06 aprile 2014

Il Rwanda a venti anni dal genocidio. Don't forget it

Giovanni Paolo II fu il primo capo di Stato ad usare la parola "genocidio" in maniera pubblica. Un genocidio che si consumò sotto gli occhi "indifferenti" del mondo. Le stesse Nazioni Unite non si resero subito conto di quello che stava accadendo esattamente in quei tre mesi d'inferno in Rwanda.

A venti anni dal conflitto tra Hutu e Tutsi che provocò oltre un milione di morti, un settimo della popolazione ruandese di allora, il paese africano fa ancora i conti con la sua storia.

Era il 6 aprile del 1994, quando l'aereo dell'allora presidente in carica del Rwanda, Juvenal Habyarimana fu abbattuto a Kigali da estremisti del suo stesso partito. Troppe e inaccettabili le concessioni fatte agli odiati tutsi del Rwandese Patriotic Front (RPF) nei colloqui del mese di agosto 1993 in Tanzania, ovvero gli accordi di Arusha siglati il 4 agosto 1993 e che avrebbero dovuto sancire la fine di 4 anni di guerra civile (Guerra Civile Ruandese 1990-1993).

La morte del presidente ruandese fu invece il pretesto per scatenare gli "squadroni della morte" di etnia hutu, spronati ad accelerare i massacri dalla stessa radio nazionale e dalle truppe regolari ruandesi. In soli 100 giorni, almeno un milione di persone furono massacrate e il macete fu l'arma prevalente per uccidere. Più di 250.000 donne e ragazze furono stuprate, moltissime di loro uccise subito dopo.

Quegli scontri etnici tra hutu e tutsi sono passati alla storia come uno dei più terribili esempi di genocidio che l'uomo ricordi. Quegli eventi non furono però solo la morte di tantissime persone e molte altre ferite, ma furono anche quello di un paese raso al suolo. Vedere come è oggi il Rwanda, significa vedere un miracolo. Si scopre infatti un paese in linea con tutti gli altri paesi in via di sviluppo.

Don't forget it
Oggi a venti anni di distanza, il nuovo Rwanda del presidente Paul Kagame, tra i fondatori del RPF, è nel mezzo di una fase di forte crescita economica. Gran parte della popolazione ruandese, però, si trova ancora a fare i conti con le conseguenze di quel conflitto. Secondo l'Unicef, più della metà dei bambini ruandesi sotto i cinque anni soffre di malnutrizione cronica e negli ultimi dieci anni è cresciuta del 50% la mortalità infantile dovuta all'AIDS, nonostante i significativi progressi compiuti nel prevenire la trasmissione del virus da madre a bambino (MCTC).

Il perdono è stato l'elemento portante della rinascita del Rwanda. Nei tribunali tradizionali, i così detti gachacha, che in lingua originale vuole dire sostanzialmente prato, un posto dove i ruandesi a milioni sono andati a fare i processi a livello popolare. Alla vittima veniva chiesto di perdonare i responsabili delle violenze e ciò è stato molto difficile per i sopravvissuti.

Ad oggi comunque sono oscuri tutti i retroscena che fecero scoppiare una tale violenza così improvvisamente, una violenza che si stava preparando da parecchio tempo.

Non immune il Belgio che dominò il Rwanda fino all'inizio degli anni '60 e che, come motto aveva "divide ed impera", aveva obbligato la popolazione a scrivere l'appartenenza etnica direttamente nel documento d'identità, e fu proprio quello uno dei metodi che permisero di riconoscere l'avversario.

Non immune la Francia, che con tanta solerzia ospitò proprio Agathe Habyarimana, moglie del presidente Juvenal Habyarimana ucciso quel 6 aprile 1994, e che fin dall'inizio venne sospettata di aver tradito il marito segnalando l'itinerario dell'aereo presidenziale. Quella stessa moglie che con una scusa all'ultimo momento non salì proprio su quell'aereo che poi venne abbattuto. Per questi fatti l'attuale presidente Paul Kagame ha, in questi giorni, accusato apertamente proprio il governo francese per non aver mai voluto fare piena luce su quelle vicende storiche.


Video Documentario sul Genocidio del Rwanda
Gli Spiriti del Rwanda


Approfondimenti
I rwandesi hanno "perdonato" assassini e carnefici, e chi ha compiuto violenze indicibili, ma ancora non ha saputo "accettare" le donne che furono le "vittime" di quegli orrori.

Il genocidio avvenuto nel 1994, tra aprile e luglio di quell'anno furono uccise quasi un milione di persone, e stuprate sistematicamente decine di migliaia di donne.

Per secoli le due etnie del paese, Hutu (85%) e Tutsi, condivisero la stessa cultura, religione e lingua vivendo pacificamente, ma i colonizzatori belgi concessero ai Tutsi la supremazia politica ed economica nonostante fossero la minoranza della popolazione, alimentando il conflitto etnico che ebbe il culmine nel 1994 con un vero e proprio massacro.

A causa di quella immane tragedia la popolazione rwandese, circa 10 milioni di persone in tutto, alla fine del 1994, era formata per il 70% da donne. Donne che furono quindi il cardine per la ricostruzione civile e politica della società di quel paese africano. Il Rwanda fu il primo parlamento al mondo formato per la maggioranza da donne.

Ma oggi le donne stuprate del Rwanda e i figli nati da quelle violenze stanno ancora pagando le conseguenze, molte furono contagiate dall'AIDS per essere state violentate da miliziani siero-positivi. I figli degli stupri e le donne stuprate furono rifiutate dalle loro famiglie e bandite dai villaggi.

Esistono, ancora oggi, a venti anni di distanza, comunità di donne e figli di donne "stuprate" che vivono lontane dai paesi e dalle città, bandite dalla società e dai loro stessi familiari, isolate da tutto e da tutti.



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