La trasformazione della modalità di assoggettamento delle vittime nigeriane di tratta a scopo di sfruttamento sessuale
Parlare della tratta nigeriana degli esseri umani per sfruttamento sessuale è come aprire una matrioska composta da una quantità di pezzi non prevedibili. Ogni argomento ne svela un altro, di uguale importanza e altrettanto curioso, ma anche angosciante. Proveremo a raccontare aspetti particolari della tratta, che suscitano interrogativi cui è molto difficile rispondere.
I nodi attorno a cui ruotano le questioni centrali della tratta sono principalmente due. Dal punto di vista della vittima, ovvero della ragazza, è il giuramento, che viene chiamato JuJu, woodoo. Questo consiste nel rituale che la legherà alla mamam, la persona a cui lei dovrà consegnare il denaro ricavato dai clienti, mentre sarà costretta a prostituirsi in Italia (o più in generale in Europa). Dal punto di vista delle o dei trafficanti a ogni livello, è quello dei soldi, della ricchezza che deriva dallo sfruttamento, e del conseguente prestigio sociale.
Interrogativi e risposte ruotano intorno a tutto questo, e tutto ciò ha componenti culturali, perfino mistiche, economiche, logistiche, politiche. Ebbene sì anche politiche, che sono fortemente impattanti sia a livello locale che internazionale.
Partiamo dalla Nigeria, passando in Libia per poi attraversare il Mediterraneo e arrivare in Italia, per guardare alla Germania, alla Francia e ancora più su, all’Unione Europea fino ai trattati internazionali.
Cosa è accaduto dopo l’intervento dell’Oba di Benin City del marzo 2018
L’Oba King è la massima autorità della religione animista in Nigeria. In ogni regione, in ogni Stato della Nigeria questo sistema religioso ha un suo rappresentante, che assume nomi diversi a seconda delle aree in cui è insediato. Qui parliamo dell’Oba di Benin City. Il 9 marzo 2018 questi ha maledetto i rituali "JuJu" effettuato da sacerdoti "compiacenti", e allo scopo di assoggettare le ragazze vittime di tratta, emettendo un editto con lo scopo di annullare tutti gli effetti, passati, presenti e futuri, del potere vincolante del rito woodoo. Le intenzioni dell’Oba di Benin City erano quelle di cercare di rompere il legame superstizioso tra la sfruttatrice e la sua vittima, e di liberare le ragazze dal loro debito e di tutte le altre promesse.
“Quando ho sentito l’editto dell’Oba, ho pensato che Dio era venuto a risolvere i nostri problemi, che le ragazze non sarebbero più partite”, racconta Cynthia Aigbe, ex-vittima di tratta, “Ma le lacrime delle ragazze che accogliamo oggi nei nostri centri ci fanno capire che non è servito a niente”.
La maggior parte delle ragazze nigeriane vittime della tratta viene dallo Stato di Edo il cui capoluogo è proprio la città di Benin City, per cui il fatto che l’Oba di Benin City abbia emanato un tale editto è stato un fatto simbolico molto importante, perché significa che in fondo vi è la consapevolezza del problema dello sfruttamento sessuale. Senza dubbio alcune ragazze si sono sentite liberate, e una sfilza di mamam, nell'immediatezza del fatto, si sono spaventate e sono andate a confessare i loro peccati chiedendo perdono per non cadere nell’anatema. Ma a distanza di quattro anni, molte ragazze nemmeno sanno di quell'editto, e che i rituali JuJu sono stati maledetti dall'Oba in persona (e i trafficanti certamente sono ben felici di questa ignoranza). E ciò è dimostrato dalle molte interviste fatte a ragazze nigeriane da parte delle mediatrici culturali, e quando glielo dicono molto spesso tendono a non credere che l'Oba in persona abbia cancellato gli effetti dello JuJu, o che sia impossibile cancellarli perché "Mami Wata" è una dea (loa delle acque nella cultura woodoo) molto più potente dell'Oba che, anche se molto influente, alla fine è solo un uomo.
Però questo non è stato sufficiente a fermare il fenomeno, anzi, in alcuni casi lo ha addirittura peggiorato. Non è bastato perché l’editto ha coperto una porzione di territorio piccolissima. Lo ha peggiorato perché ha allargato il reclutamento di ragazze al di fuori della porzione di territorio protetta dall’editto. Le trafficanti sono andate a cercare le ragazze altrove, aprendo nuovi “mercati” e nuovi luoghi dove svolgere i rituali. Le rappresaglie contro le famiglie delle ragazze liberate sono state violentissime.
Alcune trafficanti (mamam) non hanno accettato l’editto, altre hanno dapprima liberato le ragazze, ma poi si sono rese conto che non sarebbe successo niente di apocalittico. In fin dei conti nessuna di loro era morta o aveva subito conseguenze gravi per aver infranto l’editto. Quindi hanno ricominciato richiamando le ragazze liberate con un meccanismo di assoggettamento ancora più violento.
L’impatto del discorso dell’Oba è durato poco. “Le ragazze sono tornate sotto pressione. Lo sono sempre, anche mentre fanno parte di un progetto che in Italia le protegge. Gli uomini della tratta sono sempre lì intorno, le minacciano, a volte le rapiscono. Quando le ragazze riescono a scappare, a volte arrivano allo sportello e ci raccontano tutte queste cose”. L’aspetto mistico del woodoo è un elemento centrale di coercizione nella conservazione del legame tra la mamam e le vittime. E su questo si sono appoggiate ancora una volta per ristabilire il legame di sottomissione.
L’Oba di Benin City, che non ha un’autorità superiore a quella del governo, ovvero non è un'autorità politica ma solo religiosa, ha cercato di salvare la sua città e il suo popolo, ma con il suo editto ha voluto anche dare un segnale di carattere politico, al governo dello Stato dell’Edo, affinché fossero rinforzate le misure di contrasto al traffico di esseri umani. Oggi, in Nigeria si cercano altri modi per dissolvere questo legame spirituale con il JuJu, ad esempio utilizzando la fede in Dio (cristianesimo), alla ricerca della luce per uscire dalle tenebre. Le ragazze nigeriane vittime di tratta sono quasi tutte cristiane, per lo più della Chiesa Pentecostale, ma le tradizioni e riti "degli antichi" hanno ancora una valenza spirituale molto profonda.
Quello delle ragazze nigeriane è un chiaro esempio di "sincretismo religioso", ovvero la mescolanza di culti tra diverse religioni. Se è vero che le ragazze nigeriane vittime di tratta sono "cristiane" è anche vero che come in moltissimi africani sub-sahariani, costretti ad abbracciare la religione dei missionari e dei colonizzatori europei, c'è ancora una fortissima valenza spirituale nelle religioni tradizionali. E l'antico regno del Benin, Nigeria meridionale, il regno di Danxomé (oggi Stato del Benin) sono proprio i luoghi dove la religione animista ha avuto origine (circa 6.000 anni prima di Cristo), dove è cresciuta, si è sviluppata, si è profondamente ancorata nello spirito e nell'anima di quei popoli.
Il ruolo crescente dei "Cults", ovvero della mafia nigeriana, nel sistema della tratta e altre componenti maschili nel meccanismo di assoggettamento.
Il fenomeno dei Cults in Nigeria esiste da molto tempo, ma si è rafforzato negli ultimi anni. Si tratta di confraternite nate in ambito universitario in Nigeria negli anni '70 dopo la guerra del Biafra, e che poi sono uscite dalle Università diventando sempre più più influenti in campo politico e sociale, fino ad uscire dai confini della Nigeria. Sono composte da giovani uomini armati, implicati in molti casi di atti violenti e di crimini. Le stesse mamam chiedono la loro protezione, e spesso loro stesse affiliate, per intimorire, molestare o uccidere ed è qui che rientra in gioco il legame con la tratta e gli altri aspetti della criminalità. Le uccisioni, coperte da aspetti rituali, sono un macabro aspetto ricorrente in queste confraternite: gli omicidi sono attuati anche per il traffico di organi umani, oltre che per rese di conti, per estorsioni di denaro, e persino per scopi politici. Non è ben chiaro cosa facciano esattamente e per conto di chi.
Il contesto socio-culturale nigeriano favorisce la proliferazione di culti religiosi. L’impunità, le difficoltà nell’apparato di sicurezza nigeriano alimentano il potere dei Cults; questi si sostituiscono allo Stato nella gestione privata della “giustizia”. In generale, lo Stato ha pochi strumenti per contrastare questo fenomeno, e i membri delle confraternite, che si appoggiano anche loro su un giuramento di omertà, in caso di arresto non parleranno mai della struttura della confraternita. La corruzione della polizia, e l’implicazione degli stessi membri delle forze dell’ordine all’interno dei Cults non facilitano di certo il cambiamento.
Il legame tra la tratta e i Cults è facilmente intuibile. La tratta degli esseri umani è un aspetto economico, le mamam cercano metodi di coercizione e assoggettamento e in queste gang armate possono trovare le persone disposte a tutto, per denaro, mettendo in pratica le minacce evocate durante i giuramenti JuJu. Il clima di violenza, il terrore viene esercitato per intimidire, estorcere informazioni, ottenere obbedienza. Le mamam si servono degli affiliati per minacciare le famiglie delle ragazze in Nigeria, quando e se cercano di smettere con la prostituzione e di scappare. La famiglia sa che, se subisce attacchi e intimidazioni, c’è dietro la violazione di un giuramento, e si sente costretta a sua volta ad aggiungere ulteriore pressione sulla ragazza (che si trova in Italia) affinché rientri nei ranghi e torni ad obbedire alla sua mamam.
Diversi personaggi appartenenti alla mafia nigeriana sono presenti ovunque, hanno compiti diversificati, agiscono in Nigeria (per reclutare ragazze), in Libia (per proteggere l'investimento delle varie mamam), e poi sono presenti soprattutto in Italia. Sono sparsi sul percorso migratorio (per facilitare l'attraversamento dei confini e per organizzare luoghi di rifugio temporaneo), rafforzando la rete di trafficanti nei diversi punti di contatto. Secondo una testimonianza, sono stati i cultisti nigeriani a insegnare ai libici come guadagnare sfruttando la precarietà dei percorsi migratori. Sarebbero loro ad aver insegnato ai libici come torturare e organizzare le vittime. L’ampiezza di questo fenomeno sfugge alle statistiche perché i reati dei membri delle confraternite non vengono denunciati dalle famiglie, se non in casi rarissimi.
Alcune mamam fanno in modo che un fratello, o un conoscente stretto, viaggi insieme alle ragazze dalla Nigeria all’Europa. Questo ci permette di parlare di un’altra figura maschile determinante nel mondo della migrazione delle ragazze nigeriane: il boyfriend.
Ci sono dei ragazzi che, su ordine della mamam, fanno innamorare le ragazze, promettendo loro una vita migliore in cambio della fedeltà. In questo modo, sfruttando il sentimento e l’innamoramento, manipolano la ragazza e la spingono a rimanere nella prostituzione, a richiedere l’asilo e, una volta ottenuto a sposarsi cosicché venga loro garantito il permesso di soggiorno. Durante il viaggio l’uomo impone alla donna di recitare un finto matrimonio per essere collocati insieme una volta arrivati nel “campo” (per migranti in Italia). È un meccanismo di controllo della vittima perché quando scoprirà il proprio destino e comincerà a prostituirsi non potrà più allontanarsi, perché l’aguzzino farà leva sullo JuJu. La mamam è sempre lì dietro, a gestire le marionette della sua rete. A volte questa stessa manipolazione da parte del boyfriend viene utilizzata per “rubare” la ragazza alla mamam, per esempio con un finto salvataggio, per poi sfruttarla ancora e tenerla sotto il ricatto di riportarla alla mamam. Questi boyfriend a volte sono membri attivi dei Cults, e sono temuti per la crudeltà e la violenza dei loro atti.
Alle volte le ragazze nigeriane non si rendono nemmeno conto che è esattamente una delle peggiori specie di violenza quella che subiscono. In Nigeria non c’è un’educazione contro la violenza in genere, e ancora di meno un'educazione contro la violenza sessuale. E qui interviene un fattore culturale: lo scambio dono-contro-dono, che si pone alla alla base delle dinamiche sociali. Quando una ragazza è stata “salvata” da un boyfriend, si dedicherà totalmente a lui. Se lui non vede opportunità di riuscita per sé in Italia, le proporrà di partire per la Francia o la Germania promettendole ancora di più. Ma la ragazza resterà sempre nella rete del trafficking, perché non si rende conto di essere manipolata, o se anche se ne rendesse conto, le tocca obbedire, tornare alla prostituzione, cercare di ricambiare l’aiuto ricevuto per “dovere”.
Il persistente ruolo della famiglia e la marginalizzazione della donna nell’ordinamento giuridico nigeriano.
Il contesto sociale nigeriano è poroso e fragile. C’è una vulnerabilità socio-giuridica della donna che fa sì che la sua opinione, la sua parola, conti drasticamente meno che quella di un uomo. È una società maschilista e gerarchica che si serve di costrutti ideologici e mentali per influenzare le ragazze, che facilmente diventeranno vittime della tratta. Lo spazio lasciato alle donne per decidere per sé è molto ridotto, e il governo è restio a adottare politiche che lo allarghino. Nonostante la famiglia sia l’istituzione fondamentale su cui ciascuno si appoggia e a cui ciascuno contribuisce per garantirsi la sopravvivenza, una donna, per esempio, non può ereditare dal padre o dal marito (motivo anche questo di vulnerabilità che spinge delle ragazze a prostituirsi per mantenere madri, figli, fratelli, ecc..).
Le ragazze sfruttate per la prostituzione in Europa provengono da famiglie povere e molto vulnerabili. I trafficanti, quando adocchiano una vittima, si mobilitano innanzitutto per ottenere la fiducia della famiglia. La richiesta di ottenere la disponibilità di una ragazza è fatta passare come una proposta di aiuto alla famiglia, per farla uscire dalla povertà. La famiglia viene dunque coinvolta, e la madre o la zia accompagnano la ragazza al tempio.
Quando la ragazza realizza che l’oggetto del patto è la prostituzione, il giuramento, il viaggio, e si vuole opporre, entra in gioco ancora un altro aspetto. La mamam invia i suoi scagnozzi a minacciare i membri della famiglia di ripercussioni nel caso la ragazza non si piegasse alla sua volontà. Al telefono, dalla Nigeria all’Italia, i genitori spesso sono costretti a riportare la ragazza ribelle alla sua responsabilità nei confronti dei suoi fratelli, e nei confronti del fatto che deve occuparsi del benessere del nucleo familiare. Allo stesso tempo, la mamam le ricorda il giuramento. Le minacce fanno leva sull’emotività: i primi mesi in Italia sono per le ragazze un periodo durissimo.
Durante i mesi di sfruttamento la famiglia riceve 50 o 100 euro ogni tanto. La condizione economica migliora un po’ con quella cifra, ma la conseguenza è che la ragazza continua a essere spinta verso la prostituzione per non perdere il benessere ottenuto.
“Le famiglie non si mettono nei panni delle ragazze. Non è la loro dignità ad essere stata violata. Le dicono “altre ce l’hanno fatta”. Loro vedono solo i soldi che arrivano a casa ogni mese”.
Il ruolo della famiglia come fattore di assoggettamento è evidente anche in caso di rimpatrio. Che sia un ritorno “volontario” o forzato, il pericolo di re-trafficking, ovvero che la ragazza venga rimandata in Europa per essere nuovamente sfruttata nella prostituzione, è sempre presente. Le famiglie possono opporsi all’accoglienza della ragazza in uno Shelter (luoghi accoglienza per le ragazze che ritornano, dove si attiva un meccanismo di protezione e reinserimento sociale, previsto dalla legge e finanziato dall’Unione Europea). “Una ragazza con la testa dura, che non vuole piegarsi alla volontà della famiglia viene abbandonata e finisce per strada”. Il ritorno in Nigeria è vissuto come un fallimento sociale ed economico. La famiglia, coinvolta fin dall’inizio nella vendita della figlia, succube delle minacce o ormai abituata a ricevere soldi la forza a tornare in Europa. A questo punto, o la ragazza cerca la mamam, o viene trovata da lei e riparte.
Per evitare il re-trafficking, a livello europeo si sono svolte delle discussioni per fornire supporto al governo nigeriano nel processo di tutela delle ragazze espulse dai paesi membri e tornate in Nigeria. Purtroppo, l’intervento umanitario sponsorizzato dai paesi europei e delle Agenzie delle Nazioni Unite, teso a colmare l’assenza di azione da parte del governo nigeriano, ha un impatto marginale. In generale, l’interesse politico per contrastare la tratta è scarso e solo di facciata. Le risorse non sono molte, e la corruzione se ne appropria. L’apparato giuridico in Nigeria si mobilita per aprire inchieste, per cercare di capire e denunciare le mamam, e i loro complici, all’origine delle diverse reti di tratta, ma pochissime di queste inchieste portano a un qualsiasi risultato. Quelle poche, a volte diventano casi mediatici e quindi fonti di informazione.
È difficile riassumere in un semplice articolo la complessità, anche solo di alcuni aspetti, del fenomeno della tratta nigeriana degli esseri umani per sfruttamento sessuale. Per riprendere la metafora iniziale, ogni nuova matrioska svelata si ritrova sistematicamente ricoperta di altri misteri, e questo si riscontra soprattutto quando, intorno ad tavolo, si ritrovano per discutere di questi argomenti, operatrici e operatori sociali che in Italia hanno a che fare tutti i giorni che queste problematiche.
Sono brandelli di un argomento importantissimo, di un fenomeno criminale che è sempre stato sottovalutato, in Italia soprattutto, dove almeno la metà della popolazione maschile adulta ha avuto a che fare almeno una volta con una prostituta, e il 20% è un frequentatore abituale di prostitute. Nel 2018, ultimo dato disponibile, in Italia sono stati spesi 4 miliardi di euro nel mercato del sesso a pagamento (fonte ISTAT), soldi che finiscono nella mani degli sfruttatori. Per contrastare la tratta a scopo di sfruttamento sessuale è necessario capire che bisogna agire su due fronti, certamente contrastando il traffico di esseri umani, ma è necessario intervenire anche sui "clienti" che, consapevolmente o inconsapevolmente, alimentano lo sfruttamento delle ragazze nigeriane, che diventano vere e proprie schiave sessuali. L'Italia è, ad oggi, l'unica nazione in Europa che ancora non ha una legge organica sulla prostituzione.
A disposizione delle procure, della polizia e delle autorità che a vari livelli indagano su questo traffico, ci sono solo i reati di "sfruttamento della prostituzione" (Articolo 534 del Codice Penale), "induzione alla prostituzione" (Articolo 531 del Codice Penale). Ogni tanto capita, raramente per la verità, che venga contestato anche il reato di "riduzione o mantenimento in schiavitù" (Articolo 600 del Codice Penale). Nelle inchieste sullo sfruttamento della prostituzione e solo per i casi di valenza trans-nazionale a volte viene aggiunto il reato di "traffico di esseri umani" (Articolo 601 del Codice Penale). Tutti reati che sono difficilmente dimostrabili senza la collaborazione delle "vittime".
L'Italia è l'unico Paese europeo a NON avere, nel suo ordinamento giuridico, una legge organica sulla prostituzione