25 ottobre 2015

Che fine hanno fatto le studentesse nigeriane rapite dal "bastardo" Islam

Parlano i genitori delle ragazze sequestrate dagli islamisti. Dopo la campagna internazionale #BringBackOurGirls, tutti se ne sono dimenticati, nonostante dopo di loro più di duemila altre ragazze siano state rapite dal "bastardo" Islam.

Pur conoscendo la prigionia e le terribili sevizie a cui sono costrette le figlie, i loro padri sono ancora capaci di sperare. A raccontare la situazione in cui vivono le famiglie delle studentesse nigeriane di Chibok, rapite nell'aprile del 2014 dai terroristi islamici di Boko Haram, è stata Kristin Wright, presidente di Open Doors Usa. "Uno dei papà, quando gli è stato chiesto dove credi che sia tua figlia?, ha risposto: È nelle mani di Dio. Una certezza è condivisa da tutti i loro genitori".

Le minacce. Delle studentesse cristiane si sa ben poco, ma si ipotizza che siano state violentate, costrette a convertirsi all'Islam, date in moglie ai terroristi, diventate schiave sessuali.

Abigail John, 15 anni, scappata da Boko Haram dopo un mese di prigionia, aveva raccontato "Mi dicevano che le ragazze di Chibok avevano cominciato una nuova vita, imparando a combattere. Insistevano che anche noi saremmo dovute diventare come loro e accettare l’islam (…) si divertivano a raccontare come le frustavano e le picchiavano fino a quando non cedevano"

Una delle ultime testimonianze è di un’altra quindicenne, Victoria Yohanna, sfuggita ai miliziani che "sanno solo uccidere in nome di Allah" dopo essere stata rapita il gennaio scorso a Baga insieme ad altre 400 persone. "Ogni mattina prendevano gli ostaggi per educarli nella scuola islamica. Dicevano che il corano è la religione di Dio"

In continuo pericolo. Oggi quella zona resta in pericolo, continuamente minacciata da un nuovo attacco terroristico. Anzi "a Chibok le cose sono persino peggiorate"

Pensereste che con i riflettori puntati dai media la situazione in questa zona sarebbe migliorata, ma sfortunatamente il problema della sicurezza è ancora allarmante. Tanto che questi padri affrontano il pericolo ogni giorno, dovendo proteggere le loro famiglie.

Le difficoltà per raggiungere Chibok sono, infatti, enormi. E nonostante la campagna #BringBackOurGirls, lanciata dopo il rapimento, avesse fatto pensare che la situazione sarebbe cambiata, ora sono costantemente spaventati dal fatto che Boko Haram attacchi nuovamente.

"Queste famiglie, in molti casi, si sentono incredibilmente dimenticate dalla comunità internazionale"

Mi sconvolge il pensiero che questo "occidente" si sia mobilitato per i "pochi" morti di "Charlie Hebdo" ma che se ne sia "fregato" per i 5.000 morti (cinquemila) causati dal "bastardo" Islam solo in questo 2015 nella mia Nigeria.

Mi sconvolge il pensiero che questo "occidente" dopo essersi mobilitato per le 278 studentesse "cristiane" rapite a Chibok nell'aprile 2014, se ne sia "fregato" delle altre DUEMILA rapite dopo di loro.

Ma così è, questo "occidente" ipocrita che continua a costruire MOSCHEE per chi distrugge CHIESE nella mia Nigeria.

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18 ottobre 2015

Aumentato nel 2015 il numero di vittime di "tratta" arrivate via mare

Nei primi nove mesi del 2015 è aumentato in modo esponenziale il numero potenziale di vittime di tratta arrivate in Italia via mare rispetto all'anno precedente. Sono i dati forniti dall'OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni).

La Tratta di esseri umani è una delle forme di schiavitù moderna più diffusa del ventunesimo secolo, un reato odioso perché umilia donne e uomini riducendoli alla stregua di vere e proprie merci, "qualcosa" da cui trarre profitto con metodi sempre più crudeli. La tratta è un crimine transnazionale che sconvolge la vita di migliaia di persone ed è causa di inaudite sofferenze.

Dopo droga e armi è il traffico più lucrativo al mondo. Secondo le Nazione Unite muove un business da 32 miliardi di dollari all'anno.

Da qualche mese si osserva un incremento esponenziale di arrivi via mare di donne africane, provenienti in modo particolare dalla Nigeria. Molte di loro hanno caratteristiche e raccontano storie che fanno capire che ci troviamo in presenza di vittime di tratta. Desta preoccupazione in particolare dell’aumento delle ragazze minorenni, che spesso dichiarano di essere maggiorenni perché costrette dai loro trafficanti, che pensano cosi di riuscire a disporre di loro in maniera più libera.

Durante il viaggio dalla Nigeria, che può durare anche diversi mesi, prima attraverso il deserto e poi nei luoghi di raccolta della Libia, le ragazze subiscono abusi, violenze e umiliazioni di ogni genere. Alcune di loro vengono costrette a prostituirsi già nei luoghi di transito (Niger, Mali e Libia) per poter pagare i trafficanti che le faranno passare i vari confini e per poter attraversare il Sahara.

Delle ragazze che riescono ad arrivare in Italia si è notato che una su tre ha problemi psicologici gravi dovuti sia alle violenze subite e alle difficoltà trovate durante il viaggio, sia per l'impossibilità di potersi mettere in contatto con le proprie famiglie perché i trafficanti impediscono loro di avere cellulari, ed infine per il fatto di trovarsi in un paese straniero di cui non conoscono nulla e di cui non capiscono la lingua. Spesso la loro diffidenza anche verso i soccorritori le fanno rinchiudere in se stesse e nelle loro paure. Per queste ragazze il processo di recupero è sempre lungo e difficile.

Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno, le donne e le ragazze nigeriane arrivate via mare in Italia a fine settembre 2015 sono state 4.371. L’anno scorso, nello stesso periodo, erano state 1.008. Un incremento del 300%.

Si stima che l’80 per cento delle ragazze nigeriane siano vittime di tratta, molte di loro provengono dalla regione di Edo (Edo State, Benin City) dove vengono adescate e sottoposte a cerimonie woodoo, riti attraverso i quali viene loro imposto un ricatto psicologico, nella convinzione che qualsiasi tentativo di fuga o ribellione dai loro trafficanti causerà sventura e morte per propri familiari rimasti in Nigeria.

Alla luce di questa preoccupante situazione, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni presenta alcuni suggerimenti volti ad affrontare con rinnovata efficienza questo fenomeno in Italia:

  • Prevedere un rafforzamento della capacità di accoglienza delle vittime di tratta. In particolare di coloro che vengono individuate come tali già al momento dello sbarco. Questo passo consentirebbe di assicurare loro un’immediata protezione alle vittime e di poterle allontanare dagli sfruttatori, spesso a bordo degli stessi barconi. In tal senso sarebbe utile prevedere la creazione di luoghi protetti, delle "case di fuga", dedicate esclusivamente a questi casi.
  • Approvare urgentemente il Piano Nazionale anti-tratta che renderebbe operativa una protezione efficace delle vittime, che comprenda anche l’assistenza legale, psicologica e sanitaria. È particolarmente importante che aumenti anche il numero delle comunità disposte ad accogliere le migranti minorenni.
  • Uniformare l’applicazione del percorso sociale oltre che di quello giudiziario. La legislazione italiana è senz'altro una delle più avanzate in Europa in termini di tutela delle vittime di tratta, prevedendo la possibilità di offrire un periodo di riflessione. Alcune donne infatti non vogliono denunciare immediatamente i loro sfruttatori per paura di ritorsioni contro i loro familiari. Eppure, le ragazze che non denunciano immediatamente i loro sfruttatori hanno più difficoltà ad essere protette. Si tratterebbe quindi di rendere generalizzata l’applicazione di una norma già esistente nella vigente legge, pensata appunto per offrire protezione a tutte le vittime, a prescindere dalla denuncia dei responsabili del crimine.
"Necessario rafforzare il sistema di assistenza e accoglienza per le vittime di tratta e di schiavitù sessuale, le ragazze nigeriane che arrivano in Italia sono sempre più giovani e vulnerabili"

Numero Verde Antitratta
Numero Verde Antitratta nazionale 800 290 290
Dipartimento per le pari opportunità
attivo 24 ore su 24 su tutto il territorio nazionale

La tratta di esseri umani è una delle peggiori schiavitù del XXI secolo. E riguarda il mondo intero. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) e l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) circa 21 milioni di persone, spesso povere e vulnerabili, sono vittime di tratta a scopo di sfruttamento:
sessuale,
lavoro forzato,
espianto di organi,
accattonaggio forzato,
servitù domestica,
matrimonio forzato,
adozione illegale,
o altre forme di sfruttamento.
Ogni anno, circa 2,5 milioni di persone sono vittime di traffico di esseri umani e riduzione in schiavitù. Il 60 per cento sono donne e minori e quasi sempre subiscono abusi e violenze inaudite.
La tratta di esseri umani è una delle attività illegali più lucrative al mondo, rende complessivamente 32 miliardi di dollari l’anno ed è il terzo “business” più redditizio, dopo il traffico di droga e di armi.




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17 ottobre 2015

Risorse per pochi, briciole per troppi. Sfida "Fame Zero"

La Giornata Mondiale dell'Alimentazione (16 ottobre) quest'anno coincide con il tema dell'esposizione universale di Milano, Expo 2015 "Nutrire il pianeta. Energia per la vita". La sfida Fame Zero offre la visione di un mondo libero dalla fame, dove è possibile allo stesso tempo andare incontro alla crescente domanda di cibo e affrontare le nuove sfide ambientali.

"Risorse per pochi, briciole per troppi" .. Attualmente nel mondo la produzione alimentare globale sarebbe sufficiente a sfamare tutto il pianeta che si avvia, entro il 2030, ad arrivare a nove miliardi di abitanti, eppure due miliardi di persone non ha accesso al cibo in modo regolare, e 795 milioni sono coloro che soffrono di malnutrizione. Dall'altra parte, al contrario, una buona fetta di mondo "spreca" il cibo.

Il mercato mondiale del cibo nelle mani di 10 multinazionali. Secondo Oxfam International, una confederazione di 17 organizzazioni non governative che si batte per risolvere il problema della fame nel mondo, la gran parte dei prodotti che arriva negli scaffali dei supermercati di tutto il pianeta appartiene a 10 multinazionali: Associated British Foods (ABF), Coca-Cola, Danone, General Mills, Kellogg’s, Mars, Mondelez Internatonal (ex Kraft Foods), Nestlé, PepsiCo e Unilever. Sono queste dunque le Big 10, ovvero le 10 Grandi Sorelle che controllano tutta la filiera della produzione alimentare mondiale.

Dal punto di vista economico e del profitto che il sistema delle 10 Grandi Sorelle è impressionante. Si stima che le entrate complessive giornaliere siano superiori a 1,1 miliardi di dollari, con un giro d’affari di 7.000 miliardi, ovvero il 10% dell’economia globale. E tutto questo quando più di un quarto della popolazione mondiale non ha la possibilità di accedere ad una regolare e sufficiente alimentazione.

L'Expo Milano 2015 cade in un anno cruciale per le Nazioni Unite. Non solo si valuterà il raggiungimento degli OTTO Obiettivi di Sviluppo del Millennio (compreso il primo, quello di ridurre la povertà estrema e la fame), ma sarà lanciata anche una nuova agenda di sviluppo globale. Con il tema "Nutrire il pianeta. Energia per la vita", l’esposizione universale di Milano offre un’occasione eccezionale per confrontarsi e per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della sicurezza alimentare e della nutrizione, dello sviluppo rurale e dello sfruttamento sostenibile delle risorse naturali.

La Sfida non è stata pensata né come un programma né come un piano, ma come un invito all'azione. Sradicare la fame nel mondo è un obiettivo che riguarda tutte e tutti. Sono 795 milioni le persone che ancora oggi soffrono la fame.

Una persona su nove ogni sera va a dormire affamata e tra loro ci sono oltre 160 milioni di bambini con deficit di sviluppo. Bambini che non riusciranno mai a crescere ed imparare come i loro coetanei che sono stati nutriti correttamente nei primi, fondamentali, mille giorni di vita. È questo uno scandalo che a molti sembra destinato ad essere eterno e invece può e deve finire.

Quando si parla di fame, l'unico numero accettabile è zero. Per arrivare a questo traguardo la "Sfida Fame Zero" pone cinque obiettivi:
  1. Zero bambini con deficit di sviluppo sotto i due anni.
  2. 100% accesso a cibo adeguato, sempre.
  3. Tutti i sistemi alimentari sostenibili.
  4. 100% aumento della produttività e del reddito dei piccoli contadini.
  5. Zero perdite o sprechi di cibo.
Il tema delle donne e del ruolo fondamentale che esse giocano nella lotta alla fame e alla malnutrizione. In molti paesi, le donne rappresentano l'ossatura portante del settore agricolo e dei sistemi alimentari e sono la maggioranza della forza lavoro nel settore primario. Giocano anche un ruolo chiave nel garantire la sicurezza alimentare all'intera famiglia.

Quando le donne soffrono fame e malnutrizione, altrettanto le soffrono i loro bambini. Ogni anno oltre 19 milioni di bambini nascono sottopeso come conseguenza, spesso, di un'inadeguata nutrizione delle loro madri prima e durante la gravidanza.

Nonostante questo, circa il 60 per cento di chi soffre la fame cronica, nel mondo, è donna. Ciò è dovuto al fatto che spesso le donne non hanno pari accesso alle risorse, all'istruzione e alla creazione di reddito, oltre ad avere un ruolo minore nei processi decisionali.

La Sfida Fame Zero offre la visione di un mondo libero dalla fame, dove è possibile andare incontro alla crescente domanda di cibo e allo stesso tempo affrontare le nuove sfide ambientali. Questi obiettivi possono essere raggiunti nell'arco delle nostre vite solo se i governi, la società civile, i produttori, gli agricoltori e i consumatori si uniscono e lavorano insieme per un mondo sostenibile nel quale le risorse siano accessibili da tutti e siano usate efficientemente in ogni fase, dai campi alla tavola.

La Sfida Fame Zero consiste di cinque obiettivi. Un’attenzione particolare dovrà essere posta sui temi del ruolo delle donne e della parità di genere.

Obiettivo 1 .. Zero bambini con deficit di sviluppo sotto i due anni. Un bambino su quattro, complessivamente 165 milioni, soffre di malnutrizione cronica o di deficit di sviluppo. Un’alimentazione corretta dal punto di vista nutrizionale nei primi mille giorni di vita del bambino è di cruciale importanza per il suo corretto sviluppo e per evitare conseguenze sulle sue capacità fisiche, immunitarie e mentali, bisogna garantire alle madri e ai bambini accesso a del cibo nutriente.

È indispensabile inoltre fornire assistenza medica, acqua pulita, igiene, istruzione e interventi nutrizionali specifici, insieme a iniziative che assicurino alle donne il pieno controllo sulla loro vita e su quella dei loro figli.

Obiettivo 2 .. 100% accesso a cibo adeguato, sempre. Il primo degli otto Obiettivi del Millennio puntava a dimezzare (entro il 2015) la percentuale di popolazione che soffre la fame. Sono stati fatti molti progressi verso questo traguardo, ma il numero di persone "denutrite" è ancora troppo alto.

Per raggiungere l’obiettivo "Fame Zero" bisogna garantire accesso a del cibo adeguato e nutriente a tutte le persone, sempre, attraverso la promozione di un’agricoltura e di sistemi alimentari che forniscano tutti i nutrienti necessari. È inoltre importante stabilire corrette politiche di commercializzazione del cibo, garantire condizioni di lavoro adeguate e produttive, assistenza sociale e alimentare in casi specifici, aumento del cibo prodotto da agricoltori locali grazie a mercati aperti, equi e ben funzionanti e a politiche commerciali a livello locale, regionale e internazionale che evitino un’eccessiva volatilità dei prezzi delle derrate alimentari.

Obiettivo 3 .. Tutti i sistemi alimentari sono sostenibili. Un sistema alimentare è costituito dall'ambiente, dalle persone, dalle istituzioni e dai processi con cui le derrate agricole vengono prodotte, trasformate e portate ai consumatori. Ogni elemento del sistema alimentare produce un effetto sull'accessibilità e sulla disponibilità finale dei vari alimenti nutrienti e, quindi, sulla possibilità per i consumatori di adottare diete sane.

Per garantire accesso a del cibo sicuro e nutriente senza compromettere i bisogni delle generazioni future bisogna far sì che gli agricoltori, le industrie agroalimentari, le cooperative, i sindacati e la società civile adottino degli standard di sostenibilità. Bisogna incoraggiare la scelta di pratiche agricole che siano sostenibili e resistenti al cambiamento climatico. Bisogna raggiungere una coerenza nelle politiche trasversali (utilizzo del suolo, energia, acqua e climae garantire una gestione responsabile della terra, dei territori di pesca e delle foreste.

Obiettivo 4 .. 100% aumento della produttività e del reddito dei piccoli agricoltoriNel mondo ci sono 2,5 miliardi di piccolo agricoltori che producono oltre l’80% del cibo consumato nei paesi in via di sviluppo. La sussistenza di più di 1,2 miliardi di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno dipende dall'agricoltura.

Supportare i piccoli agricoltori produrrebbe effetti sia sulla povertà che sulla sicurezza alimentare. Gli investimenti in agricoltura sono cinque volte più efficaci nella riduzione della povertà che gli investimenti in ogni altro settore. Bisogna per questo incoraggiare misure per garantire un lavoro dignitoso e per aumentare il reddito dei piccoli proprietari terrieri.

Favorire l'autodeterminazione e il processo di crescita delle donne, dei piccoli agricoltori, dei pescatori, dei pastori, dei giovani, delle organizzazioni di agricoltori, delle popolazioni indigene e delle loro comunità.

È inoltre necessario migliorare la gestione dei terreni agricoli, l’accesso ai mezzi di produzione e alle risorse naturali, facendo in modo che tutti gli investimenti in agricoltura siano fatti in maniera responsabile e verificabile e sviluppare indicatori multidimensionali per valutare la capacità di riorganizzazione sociale e il benessere delle persone.

Obiettivo 5 .. Zero perdite o sprechi di cibo. Un terzo di tutta la produzione di cibo, pari a 1,3 miliardi di tonnellate, va sprecata o persa.

Nei paesi in via di sviluppo i parassiti, inadeguate strutture di immagazzinamento e cicli degli approvvigionamenti inefficienti sono le maggiori cause delle perdite di cibo. Nei paesi sviluppati si butta cibo nelle case, nei supermercati e nel settore della ristorazione. Tutto questo oltre a causare un gran spreco di cibo porta al rilascio di significanti quantità di gas serra.

Per centrare questo obiettivo bisogna ridurre al minimo le perdite durante l’immagazzinamento ed il trasporto e allo stesso tempo ridurre lo spreco di cibo nella grande distribuzione e da parte dei singoli consumatori. È necessario allo stesso tempo responsabilizzare la scelta dei consumatori attraverso un’adeguata etichettatura.

"Empowerment" delle donne e parità di genere. Nonostante, in tutto il mondo, le donne rivestano un ruolo chiave nelle attività agricole, di allevamento e di pesca, molte di esse non hanno, rispetto agli uomini, eguale accesso alla terra, ai servizi finanziari, all'istruzione, alla formazione, ai mercati, alle tecnologie e non possono prendere parte ai processi decisionali.

Favorire l’empowerment delle donne e la parità di genere è fondamentale per vincere la sfida "Fame Zero". Se le donne avessero parità d’accesso alle risorse produttive e agli investimenti e le stesse opportunità degli uomini, la produttività e il reddito familiare aumenterebbero significativamente così come la nutrizione e la salute di tutta la famiglia. I dati dimostrano che migliorare l’istruzione e il loro benessere generale può avere effetti molto positivi sulla loro condizione nutritiva e su quella dei loro bambini.

Africa e il fenomeno del "Land Grabbing". Grave nel continente africano il problema dello sfruttamento intensivo delle risorse agro-alimentari con l'accaparramento di terre (Land Grabbing) da parte di multinazionali straniere, lo sfruttamento e la distruzione di foreste. Un processo in atto dagli anni '80 che ha provocato e provoca gravi violazioni dei diritti umani ai danni delle popolazioni locali, come il mancato accesso al cibo e all'acqua potabile, e lo spostamento forzato di intere comunità in zone più disagiate.

Due terzi dei terreni e delle risorse naturali "accaparrati" in questi ultimi anni, si trovano in Africa e più in particolare nell'Africa Sub Sahariana. Immensi territori, sottratti spesso con la forza, destinati alla piccola agricoltura locale e all'allevamento, sono ora sottoposti alla produzione di mais, olio di palma, cotone e altre colture intensive destinate alla trasformazione industriale.

Questa pratica impedisce a milioni di persone il sostentamento familiare tradizionale che prima era basato sulla piccola produzione agricola, l'allevamento e la pesca.

Tutto questo succede nel continente della fame, che importa generi alimentari a caro prezzo, l’unico in cui denutrizione e malnutrizione continuano ad aumentare, come documentano ogni anno i rapporti della FAO e di altri istituti internazionali di ricerca.

La nostra speranza è che i buoni propositi che vengono espressi nella "Carta di Milano", del tema stesso di Expo 2015 "Nutrire il Pianeta", e che i cinque punti appena descritti della sfida "Uniti per un mondo sostenibile" che le Nazioni Unite stesse hanno come obiettivo per i prossimi anni siano davvero un faro per chi avrà la responsabilità di guidare il mondo verso l'obiettivo "Fame Zero".

Da parte nostra diciamo basta a
"Risorse per pochi e briciole per troppi"

Sfida Fame Zero
(Video)





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15 ottobre 2015

Thomas Sankara. Quel giorno uccisero la felicità

Il 15 ottobre 1987 fu un giorno triste per l'Africa. Ma, a pensarci bene forse lo fu per il mondo intero. Quel giorno infatti, alle 16.30 a Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, un piccolo e insignificante stato dell'Africa Centro-Occidentale, fu ucciso Thomas Sankara, che di quel paese era il Presidente dal 4 agosto 1983.

Thomas Sankara, per molti il "Che Guevara d'Africa", era un uomo semplice e forse proprio per l'apparente semplicità delle sue idee e dei suoi comportamenti divenne scomodo, tanto, troppo fino ad essere ucciso.

La sua semplicità stava nell'essere prima che un leader e un Presidente, un uomo di strada, che amava girare per il suo paese e che osservava quello che capitava, non dal vetro oscurato di un'auto di lusso, ma dalla sua bicicletta o dal vetro infangato di una vecchia Renault 6. I suoi pensieri erano talmente semplici, che furono e sono, ancora oggi, rivoluzionari.

Pensare che la politica non può essere fonte di privilegi, di arricchimento personale o di posizioni di potere per se, per la famiglia e per gli amici, appare quasi banale. Per lui era normale. Rinunciò alle auto di rappresentanza e agli autisti, rinunciò alle scorte e rispedì al mittente un aereo presidenziale donatogli dal Presidente francese.

Affermava che non si poteva essere la classe dirigente ricca di un paese povero. Dire che la felicità del proprio popolo è un dovere per chi lo governa, ed essa si ottiene certo con un piatto di riso per tutti e dell'acqua potabile, ma anche attraverso maggiori diritti, dignità e più tempo libero sembra scontato. Per lui fu un imperativo.

Pensare che le donne, oltre ad avere pari diritti, sono le veri interpreti di qualsiasi rivoluzione culturale e che ogni forma di violenza nei loro confronti è una sconfitta per l'Umanità è oggi un'affermazione quasi unanimemente accettata. Per lui fu un motivo che accompagnò i suoi anni di presidenza e che lo portò a scontrarsi con forza con antiche e complesse tradizioni.

Lottare affinché l'ambiente, la lotta alla desertificazione e la disponibilità di acqua potabile per tutti, non sia solo una chimera, ma il reale intento delle politiche pubbliche appare a tutti come una cosa auspicabile. Lui di questo fece la sua battaglia quotidiana.

Essere convinti che qualsiasi progresso non può prescindere da una diffusa educazione e formazione per tutti e che la conoscenza sia il motore dello sviluppo appare oggi scontato anche quando non è applicato. Per Sankara la lotta all'analfabetismo e l'emancipazione del suo popolo rappresentava quasi una ossessione.

La rivoluzione di Sankara, le sue idee e i suoi comportamenti affondavano le radici proprio in quel quotidiano e diffuso sentire che appartiene agli uomini che non devono mettere in mostra il proprio potere, ma fanno delle idee, della partecipazione e appunto della semplicità il loro massimo punto di forza.

La stessa semplice logica che portò Sankara ad un aspro contrasto con le grandi potenze, con le Istituzioni Internazionali e con coloro i quali avevano ideato forme di dipendenza economica nei paesi che fino a poco prima erano semplicemente colonie.

La sua lotta lo portò a criticare aspramente le politiche economiche della Banca Mondiale, del Fondo Monetario e delle Agenzie mettendosi a capo di uno sparuto gruppo di paesi "poveri" (e socialisti) che volevano rinegoziare, quando non pagare, il debito pubblico accumulato attraverso forme di ricatto e di politiche scellerate indotte da altri, e in questo fu memorabile il suo "discorso sul debito" alle Nazioni Unite del 4 ottobre 1984 - guarda il video -

Questo era troppoFu facile poi trovare nella cerchia degli amici più stretti il "giuda" che fece premere il grilletto e pose fine alla giovane vita di Thomas. Quel traditore ha governato fino al 2014 - leggi -

Chi è stato Thomas Sankara


Quel giorno fu uccisa un'idea. Ma, quelle idee, nonostante tutto, non muoiono mai
"Le idee non si possono uccidere"



Il sole rosso della stagione delle piogge scende lentamente dietro le palme del complesso detto "l'Intese" a Ouagadougou. Dietro le barriere, un pugno di case bianche, un salone delle conferenze di cemento armato e vetro.

Giovedì 15 ottobre 1987, ore 16 e trenta, una colonna di piccole auto Renault 6 nere, lascia la strada asfaltata, svolta sulla pista di terra rossa, entra nel recinto. Nella sala deve iniziare la sezione straordinaria del Consiglio Nazionale delle rivoluzione del Burkina. I sicari sono appostati nelle prime case, vicino alla barriera d'entrata e nei cespugli che costeggiano il sentiero.

Una granata dilania l'auto di testa. Paulin Bamoumi, addetto stampa della presidenza, Frederic Ziembie, consigliere giuridico, sono uccisi sul colpo. Thomas Sankara e nove guardie riescono a rifugiarsi nel padiglione più vicino. Appiattiti a terra nel corridoio reagiscono. Ma il padiglione è accerchiato.

Una granata viene buttata all'interno. Sankara, ferito dice: "È inutile. Vogliono me". Si alza. È sereno. Si dirige verso la porta. Una raffica di kalashnikov crivella il suo corpo. I sicari assaltano il padiglione e sparano su tutto ciò che vive. Per molti dei colpiti l'agonia è lunga. Sankara agonizza per più di quaranta minuti nella polvere rossa del sentiero. Il suo sangue si mescola alla terra.

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28 anni aperto il processo per far luce sull'assassinio di Thomas
Sankara
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Oggi il Bukina Faso attraversa una transizione politica molto delicata che tutti sperano porti alla piena democrazia. È uno dei paesi più poveri del mondo. Lo scorso anno, proprio in ottobre, una rivolta popolare costrinse alla fuga quello che è sempre stato considerato il vero assassino di Sankara, ovvero Blaise Campaoré, un dittatore al soldo degli ex-colonizzatori francesi, e che ha consegnato il paese alle multinazionali occidentali, in campo agricolo e minerario.

Dopo l'allontanamento di Campaoré i militari hanno di nuovo tentato di riprensersi il potere. Nell'estate del 2015 un tentativo cruento, un vero e proprio colpo di stato che avrebbe voluto ripristinare il regime dittatoriale di Blaise Campaoré (attualmente in esilio, ospite di riguardo della Costa d'Avorio). Per fortuna quel tentativo è fallito, e ha vinto di nuovo la voglia di auto-determinazione, di riscatto e di libertà del popolo del Burkina Faso - leggi -

Recentemente è stata approvata da tutte le forze politiche in campo una nuova costituzione che porterà molto presto ad un governo democratico, nello spirito di Thomas Sankara a 28 anni dal suo assassinio.


Dal 29 novembre 2015 Roch Marc Christian Kaboré è il nuovo presidente del Burkina Faso, il primo eletto democraticamente in tutta la storia del Paese, e già questo è un evento straordinario, ma è anche un'ex-delfino del deposto dittatore Blaise Campaoré, di cui fu anche "primo ministro" (1994-1996) in uno dei suoi governi - leggi tutto -

Nel gennaio 2016 è stato emesso un mandato di cattura internazionale contro Blaise Campaoré proprio per l'assassinio di Thomas Sankara avvenuto quel 15 ottobre 1987. L'ex dittatore del Burkina Faso è però protetto dalla Costa d'Avorio che le ha concesso l'asilo politico con il bene-placito della Francia, la quale ebbe responsabilità gravissime nei fatti di quel 15 ottobre 1987.



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12 ottobre 2015

Giornata Internazionale delle Bambine e delle Adolescenti

"Per il mondo, l'opinione pubblica internazionale e perfino per la maggior parte delle organizzazioni umanitarie internazionali le adolescenti e le bambine sono quasi scomparse. Non avere investito in politiche e programmi su misura per loro, le ha rese quasi invisibili"
La Giornata Internazionale delle Bambine e delle Adolescenti fu istituita dall'ONU nel 2011 e si ricorda ogni anno l'11 ottobre, viene dedicata al ruolo fondamentale che deve essere riconosciuto alle adolescenti (10-19 anni) nella nuova strategia globale per lo sviluppo umano così come definita dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) approvati poche settimane fa dalla comunità internazionale.

I numeri della discriminazione. Nel mondo oggi sono quasi 600 milioni le adolescenti tra 10 e 19 anni, con potenzialità illimitate che spesso non possono trovare espressione a causa della discriminazione di genere e della carenza di investimenti nelle politiche sociali mirate ai loro specifici bisogni.

A testimoniarlo sono alcuni dati esemplari. Si stima che una ragazza su 10, sotto i 20 anni, ha subito qualche forma di abuso sessuale. Ben 84 milioni di adolescenti sposate o vincolate da un'unione formalizzata, subiscono violenza nell'intimità dal proprio partner.

I matrimoni precoci rappresentano una grave minaccia per i diritti di queste giovanissime ragazze. Nel 2012, il 17% delle donne dichiarava di essersi sposata prima dei 19 anni. Se questa pratica non verrà contrastata efficacemente nei prossimi anni, le "spose bambine" nel mondo saranno 16,5 milioni nel 2030 e oltre 18 milioni nel 2050. Attualmente esse sono circa 15 milioni.

La penalizzazione delle ragazze emerge anche dai dati riguardanti l'HIV-AIDS. Sebbene la sindrome negli ultimi anni sia entrata in fase recessiva, le giovanissime continuano a rimanere ai margini di questo progresso. Nel mondo in via di sviluppo, un'adolescente tra 15 e 19 anni ha da due a tre volte maggiori probabilità di contrarre l'HIV rispetto a un coetaneo maschio.

Fra le giovani provenienti dalle famiglie più povere, solo il 17% hanno una conoscenza dell'HIV sufficiente per prevenire il contagio.

Ogni anno 3 milioni di bambine e adolescenti subiscono forme di mutilazione genitale femminile.

L'istruzione è universalmente riconosciuta come la strategia più efficace per rompere il ciclo della povertà e della negazione dei diritti. È dunque fonte di grave preoccupazione che fra gli analfabeti di età compresa tra 15 e 24 anni, nel mondo, il 56% siano ragazze. L'UNESCO calcola che, se non vi saranno accelerazioni nei progressi in corso, l'accesso universale delle bambine alla scuola primaria non avverrà prima del 2086!

Complessivamente, meno del 2% dei fondi per la cooperazione internazionale allo sviluppo sono dedicati a programmi mirati a migliorare la condizione delle bambine e delle adolescenti.

La scuola, chiave per lo sviluppo. Tuttavia, le nuove generazioni femminili hanno un immenso potenziale.

Si stima che oltre metà dello straordinario progresso nella riduzione della mortalità infantile, più che dimezzata dal 1990 a oggi, sia da attribuire all'aumento nel numero medio di anni di scuola completati dalle bambine e dalle ragazze.

Se tutte le bambine completassero il ciclo dell'istruzione primaria, la mortalità materna calerebbe del 66%, salvando la vita di 189.000 donne ogni anno.

Se tutte le ragazze completassero l'istruzione secondaria, il tasso di mortalità infantile nei paesi a medio e basso reddito calerebbe di ben il 49% e i tassi di malnutrizione cronica segnerebbero una riduzione del 26%. A loro volta, l'incidenza dei matrimoni precoci sarebbe ridotta di due terzi (-64%).

Investire nelle adolescenti è uno dei modi migliori per garantire un futuro più sostenibile. E a beneficiarne sarebbero non solo le stesse protagoniste, ma l'intera società.

Se infatti si calcola che gli uomini reinvestono all'interno della famiglia e della comunità circa il 30-40% del loro reddito da lavoro, questa quota sale al 90% quando a lavorare sono le donne.
(Fonte dati UNICEF)


A partire dal 2011, ogni 11 ottobre si celebra la Giornata Internazionale delle bambine e delle ragazze
(International Day of the Girl)



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