Profughi Sud Sudan |
Tre anni fa un governo, che noi avremmo definito di "larghe intese" tra il presidente Salva Kiir Mayardit di etnia dinka e il vice-presidente Riek Machar di etnia nuer, aveva gestito pacificamente il primo periodo dell'indipendenza, ma lo scorso anno le rivalità etniche hanno prevalso, di mezzo c'è anche il controllo del petrolio della regione di Malakal.
Escalation di violenze, distruzione di strutture sanitarie, esodo di massa, almeno 1,5 milioni di persone (un sesto della popolazione) costrette ad abbandonare le proprie abitazioni.
Tenendo presente che nel vicino Darfur è in atto un altro conflitto decennale contro le forze governative sudanesi e che proprio in questi mesi sta provocando un ennesimo drammatico esodo massa di cui nessuno parla, ed è strano di come il mondo si sia dimenticato così presto del Darfur, nome che era al centro dell'attenzione globale.
Questo quadro conflittuale è il segno che la situazione in entrambi paesi (Sud Sudan e Darfur) la situazione è decisamente fuori controllo.
L'agenzia ONU per il coordinamento degli aiuti umanitari, Ocha, conferma che solo il 3% dei 995 milioni di dollari di aiuti umanitari promessi dai grandi donatori (Stati, governi nazionali, ecc..) sono effettivamente stati consegnati, e come se non bastasse, a seguito del potenziamento della missione nella Repubblica Centrafricana, l'ONU ha deciso di ridurre i fondi per il contingente e le agenzie umanitarie dispiegate in Sudan.
A tre anni dall'indipendenza raggiunta dopo oltre 20 anni di guerra con il Sudan, l'anniversario cade durante una sanguinosa guerra civile. L'ultimo rapporto dell'Ocha, diffuso il 4 luglio scorso, rileva che sono ormai 1,1 milioni gli sfollati interni, buona parte dei quali ospitati in campi sovraffollati dove è difficile soddisfare i bisogni di base e le condizioni di vita sono precarie. Di questi, circa 100.000, in grande maggioranza donne e bambini Nuer, si trovano in 10 campi all'interno di basi della missione di pace UnMiss difesi dai caschi blu.
E il conflitto non ha risparmiato neanche gli ospedali, dall'inizio dell'anno sei sono stati saccheggiati o bruciati e almeno 58 persone uccise al loro interno. Il rapporto di Medici senza frontiere del Sud Sudan traccia un bilancio drammatico che vede nella violenza nelle strutture ospedaliere la negazione dell'assistenza medica a molte delle persone più vulnerabili del paese.
Sud Sudan, guerra e prostituzione minorile.
Prostitute minorenni davanti ad un bordello di Juba |
Susanna, è orfana. Anche lei ha solo 14 anni. Dice che solo con la prostituzione non ce la fa a vivere. "Sono piccola, non posso prendere più di tre clienti al giorno, ma anche così mi stanco e talvolta non posso lavorare per diversi giorni".
Si calcola che cinquecento ragazze dei tremila tra bambini e adolescenti che vivono in strada a Juba, siano vittime del mercato della prostituzione. Confident Children out of Conflict (CCC) e l'ambasciata francese hanno seguito da vicino 559 ragazze e il 31% tra esse è vittima del mercato del sesso.
La guerra è anche questo, uccide dapprima i genitori, i familiari, e poi si viene derubati della propria infanzia, della propria giovinezza, delle speranze, dei sogni. Poi invece di un fucile, ti uccide l'AIDS.
Spesso gli sfollati perdono il contatto con i propri familiari, dunque viene a mancare il ruolo della famiglia tradizionale che protegge il minore, che viene lasciato solo e badare a se stesso in tutti i sensi, e specialmente le ragazzine sole sono ad alto rischio prostituzione.
Prima che scoppiasse la guerra civile le prostitute erano quasi tutte straniere, provenivano dal Kenya, dalla Repubblica Democratica del Congo, dall'Uganda, ma poi sono scappate, e sono state sostituite dalle varie Maria e Susanna, e da altre centinaia di ragazze che ora lavorano al mercato di Gumb e Jahel.
I clienti non mancano. A Juba ci sono molti soldati sin dall'inizio del conflitto. Le ragazzine pagano da 5 a 10 dollari (al giorno) per una camera in un bordello. Guadagnano appena abbastanza per pagare l'affitto e comprare il necessario per vivere, calcolando che una buona parte del guadagno viene speso in profilattici. Ma anche con il profilattico l'incidenza di rimanere siero-positive è altissimo.
Un "bordello" rende bene, al suo gestore. Più o meno 2.000 dollari al mese. Niente male se si paragona al reddito medio pro-capite del Sud Sudan (circa 800 dollari). Purtroppo però i proprietari non vengono perseguiti dalla legge. Anzi, la polizia non fa nulla. Al massimo fermano le ragazze e se vengono trovate in possesso di profilattici, segno evidente di prostituzione, le arrestano per poi ricattarle o violentarle.
I poliziotti sono capaci di violentare ragazzine adolescenti e magari chiedere 100-150 dollari in cambio della libertà.
In Sud Sudan ci sono molti a portare l'uniforme, ma spesso non non appartengono a nessun ente ufficiale. Sta di fatto che, anche a causa del conflitto in atto, nessuna inchiesta è stata aperta contro i poliziotti corrotti e contro la prostituzione minorile.
Ma ci sono anche le reclutatrici. Molte donne vanno alla ricerca di ragazze nelle province sperdute. Promettono ai familiari di prendersi cura delle loro figlie, di trovar loro un lavoro. Ma invece, una volta nelle loro mani, le avviano alla prostituzione e le riducono i schiavitù.
Orrori senza fine su cui il mondo si ostina a non alzare lo sguardo.
Campagne di Sensibilizzazione di Foundation for Africa "Guerre Dimenticate"
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