maggior numero di persone affette da HIV o AIDS.
I fattori che contribuiscono alla diffusione del virus dell'HIV sono molti. Come prima cosa ci si vergogna ad usare i preservativi. Tradizioni culturali fanno sembrare che il preservativo privi l'uomo della sua virilità. Se questo non fosse sufficiente, sono nate numerose leggende metropolitane riguardanti l'uso di preservativi, per esempio alcuni pensano che questo metodo contraccettivo sia stato prodotto allo scopo di limitare la crescita delle popolazioni africane.
Nei 35 paesi africani con la più alta diffusione di infezioni, l'aspettativa di vita media è di 48,3 anni, 6,5 anni in meno di quanto sarebbe in assenza di HIV e AIDS. Negli 11 paesi dove la diffusione del virus è al di sopra del 13%, l'aspettativa di vita è 47,7 anni, 11 anni in meno di quanto sarebbe senza l'infezione.
L'Africa è inoltre afflitta da una mancanza di infrastrutture mediche, da una rampante corruzione sia da parte del governo che da parte delle agenzie in carica di distribuire gli aiuti, e da dottori provenienti da altri paesi che si coordinano con difficoltà coi governi locali.
Il Programma delle Nazioni Unite per l'AIDS (UNAIDS) ha fatto diverse stime per la situazione in Africa fino al 2025. I risultati variano, andando da uno stallo nella crescita del numero delle morti e un eventuale declino, fino alla predizione di una crescita catastrofica del numero di morti con potenzialmente 90 milioni persone infette in Africa.
In assenza della prevenzione, sanità e medicine (come per esempio medicine anti-retrovirali) che sono disponibili nei paesi industrializzati, molte persone infette col virus dell'HIV in Africa contrarranno l'AIDS. Ciò vuol dire che numerose persone saranno rese incapaci di lavorare e richiederanno notevole attenzione medica. Questo a sua volta potrebbe causare un collasso economico e sociale.
Un risultato dell'epidemia in tutti i paesi più colpiti è stato l'aumento di orfani, i quali sono costretti a vivere in orfanotrofi o, nell'ipotesi peggiore, per strada. Gli orfani senza genitori devono imparare a badare a sé stessi mentre allo stesso tempo devono provvedere cure mediche per i genitori rimasti in vita ma infetti dall'AIDS. Il risultato di questo ciclo è che spesso i bambini vengono deprivati di un'infanzia vera e propria e spesso di un'educazione, che a sua volta avrà un effetto avverso sulla loro auto stima.
L'UNAIDS, l'Organizzazione Mondiale della Sanità e il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo hanno documentato una diminuzione nell'aspettativa di vita e nel PIL dei paesi africani con una diffusione del virus del 10% o più.
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