24 ottobre 2016

Immigrazione, dopo averla sfruttata per secoli ora l'Europa sbatte le porte in faccia all'Africa

Calais e la sua "giungla", Francia e Gran Bretagna, va in onda l'ipocrisia di questa Europa capace solo di innalzare muri e barriere.

Migranti, Francia e lo sgombero della Giungla di Calais. Centinaia di migranti con i loro pochi averi sono in coda davanti a un hangar fuori Calais per essere distribuiti altrove, mentre il governo di Parigi ha avviato lo sgombero del campo noto come la "giungla". I primi bus sono già partiti verso le destinazioni dei CAO, i campi di accoglienza e orientamento. A bordo, soprattutto sudanesi, il gruppo etnico più numeroso fra i primi che si sono presentati alle partenze. Ad ognuno è stata proposta la scelta fra due dei 450 centri di accoglienza pronti a riceverli su tutto il territorio francese.

Polizia in tenuta anti-sommossa controlla le operazioni, dopo che nella notte piccoli gruppi di migranti hanno dato fuoco ai bagni e lanciato pietre contro le forze di sicurezza per protestare contro lo sgombero. La questione più spinosa è costituita da coloro che non vorranno abbandonare il campo con il desiderio di attraversare il Canale della Manica.

Il governo francese ha programmato un importante dispiegamento di polizia, con il rinforzo di 2.000 agenti, per evitare che chi rimane di installi in altri campi di fortuna. Alcuni migranti si sono opposti agli spostamenti anche con la forza, gli agenti hanno utilizzato in questi scontri i gas lacrimogeni. Il "muro" di Calais pagato dagli inglesi e costruito dai francesi, il simbolo straziante e doloroso dell'ipocrisia europea.

Della "ipocrita" Francia, in primo luogo, che mentre ha ancora interessi economici pesantissimi nelle sue ex colonie dell'Africa Sub-Sahariana e permette la sopravvivenza di dittatori e despoti come Idriss Déby in Ciad (da 26 anni al potere), di Paul Biya in Camerun (da 34 anni al potere, una delle più longeve dittature dell'Africa), o in Gabon dove tutto è ancora francese perfino la moneta, il Franco CFA, che è ancora quella dell'epoca coloniale, e dove prospera la dinastia della famiglia Bongo che si tramandano il potere di padre in figlio fin dall'indipendenza. Francia che ha permesso a Blaise Campaoré, un assassino, di governare il Burkina Faso per ben 27 anni. E poi c'è il Togo, il Benin, da poco emancipato, il Mali e il Niger infiltrati oggi da bande di integralisti islamici e che sono il crocevia del traffico di migranti che si dirigono verso la Libia, e la Repubblica Centrafricana, dove i militari francesi in "missione di pace" stupravano le bambine ospiti nei campi profughi .. Questa è la Francia che oggi chiude le porte agli africani.

E poi c'è l'Inghilterra, oggi come allora, che si chiude nel suo splendido isolamento dopo aver depredato a destra e a manca mezzo mondo, e che oggi "ruba" il petrolio della mia Nigeria, i diamanti della Sierra Leone, della Namibia e del Sudafrica, il coltan della Repubblica Democratica del Congo, ecc..

Le ex-potenze coloniali hanno depredato l’intero continente africano. Ora si è aggiunta la Cina. Ecco perché milioni di persone rischiano la vita per attraversare il Mediterraneo

Da tempo l’Italia sollecita solidarietà in Europa per condividere l’onere dell’immigrazione. La richiesta, senza successo, è motivata da comunanza d’interessi di fronte a violenza e povertà in Africa. In effetti, l’esodo attraverso il Mediterraneo non è solo il risultato di miserie attuali. È conseguenza del più grande crimine nella storia dell’umanità: un delitto perpetrato a Londra, Parigi e Bruxelles, e che ora continua con il concorso di Pechino. Un crimine che ha causato, dice l’ex-capo Onu Kofi Annan, oltre 250 milioni di morti (neri). Per farsi un’idea, il doppio dei morti (bianchi) nelle due guerre mondiali. Storia e giustizia motivano la richiesta italiana, non solo solidarietà.

Una parola sintetizza la tragedia africana, sfruttamento. La razzia incessante delle risorse, umane, minerarie, agricole. Inizia nel XV secolo, quando i portoghesi mappano coste e sviluppano affari. Poi Spagna, Inghilterra e Francia trafficano spezie e, in maniera crescente, esseri umani. Per tre secoli gli europei non penetrano all'interno del continente, contano sugli arabi che assalgono i villaggi e organizzano interminabili carovane di prigionieri fino al mare, trasportati a oriente verso il Golfo e l’Asia, e a occidente verso le Americhe.

Schiavi tre su quattro .. Nel '600 tre africani su quattro sono intrappolati in una qualche forma di servitù. Inglesi e francesi si distinguono per un lucroso commercio triangolare, trasportano cargo umano nelle Americhe, dove usano le acque fredde del Nord per disinfettare navi purulente di sangue e infestazioni. Poi caricano zucchero, cotone e caffè che trasportano in Europa (a Liverpool e Nantes). Quindi riempiono le stive di manufatti, alcool, armi e polvere da sparo che barattano in Africa con altre vittime. La razzia accelera quando, come risultato della guerra di successione spagnola (i trattati di Utrecht del 1713), Londra ottiene il quasi monopolio del traffico di schiavi attraverso l’Atlantico. Il picco è raggiunto alla fine del ‘700 per un totale di 100 milioni di vittime (stima incerta, ma realistica).

All’inizio del ‘800 due mutamenti storici convergono. Dopo decenni di lotta, il movimento anti-schiavista prevale. Nel 1807 il Regno Unito decreta la fine del traffico internazionale di esseri umani, l’anno successivo aderiscono gli Usa. (Non è la fine della schiavitù, ma solo la fine del trasporto nell'Atlantico). Al contempo, e per recuperare reddito, inizia l’esplorazione del cuore dell’Africa. David Livingstone, H.M. Stanley e più avanti Richard Burton, mappano i fiumi del Congo, scoprono i grandi laghi e trovano le sorgenti del Nilo. Lo spirito d’avventura anima gli esploratori. La ricchezza delle risorse africane motiva i loro governi, afflitti da problemi economici, una lunga depressione in Francia e Germania (1873-96), un continuo disavanzo commerciale in Inghilterra. L’Africa è ritenuta la soluzione della crisi, grazie alle sue grandiose risorse: rame, diamanti, oro, stagno nel sottosuolo. Cotone, gomma, tè e cocco in superficie.

L'occupazione .. Entrano anche in gioco interessi individuali, anzi, personali. L’inglese Cecil Rhodes chiama Rhodesia (oggi Zimbabwe) il Paese del quale s’impossessa. Il re del Belgio Leopoldo II dichiara il Congo proprietà personale e passa dal furto delle risorse umane all'esproprio di quelle naturali. "Quando, dopo 200 anni, traffici umani, mutilazioni e mattanze terminano, inizia la razzia di avorio e caucciù", scrive Stephen Hoschchild, biografo di Leopoldo. In una storia di avidità e terrore, l'African Company (di proprietà del re) causa 10 milioni di morti ed espropria risorse per decine di miliardi attuali. Venti-trentamila elefanti sono abbattuti annualmente. E il Belgio emerge come il Paese più ricco in Europa .. E oggi il Belgio con la sua Bruxelles è la capitale di questa "ipocrisia" europea.

Inevitabilmente la corsa a derubare l’Africa diventa ragione di scontro tra le potenze coloniali. Intimorito, il kaiser Guglielmo II di Germania convoca la conferenza di Berlino (1884), durante la quale le potenze europee si spartiscono il continente africano. Un accordo che dura fino al 1914. La demarcazione dei confini coloniali decisa a Berlino violenta le realtà africane, racchiude etnie, religioni e lingue in confini artificiali, al solo fine di perpetuare il saccheggio delle risorse. In breve, i confini tracciati dagli europei allora pongono le basi per la violenza e la povertà di oggi.

La Seconda Guerra Mondiale .. Dopo la seconda guerra mondiale, all'inizio degli anni '60, l’Africa diventa indipendente, con risultati non meno devastanti. In vari Paesi il potere passa nelle mani della maggiore etnia, che raramente coincide con la maggioranza della gente, chi è fuori dal clan è oppresso, spesso "cancellato" fisicamente. Imitando gli ex-oppressori coloniali, i nuovi despoti gestiscono le risorse come proprietà personale. Rubano quanto possibile. Il resto finisce nelle tasche di amministratori corrotti, finanzia milizie a sostegno del potere e, soprattutto, compra la correità degli investitori esteri, inglesi, francesi e belgi. Nel primo mezzo secolo d’indipendenza africana gli interessi economico-finanziari europei (a volte americani) mantengono al potere dittatori sanguinari in nazioni artificiali. Rivolte e fame hanno un costo umanitario drammatico.

Una seconda liberazione si delinea dopo il 1990. Grandi despoti scompaiono, e con essi gli immensi patrimoni da loro saccheggiati. Il comunista Mengistu fugge dall'Etiopia, Mobutu muore in Congo, il nigeriano Abacha spira nelle braccia di una prostituta, questi due ultimi accusati di aver rubato almeno 5 miliardi di dollari a testa. Soldi impossibili da recuperare. L’Onu è risalito a parte dei fondi di Abacha in banche anglo-svizzere, che gli avvocati dei figli del dittatore hanno subito congelato. Inevitabilmente le risorse rubate ai cittadini africani finiscono con l’arricchire le banche di New York, Londra, Svizzera e Lussemburgo.

La "giungla" di Calais
La situazione oggi .. Oggi, a distanza di un quarto di secolo, furti e violenza continuano, dal Sudan di Al-Bashir (due milioni tra morti e rifugiati), al Congo (Repubblica Democratica) di Kabila (6 milioni di morti). Dal Zimbabwe di Mugabe, al Sud Africa di Zuma. In Guinea Equatoriale il presidente Obiang, al potere da 35 anni, nomina vice-presidente il figlio Mangue, un vizioso che colleziona auto di lusso, tra esse una Bugatti da 350 mila dollari che raggiunge i 300km/h in 12 sec. Il settimanale inglese The Economist elenca 7 Paesi africani su 48 come liberi e democratici: tra essi Botswana, Namibia, Senegal, Gambia e Benin. Altrove gli autocrati perpetuano il potere modificando la costituzione (in 18 Paesi), oppure ignorandola (Repubblica Democratica del Congo). Il vincitore "prende tutto", dice Paul Collier di Oxford, ruba per ripartire le spoglie con quanti l’aiutano a preservare il potere. Nulla sfugge al suo controllo, parlamento, banca centrale, commissione elettorale e media.

A tutt’oggi, i Paesi europei che erigono muri e fili spinati contro gli immigrati africani continuano a depredare le materie prime dell’Africa. Non solo oro e petrolio, disponibili altrove. Sono soprattutto i minerali rari che interessano, uranio, coltan, niobium, tantalum e casserite, necessari nell’elettronica dei cellulari e in missilistica. Allo sfruttamento ora partecipa attivamente anche la Cina, prediletta dai despoti africani perché non condiziona prestiti e investimenti a clausole per proteggere democrazia e ambiente. Insomma, una catena d’interessi stranieri mantiene il continente nella disperazione. Parlamenti e amministrazioni sono corrotti, strade, energia elettrica e ferrovie inesistenti.

Fuga verso l'occidente .. A questo punto la gente africana ha una misera scelta, morire di violenza e povertà in patria, oppure rischiare la vita nel Mediterraneo, in un esodo dalle dimensioni bibliche, decine di migliaia di persone negli ultimi mesi, decine di milioni negli anni a venire.

Papa Francesco (ipocrita esso stesso, preferisce la pax apostolica piuttosto che denunciare le atrocità dell'Islam, anche nei confronti dei cristiani) parla di carità. Il governo italiano di solidarietà. Certamente. Soprattutto il mondo riconosca che Londra, Parigi e Bruxelles hanno causato il dramma africano, derubando dignità e risorse a gente già povera. È tempo di risarcimento, com'è avvenuto dopo la prima guerra mondiale, dopo l’olocausto, e a seguito di disastri naturali.

Risarcimento in termini di assistenza allo sviluppo (per fermare la migrazione) e in termini d’integrazione (per assistere gli immigrati).

L’Italia, con le sue minime colpe coloniali, ha poco da risarcire e tanto da insegnare ai Paesi che ora erigono barriere contro le vittime della violenza europea

Conoscere il passato per capire il presente



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Articolo a cura di
Maris Davis

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