Un fenomeno da anni in pieno sviluppo, quello della mafia nigeriana, tanto da poter essere ormai considerato parte integrante del sistema malavitoso italiano, ben radicato nel territorio e operante a pieno regime, ma ciononostante pressoché sconosciuto.
Dalla lettura dei rapporti della magistratura ne emerge un profilo a dir poco agghiacciante, in cui a far da contorno agli spaventosi interessi economici mossi da questi gruppi mafiosi rimangono descrizioni sconcertanti della violenza che usano sistematicamente nella gestione dei propri affari.
Sono parole crude, che gettano su quest'organizzazione un'ombra inquietante. Descrivono senza filtri le sue modalità, parlano di schiavitù e di pratiche barbare. La loro analisi risulta di fondamentale importanza, non per un morboso gusto dell’orrido, ma al fine di carpirne le dinamiche. La mafia nigeriana non ha pentiti e basa il suo successo su un terrorismo psicologico di matrice mistico-religiosa, che le consente di proteggersi dietro un'omertà di tutt'altra natura rispetto a quella a cui siamo abituati dalle mafie nostrane.
Forse è per l’omertà, o forse perché non si è prestata sufficiente attenzione a certe manifestazioni, pur macroscopiche, di questo sistema malavitoso, che le istituzioni italiane sono arrivate solo negli ultimi anni a considerare la questione in tutta la sua problematicità. Non è in effetti una novità che una buona parte degli introiti delle mafie derivino dallo spaccio di droga, dalla prostituzione e dal traffico di esseri umani, ma tuttavia, specialmente per quanto riguarda gli ultimi due ambiti (prostituzione e traffico di esseri umani), raramente si è arrivati a provvedimenti concreti.
L’azione delle forze dell'ordine e della legge si è perlopiù limitata a ripulire la superficie. L'intervento sul singolo spacciatore, sulla singola prostituta o sulla piccola cellula locale, sul migrante che riesce miracolosamente a sbarcare a Lampedusa e che sparisce per mesi nei centri d'identificazione.
Il motivo è banale, eliminare alla radice il problema significa fare i conti con l'immenso potere transnazionale delle mafie. E quella nigeriana, agendo silenziosamente ma inesorabilmente dagli anni ottanta in poi, ha guadagnato fra di esse una posizione di spicco.
Indagini e informative più o meno segrete hanno potuto fare una mappa di quelli che sono i gruppi mafiosi nigeriani e i loro territori di influenza in Italia. Esistono varie cellule da Nord a Sud. Quelli di Roma controllano Lazio e centro Italia, a Napoli e nel casertano i gruppi nigeriani hanno stretto rapporti con la camorra, a Palermo con la mafia, e poi Toscana, Lombardia e Piemonte, e per finire il nord-est dell'Italia dove la mafia nigeriana è particolarmente attiva in Veneto.
Hanna |
I membri della cupola mafiosa nigeriana praticano affiliazioni occulte e riti raccapriccianti, un esempio su tutti, procurarsi tagli sulle braccia e berne il sangue e, dopo il pagamento di una somma cospicua, gli aspiranti affiliati divengono di fatto schiavi a vita dell'organizzazione. Viene richiesta cieca obbedienza, omertà assoluta e il versamento periodico di denaro per finanziare i gruppi locali. Il reclutamento di nuovi adepti viene effettuato con metodi coercitivi e violenti, mentre i regolamenti di conti con i rivali sono saldati a colpi di machete o d'arma da fuoco.
Le ricerche della magistratura hanno consentito soprattutto di svelare l’orrore nascosto dietro ciascuna delle centinaia di donne costrette in schiavitù dai boss e obbligate a prostituirsi per saldare il debito contratto con la mafia per il viaggio dalla Nigeria all'Italia. Costrette a vendersi per anni, senza alcuna possibilità di fuggire, fino a raggiungere la quota di sessanta, settanta, ottanta e più mila euro da versare ai loro sfruttatori, "attraverso intimidazioni e minacce, sia di punizioni fisiche sia del ricorso a pratiche magiche woodoo"
Rientrano infatti fra le prove da sostenere prima del viaggio una serie di rituali, fra cui mangiare un cuore di gallina, o compiere giuramento davanti a un tempio sacro. A queste ragazze viene fatto credere che, in caso di mancato pagamento di quanto pattuito con le "mamam" (le sfruttatrici), gli spiriti woodoo le uccideranno.
Le giovani donne vengono sottoposte a un vero e proprio lavaggio del cervello, mediante cerimoniali svolti da santoni locali che sfruttano credenze religiose e ritualità con cui sono cresciute fin da bambine nelle loro comunità di origine. Il woodoo, vera e propria religione, è in grado, "facendo leva sulle credenze ancestrali africane", di esercitare un grado di coercizione pressoché assoluto nelle vittime.
La disobbedienza ai precetti del woodoo comporta un castigo atroce ad opera degli spiriti e delle divinità. Per tal via, il sapiente uso delle pratiche del woodoo consente una tenuta senza pari alla malavita nigeriana, evitando il fenomeno del pentitismo. E al di là della minaccia della vendetta divina, qualsiasi tentativo di fuga o di ribellione viene punito o con la violenza bruta o, se la donna riesce a scappare, con l’omicidio in patria dei genitori o dei parenti più prossimi.
La tratta di queste schiave del terzo millennio è lunga e terribile. Scelte giovanissime dalle "mamam" nei loro villaggi e sottratte alle loro famiglie, a volte dietro compenso, vengono trasferite dalla Nigeria al Niger, al Mali, dove molte di loro subiscono ripetute violenze sessuali. Successivamente portate in Italia e fatte prostituire, spesso in piena gravidanza, e poi fatte abortire.
Si tratta ormai di un fenomeno epidemico. Circa il 60% delle prostitute in Italia proviene dall'Africa e si suddividono quasi equamente tra settentrione, centro e sud Italia. Ma la prostituzione non è che una parte di un fenomeno ben più grande, ovvero quello del traffico d’esseri umani, prima fonte di profitto della criminalità nigeriana, che va a rimpolpare le nostre campagne di nuovi servi della gleba, vedi per esempio Rosarno e gli schiavi delle arance o i vari "schiavi" nelle piantagioni di pomodori e di altri prodotti stagionali soprattutto nel Sud Italia.
Il capitale così ottenuto viene poi dirottato nel più lucroso traffico di stupefacenti. È probabilmente in quest’ambito, nella tratta umana, che si rivela più chiaramente il volto reale della mafia nera, ossia quello di una struttura a piovra, capillare, di vero e proprio apparato organizzato ed esteso, capace di trasferire migliaia di esseri umani da un continente all'altro, per via aerea, marittima o terrestre, senza imbattersi nei controlli alle frontiere dei paesi di destinazione, anche grazie a una potente rete di falsificazione di documenti. Viaggi che possono durare mesi, a volte anni, e che vengono studiati minuziosamente di tappa in tappa per evitare gli accertamenti della autorità.
Accanto al braccio armato, violento e superstizioso, e parallelamente a esso, come solitamente accade nelle organizzazioni di stampo mafioso, si sviluppa quindi il ramo raffinato della mafia nigeriana, capeggiata da uomini altamente formati e preparati, con un livello d’istruzione notevole, che gestiscono enormi capitali in svariati settori e sono in grado di trattare in egual misura sia con i vertici delle altre realtà mafiose che con quelle delle lobby in patria. Sono questi capi carismatici che hanno permesso all'organizzazione di infiltrarsi in Europa e di insinuarsi nel suo tessuto economico, grazie al connubio fatale fra denaro e superstizione, violenza e religione.
E non si può che constatare una certa facilità d’azione di questa realtà che è la mafia nigeriana, e che in Italia è lasciata agire quasi indisturbata.
I pilastri su cui si regge il suo potere, infatti, sono tanto più solidi, quanto più è dimenticata e ignorata dalle istituzioni. La loro principale merce e fonte di guadagno sono le vite di migliaia di persone, di donne e ragazze sempre più spesso minorenni ridotte a meri oggetti, sottoposte a quotidiana tortura e completamente abbandonate al loro destino.
Questo articolo fa parte delle nostre Campagne Informative "Le Ragazze di Benin City" e "Trafficking"
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