20 dicembre 2021

Natale in Nigeria, tra i cristiani perseguitati da Boko Haram

Ogni notte Naomi rivive l'incubo di essere rapita, Charles quello di nascondersi nella boscaglia. Per loro e per tutti i cattolici nigeriani in fuga dagli jihadisti, padre Christopher rischia ogni giorno la vita

Quanti giorni durò il cammino dei cristiani verso il Camerun? Naomi non li aveva contati, di quell'estenuante fuga dai jihadisti nigeriani ricorda solo una fatica disumana e la paura: «Avevamo i piedi gonfi e pieni di vesciche, era davvero troppo. Mia sorella era stata catturata da Boko Haram, ma aveva un bambino in braccio ed è stata l’unica ragione per cui l’hanno lasciata andare. Non era figlio suo, ce l’aveva tra le braccia solo in quel momento, ma le ha salvato la vita. Molte altre persone, come mia madre, sono state uccise».

Naomi vive e rivive sempre lo stesso incubo, ogni singola notte, appena cala il buio sulle tende degli oltre 30mila sfollati nigeriani a Pulka. Lo stesso incubo vissuto da migliaia di rifugiate come lei: donne rapite, costrette a sposare un jihadista ed ad assistere all’uccisione di un proprio familiare. Anche Charles, un papà di 33 anni, è intrappolato nei ricordi dei giorni insanguinati da Boko Haram: «I terroristi attaccavano di notte, uscivamo dalla città non appena cominciava a calare il buio e ci nascondevamo nella boscaglia. Spesso sogno ancora di nascondermi»

In fuga da Boko Haram
Naomi e Charles, come gli altri cristiani riparati nel campo Alpha a Pulka, uno dei 20 campi profughi sparsi nello stato di Borno, vicino al confine col Camerun, sono la ragione per cui padre Christopher rischia la vita ogni giorno. I terroristi «hanno provato a spaventarli e minacciarli, cercando di costringerli a convertirsi. Poi hanno cominciato a diventare più violenti. I sacerdoti hanno dovuto nascondersi sulle montagne, ma gli insorti di Boko Haram hanno continuato a molestare e perseguitare la gente cristiana», racconta ad Aid to the Church in Need (Acn) il sacerdote cattolico della diocesi di Maiduguri, capitale di Borno che dista 120 miglia da Pulka. «Dicevano ai cristiani che se si fossero convertiti nessuno avrebbe fatto loro del male. La situazione è diventata così difficile che tra il 2015 e il 2016 molte persone hanno iniziato a fare i bagagli e lasciare il Paese, attraversando la frontiera e cercando rifugio in Camerun»

Scappavano da città, villaggi, il campo profughi di Minawao era arrivato a contare più di sessantamila rifugiati nigeriani. Finché, riconquistate le zone al confine, l’esercito li convinse a far ritorno in patria. Ma poco è cambiato da allora, «eravamo rifugiati in Camerun, siamo tornati qui due anni fa. E siamo tornati a vivere nel pericolo». I cristiani non possono allontanarsi dal campo, «ci sono continui attacchi e alcune persone vengono uccise. Non è nemmeno facile per me raggiungere i fedeli», conferma padre Christopher, costretto a vivere in una casa abbandonata da quando Boko Haram ha distrutto la chiesa e la canonica di Pulka.

 
 2021 Natale tra i cristiani perseguitati da Boko Haram nello Stato di Borno. Interi villaggi rasi al suolo, 20mila morti, uccisi dalle bombe di Boko Haram o dai loro fucili, bambine costrette a diventare bombe umane, oltre duemila ragazze rapite costrette a diventare spose dell'Islam, schiave sessuali. Tre milioni di bambini che non potranno andare a scuola perché gli edifici sono stati bruciati e i loro insegnanti uccisi.

Natale tra i profughi di Pulka
«Andare e venire è sempre un rischio, ma per me è importante fare tutto il possibile per aiutare queste persone», persone che chiedono un aiuto a restare saldi nella virtù più difficile e cara ai cristiani nigeriani: la speranza. «La vita in Camerun era così dura che pensavamo di averla persa per sempre. Padre Christopher ci ha ridato coraggio. È un vero padre per tutti noi e sta cercando di colmare con la sua presenza il vuoto lasciato dai nostri familiari assassinati. Si prende cura di noi come se fossimo la sua famiglia. Capiamo che è Dio ad aiutarci attraverso di lui, attraverso chi non ci ha dimenticato»

Anche nel momento più doloroso. E a Pulka l’ora più dolorosa per i cattolici è quella del Natale perché «la sofferenza è parte di noi cristiani», dice Charles, un padre «benedetto con quattro figli» e che senza fede, assicura, non avrebbe potuto sopportare la mancanza di senso di tutto il dolore, suo e della sua gente, né celebrare la certezza della salvezza del Bambino che nasce. Natale una volta era gioia, canto, famiglie che si riunivano, «poi sono iniziati gli attacchi, non potevamo nemmeno mettere piede fuori di casa dopo il tramonto. Finché divenne troppo pericoloso celebrarlo» ricorda Naomi. Che oggi non ha più una madre e una casa ma è tornata ad avere speranza, «ci servono cibo, tende, vestiti, medicine, soldi per tornare all’università». Ci sono circa 14 mila cattolici a Pulka, Acn sta lavorando a progetti per realizzare un pozzo, ricostruire la parrocchia, aiutare i catechisti dei campi profughi.

La più grande tomba dei cristiani
La sicurezza nello Stato, lo abbiamo scritto tante volte, continua ad essere pressoché inesistente. La Nigeria è il paese africano, dove ogni anno muore il maggior numero di cristiani al mondo, vittime di sequestri, devastazioni, massacri ad opera di Boko Haram ma anche degli estremi fulani e banditi collusi con i jihadisti. «Siamo stati torturati e minacciati durante la prigionia. Ero così scioccato da non riuscire neanche a pregare», raccontava solo pochi giorni fa ad Acn padre Bako Francis Awesuh, il sacerdote di Gadanaji rapito, torturato e scampato alla morte per un soffio (e un ingente riscatto pagato da famiglia e parrocchiani). La violenza è in aumento in tutto paese e incomprensibile resta la decisione del governo degli Stati Uniti di espungere la Nigeria dalla lista nera dei paesi che violano di più la libertà religiosa.
Bring Back Our Girls

03 dicembre 2021

Covid19. Emergenza in Africa, vaccinato solo 6,6% della popolazione

Nel Continente africano è vaccinato solo il 6,6% della popolazione. È un oltraggio alla morale umana e una disuguaglianza intollerabile

Ritardi e difficoltà logistiche e una campagna sanitaria mai partita per davvero. Un modo per diffondere varianti


La mancanza di vaccini in Africa è una diseguaglianza assurda. Un modo per diffondere varianti virali capaci di sfuggire ai vaccini, un oltraggio alla morale. È la denuncia del direttore generale dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) Todros Adhamon.

Se si guarda alle cifre dei vaccinati nel mondo a due anni dall'inizio dell'epidemia di Covid19 la grande sconfitta sembrerebbe essere proprio l'Africa. Ma in un mondo dove le connessioni sono necessarie, la sconfitta di un continente diventa la sconfitta del mondo intero come appare dalla variante "Omicron" tracciata in Sudafrica, ma presente in molti paesi africani e rapidamente sbarcata in Europa.

Secondo i dati più recenti tracciati del CDC, il principale organo di controllo della sanità pubblica degli Stati Uniti, in Africa la campagna vaccinale è ancora agli inizi. Su una popolazione di un miliardo e duecento milioni di persone solo il 6,6% ha ricevuto anche la seconda dose. Una cifra che è infinitamente inferiore alla media mondiale che è del 42,16% di persone vaccinate, del 57,29% dell'Europa o dell'85% dell'Italia.

Il continente africano è molto lontano dall'aver raggiunto l'obiettivo di fa vaccinare in modo completo il 70% della popolazione entro la fine del 2022. Ma oltre il 70% dei paesi africani non ha raggiunto nemmeno l'obiettivo che l'OMS si era prefissato, ovvero arrivare a fine settembre 2021 con il 10% della popolazione vaccinata. A oggi tale obiettivo è stato raggiunto solo da 14 paesi (su 54), come denuncia Amref nel report di novembre.

Ad essere vaccinati con una sola dose sono il 9,98% della popolazione, la metà degli Stati africani ha vaccinato solo il 2% della popolazione e sono state somministrate il 55% delle dosi arrivate. I contagi quindi sono arrivati a 8,6 milioni e passa di casi, i morti accertati sono quasi 230 mila. Il Sudafrica sembra essere il paese più colpito del continente con i suoi 2,9 milioni di casi accertati e i quasi 90 mila decessi. Ma anche questi potrebbero essere dati sfalsati, il Sudafrica ha infatti un modello sanitario evoluto ed efficiente e quindi riesce ad intercettare tutti i dati, al contrario della quasi totalità degli altri paesi africani il cui sistema sanitario era al collasso o inefficiente già da prima dell'insorgere della pandemia e che difficilmente possono essere davvero aggiornati sull'andamento del Covid19.

È quasi certo che la situazione nei paesi più poveri dell'Africa sia ancora più grave di quello che una semplice statistica può farci vedere.


"La Campagna vaccinale è messa a dura prova dalla logistica e dalle spedizioni. Il problema non è che si sta esitando, ma nel portare i vaccini dagli aeroporti fino ai posti più sperduti e inaccessibili e fino alle braccia della gente, la difficoltà sta nel trovare personale sanitario preparato. La difficoltà sta nel portare il vaccino in questi luoghi dove imperversano le bande armate, dove c'è guerra, dove ci sono governi che si interessano a consolidare il loro potere piuttosto che ai bisogni primari della popolazione"

Sono 50 i paesi nel mondo che hanno inviato vaccini in Africa secondo quanto stabilito dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, per mettere a disposizione dosi anche per i Paesi che non sono in grado di stipulare accordi commerciali con le case farmaceutiche. E la lentezza della campagna di vaccinazioni sta provocando seri danni al settore sanitario dove solo una persona su 4 è vaccinata. Secondo Amref i costi da sostenere per mandare avanti la campagna di vaccinazione sono enormi. Per raggiungere l'obiettivo di vaccinare il 60% della popolazione (circa 780 milioni di africani) l'Africa avrebbe bisogno di 1,5 miliardi di dosi di vaccino che, secondo le stime attuali, potrebbero costare tra gli 8 e i 16 miliardi di dollari, con costi aggiunti del 20-30% a causa della difficoltà nella distribuzione.

Le conseguenze sono disastrose in termini umani ed economici. Entro fine anno si potrebbe raggiungere la cifra di 300 mila bambini morti nei paesi più poveri dell'Africa a causa del Codid19. E questo bilancio di fine anno è del 7% superiore alla stima prevista dall'OMS ad inizio anno.

L'economia globale dell'Africa si è contratta del 5% nel primo anno della pandemia, aumentando di 120 milioni il numero di persone che vivono in povertà. E a differenza delle crisi economiche nei Paesi ad alto reddito, questi shock nei Paesi a basso reddito generalmente aumentano i decessi tra i gruppi vulnerabili come i bambini e gli anziani.

Nel continente africano sono state stimate 28-50 mila morti infantili in più rispetto alla crisi finanziaria del 2009. Ciò si confronta con una crisi stimata di 82 mila per il 2020/2021, che riflette le carenze stimate del Pil causate dalla pandemia.

Ogni giorno muoiono 10 mila persone perché non possono permettersi cure sanitarie, e 262 milioni di bambini non vanno a scuola. E i ricchi diventano sempre più ricchi anche nella pandemia.

In Nigeria non si può più essere cristiani

Bambini e neonati uccisi, donne e disabili massacrati, case incendiate. Racconto della strage di Natale per mano dei pastori...