20 giugno 2015

Trafficking e la tratta di ragazze nigeriane

In viaggio attraverso il deserto
Ogni anno, circa 5.000 ragazze partono dalla Nigeria, e in particolare dalla regione di Benin City, alla volta dell’Europa, Italia in particolare. Trafficanti di schiave, con l’aiuto di preti woodoo, convincono queste ragazze che nella terra promessa le attende un lavoro.

La conferma in un rapporto delle Nazioni Unite "Almeno 5.000 (cinquemila) ragazze all'anno provenienti in maggior parte dalla Nigeria, arrivano in Europa per poi essere sfruttate sessualmente. Sono sempre più giovani, e almeno il 40% di esse è minorenne" - leggi -

Il viaggio spesso è allucinante. In camion attraverso il deserto, in gommone fino alle coste della Spagna o dell’Italia. Moltissime muoiono di stenti, di sete, o affogate, prima di raggiungere la meta. Altre ancora diventano "schiave sessuali" già in Africa nei paesi di transito, in particolare nel Mali e in Libia.

E quelle che riescono a sbarcare in in Italia, presto scoprono che il lavoro promesso non c’è. Dopo il sequestro dei documenti, vengono spedite sulla strada a prostituirsi, spesso "preventivamente" violentate dai loro stessi aguzzini.

Ma le ragazze che arrivano "via terra" sono solo una minima parte, la mafia nigeriana si è talmente ben organizzata, ha un altissimo potere corruttivo a tutti i livelli, che riesce a far arrivare queste ragazze in Europa soprattutto per via aerea con documenti falsi. Partono da Lagos e arrivano negli aeroporti del nord Europa, privilegiato è l'aeroporto olandese di Amsterdam. Da questi aeroporti poi è semplice far arrivare queste ragazze in Italia (via treno o in macchina).

Intanto, sia in Italia che in Nigeria, qualcuno lotta per liberare le schiave del XXI secolo dai loro padroni, ma soprattutto dall'ingenuità che le rende così vulnerabili. Un traffico alimentato anche (e soprattutto) dai così detti clienti che vanno alla ricerca di sesso a buon mercato. Noi definiamo queste persone "stupratori" a pagamento.

Trafficking. Cos'è il trafficking a scopo di sfruttamento sessuale. Chi sono le vittime nigeriane di trafficking? Si definisce "trafficking in persons" un fenomeno camaleontico, per via della straordinaria capacità delle organizzazioni dedite a questa attività, di adattamento alle condizioni materiali e normative dei contesti, sia di partenza che di approdo.

Il "trafficking" delle ragazze nigeriane è analizzato a partire dalle caratteristiche delle migrazioni femminili. Si scopre così, che quelle degli anni ottanta, che sono definite "pioniere della segregazione e dell’invisibilità", originano da un fenomeno peculiare che deriva dalla crescita economica che si è avuta dagli anni '60. In Italia la prostituzione di strada negli anni '70 e '80 era calata. Ma, all'inizio degli anni '90 riprende perché inizia la prostituzione da immigrazione, un fenomeno che nei decenni precedenti non era presente.

Segregazione e (tentativi politico-sociali di) invisibilità resteranno le caratteristiche principali anche delle nigeriane coinvolte nel trafficking. Paradossalmente, sono perfettamente visibili perché sono sulle strade, scatenano sentimenti di ripulsa nelle popolazioni locali infastidite dalla loro presenza, che sfociano sia in episodi di razzismo e di violenza fisica.

Violenza che si manifesta attraverso gli stupri e le percosse che non di rado portano fino alla morte. Sono visibili perché al centro di polemiche sulla regolamentazione del fenomeno prostitutivo che, in maniera schizofrenica vede soluzioni nelle multe ai clienti, o soluzioni definitive come lo zoning, ovvero la creazione di luoghi ad hoc dove potersi prostituire, lontano dagli sguardi della gente per bene.

Politiche di chiusura che troneggiano sulle retoriche per cui l'immigrato è uguale a clandestino, sull'ibrido posizionale tra l’abolizionismo e il regolamentismo della prostituzione, che si esprimono in relazione ai margini di consenso elettorale che garantiscono nel breve periodo. Fattori che ad oggi, non consentono di poter affermare che ci sia un’organica integrazione nel dialogo tra istituzioni diverse e politiche di sostegno, repressione e controllo.

Segregazione. Le ragazze vivono sotto lo stretto controllo delle mamam, le sponsor del viaggio, donne che a loro volta, sono state sfruttate, e che una volta pagato il debito alla loro sponsor, hanno deciso di diventare loro stesse le sfruttatrici. Le mamam, sono gli ultimi nodi di una rete criminale che ha i suoi gangli ideatori in Nigeria ed appoggi logistici e amministrativi in Europa.

Sotto la parvenza di una certa libertà di movimento (le ragazze si muovono continuamente per raggiungere i luoghi di prostituzione, per fare acquisti, o per partecipare alle funzioni religiose domenicali), sono costrette in una sorta di limbo borderland, dove, non possono decidere neppure di andare a far spesa al supermercato italiano, ma solo in quelli etnici indicati dalle "mamam".

Sono ragazze che inizialmente non conoscono la lingua italiana, non conoscono bene la città, vengono spostate abbastanza spesso passando da un gruppo mafioso ad un altro, da una mamam all'altra.

Benin City, la fabbrica italiana delle prostitute di colore. "C’è un pezzo d’Africa dove le ragazze non parlano italiano ma sanno dire perfettamente quanto mi dai? .. Benvenuti a Benin City, la fabbrica italiana di prostitute all'equatore. Interi quartieri hanno cambiato aspetto da quando si vende all'Italia il petrolio della cittadina, ovvero le giovani ragazze. Ed è così che i giornali locali chiamano la rotta delle schiave, pipeline, oleodotto".

"Vie Libere" e il suo fallimento. Subito dopo l'entrata in vigore della Bossi-Fini, legge 189/2002 ovvero la legge che regolamenta in Italia i flussi migratori, il Viminale dell'allora ministro dell'interno Maroni avviò la campagna "Vie Libere", almeno due volte al mese voli charter riportavano in Nigeria le ragazze sfruttate sulle strade italiane.

Era la strategia delle retate, ovvero andarle a prendere sui luoghi della prostituzione. Ma ciò non ostacolò, bensì alimentò il business dei trafficanti che si ritrovarono nella condizione di poter far pagare ripetutamente il viaggio per il passaggio della medesima merce (la ragazza).

Tutto questo fu possibile a seguito degli accordi bilaterali, Italia - Nigeria del 2002, le nigeriane vengono rispedite a casa con aerei appositamente noleggiati, in cui viaggiano scortate dai poliziotti con un rapporto di 1 a 1 ovvero una ragazza un poliziotto, come fossero criminali che hanno commesso chissà quale reato.

Una volta in Nigeria queste ragazze rimpatriate venivano ammassate in una sorta di centro di detenzione temporanea che si trova ancora a Lagos, finché non venivano reclamate dalle famiglie (e non sempre le famiglie le reclamavano).

Il rimpatrio "forzoso" per le ragazze non ha il significato di libertà. Solo poche rimangono in Nigeria, rientrano nelle famiglie di origine o vengono ospitate presso parenti o amici, molte si suicidano, altre ricontattano gli Italos (ovvero i trafficanti) e tornano in Italia con un debito raddoppiato, il che ha conseguenze sull'aumento del rischio e diminuzione della protezione. E così la ragazza sempre più indebitata, sempre più fragile è più propensa ad accettare le richieste di sesso non protetto che arriva dai clienti italiani.

Quella delle retate fu una strategia che ebbe vita breve, fu un vero e proprio fallimento. Veniva colpito solo l'anello più debole, ovvero le ragazze, mentre i trafficanti e le mamam non venivano quasi toccati perché in possesso di regolari permessi di soggiorno e sopratutto perché anche nei casi in cui veniva avvita un'indagine per sfruttamento o per riduzione in schiavitù, quasi sempre riuscivano a sfuggire al carcere (avvocati ben pagati, decorrenza dei termini, lungaggini della giustizia italiana, ecc..)

Dal 2002, ovvero dall'entrata in vigore della Bossi-Fini, il numero delle ragazze nigeriane in Italia è più che triplicato. La strategia "Vie Libere" non ha portato a risultati, la strategia delle retate a tappeto non ha fatto aumentare le denunce, anzi, ha messo ancora più paura alle ragazze che quasi mai hanno denunciato le loro mamam o i loro sfruttatori.

Una legge, la Bossi-Fini, che mette tutti gli immigrati sullo stesso piano, senza distinguere le vittime della tratta dai migranti "volontari". Una lacuna imperdonabile che pesa anche oggi quando, nelle poche volte che queste ragazze trovano il coraggio per chiedere aiuto alle associazioni di volontariato, hanno mille difficoltà ad ottenere il permesso di soggiorno per "protezione sociale" (art. 18).

Ragazze schiave. Altri motivi che rendono "schiave" e incapaci di reazioni queste ragazze nigeriane sono la loro giovane età e la scarsa esperienza di vivere in un paese occidentale, l'ignoranza perché in Nigeria la scuola si paga e le famiglie alle ragazze preferiscono i ragazzi. Il woodoo, rito animista a cui le ragazze vengono sottoposte prima della partenza dalla Nigeria (promessa di pagare il debito) e che fa leva appunto sull'ignoranza, e le minacce, ai familiari rimasti in Nigeria e a loro stesse.

Un continuo stato di prostrazione "psicologica" che spesso si manifesta anche dopo molti anni e quando le ragazze sembrano essersi integrate nel tessuto sociale in cui si trovano, e i suicidi (specialmente tra le ragazze rimpatriate) sono frequenti.

Non solo sesso in strada, ma ragazze sfruttate anche per:
  • riprese di video hard da sfruttare in rete,
  • uteri in affitto, fai un figlio per me e per mia moglie che ti paghiamo,
  • ti pago di più se mi permetti di filmare il nostro rapporto sessuale,
  • ti sposo (prostituzione per matrimonio), tu avrai il permesso di soggiorno, ma tu sarai per sempre la mia schiava sessuale.
  • Jihad sessuale. Dopo il rapimento delle ragazze di Chibok, molte ragazze nigeriane in Italia sono scomparse, forse "vendute" all'estero.
  • ti "affitto" una ragazza per sesso di gruppo in una serata di perversione.
  • ti compro dalla mafia nigeriana per sfruttarti sessualmente nel mio locale notturno, discoteca o bar di periferia.
  • ti obbligo a ricevere clienti nel mio albergo a ore.

I tempi della schiavitù si allungano .. Quindi non più solo la strada per le nostre povere "Ragazze di Benin City" ma altre forme di sfruttamento, ancora più subdole e meschine. La "strada", in tempo di crisi non rende più come prima. Anche giorni interi senza nemmeno un "cliente" e questo non va bene, senza soldi vengono picchiate dalla mamam - leggi -

Le morti violente di ragazze nigeriane in Italia assurgono all'onore della stampa solo raramente e molto spesso vengono relegate esclusivamente come fatti di cronaca locale, ma comunque ci sono e servono a sensibilizzare l'opinione pubblica italiana su questo fenomeno ai più ancora non conosciuto. Si calcola che in Italia negli ultimi due anni circa 200 (duecento) ragazze nigeriane siano "scomparse", uccise o semplicemente sparite nel nulla. Ragazze uccise da clienti violenti o uccise dai loro stessi sfruttatori, magari solo per dare l'esempio ad altre ragazze.

La Caritas Italiana ha confermato che attualmente in Italia ci sarebbero circa 70.000 ragazze "trafficate per scopi sessuali", la maggior parte di esse, il 35% è di nazionalità nigeriana, ben rappresentate anche le rumene, le albanesi, altri paesi dell'ex-repubbliche sovietiche, le cinesi e le colombiane.

Trafficking, non solo le ragazze nigeriane .. La tratta di esseri umani è una delle peggiori schiavitù del XXI secolo. E riguarda il mondo intero. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) e l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODOC) circa 21 milioni di persone, spesso povere e vulnerabili, sono vittime di tratta a scopo di sfruttamento:
  • sessuale,
  • lavoro forzato,
  • espianto di organi,
  • accattonaggio forzato,
  • servitù domestica,
  • matrimonio forzato,
  • adozione illegale,
  • o altre forme di sfruttamento.

Ogni anno, circa 2,5 milioni di persone sono vittime di traffico di esseri umani e riduzione in schiavitù. Il 60 per cento sono donne e minori e quasi sempre subiscono abusi e violenze inaudite.

La tratta di esseri umani è una delle attività illegali più lucrative al mondo, rende complessivamente 32 miliardi di dollari l’anno ed è il terzo "business" più redditizio, dopo il traffico di droga e di armi.

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Tesi di laurea di Giuseppina Frate


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