18 gennaio 2018

Migranti arrivati in Italia nel 2017

Al 31 dicembre 2017 i migranti arrivati in Italia sono 119.247, lo conferma il Ministero dell'Interno e l'UNHCR. Il 16% provengono dalla Nigeria (il paese con il numero più alto di arrivi), a seguire Guinea, Costa d'Avorio e Bangladesh, tutti tra l'8 e il 9% ciascuno.


Il 2016 è stato un anno di passione sul fronte migrazioni. Lo era già stato il 2015, e ancora prima il 2014. La guerra in Siria si è trasformata in vera e propria catastrofe umanitaria, e centinaia di migliaia di profughi si sono riversati in Europa attraversando il mare che separa Turchia e Grecia, insieme a moltissimi altri migranti provenienti da Afghanistan e Iraq.

Il flusso, che ha portato al famoso milione di profughi in Europa nel 2015, si è interrotto a marzo 2016 quando l’Unione Europea ha stretto un accordo con la Turchia, delocalizzando sostanzialmente la gestione dei profughi in arrivo in cambio di sei miliardi di euro.

Si è contemporaneamente assistito a un costante incremento dei flussi di migranti in arrivo dalle coste nord africane, libiche soprattutto, verso l’Italia. Questo flusso ha portato oltre 180 mila persone a sbarcare in Italia nel 2016, mai così tante. E 5.022 persone a morire attraversando il Mediterraneo, mai così tante.

Un flusso che è proseguito fino metà 2017, salvo poi rallentare notevolmente a partire da luglio, come testimoniato dai numeri che presentiamo nella prima parte, per l’effetto congiunto di una serie di fattori che analizzeremo nella seconda parte.

Migranti 2017: i numeri in Italia
Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2017 sono sbarcate in Italia 119.247 persone. Un dato in netta diminuzione rispetto al 2016, quando arrivarono 181.436 persone (-34%).

Il dato è divisibile esattamente a metà. Tra gennaio e giugno 2017 sono arrivate 83 mila persone, il 18% in più rispetto allo stesso periodo del 2016. Tra luglio e dicembre 2017 sono arrivate 36 mila persone, il 67% in meno rispetto allo stesso periodo del 2016.

Donne nigeriane
I paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 sono stati: Nigeria (16% degli arrivi, circa 18 mila persone di cui la metà donne), Guinea, Costa d’Avorio e Bangladesh (tutti tra l’8 e il 9% degli arrivi, circa 9-10 mila persone a paese). Seguono Mali, Eritrea, Sudan, Tunisia, Marocco, Senegal, Gambia.

Ad arrivare in Italia sono stati soprattutto uomini (il 74%), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 14,5% degli arrivi).

Gli sbarchi sono avvenuti soprattutto in Sicilia (il 60% circa, ma fino a pochi mesi fa questa percentuale era del 90%) e Calabria (20% circa), seguite da Campania, Puglia e Sardegna.

Migranti 2017: i numeri in Europa
Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2017 sono arrivati via mare in Europa 171.332 migranti. Oltre che in Italia ci sono stati sbarchi in Grecia, anche se a ritmi molto più bassi di quelli pre-accordo con la Turchia, e si è riaffacciata la Spagna come terra di sbarco.

Nel 2017 sono arrivati in Grecia 29.718 migranti, contro i 173 mila del 2016. Più della metà delle persone sbarcate in Grecia nel 2017 sono siriane, seguite da iracheni e afghani.

22 mila migranti sono poi arrivati in Spagna, in aumento rispetto agli 8 mila del 2016. I paesi di provenienza sono soprattutto Marocco, Algeria, Costa d’Avorio, Guinea e Gambia.

Migranti 2017: le strategie politiche italiane ed europee
Il tema migrazioni è in cima all'agenda politica e all'attenzione dell’opinione pubblica europea ormai dal 2014, e lo è stato anche per tutto il 2017. Moltissime sono le questioni poste, proposte, affrontate, risolte, fallite in questo tempo.

La questione sistemica più evidente è che l’Europa fatica a trovare la quadra, a causa di posizioni inconciliabili tra i suoi stati membri, tra chi fa la prima accoglienza (Italia e Grecia), chi accoglie già numeri importanti di migranti e rifugiati (Austria, Svezia), chi aveva spalancato le porte ma poi ci ha ripensato (Germania), chi non ne vuole sentir parlare (Ungheria) e chi nell'Europa non ci sta più (Regno Unito).

Una linea comune, a ben vedere, c’è: lasciare fuori dall'Europa il maggior numero possibile di migranti. È una strategia che ha funzionato nel 2016 con l’accordo con la Turchia, che da un anno e mezzo funge da barriera per i migranti siriani, iracheni, afghani, pakistani in cambio di qualche miliardo di euro e di un ossequioso silenzio sulla virata autoritaria del regime di Erdogan.

È una strategia che l’Europa, con l’Italia in prima linea, ha riproposto nel 2017 con la Libia e la rotta del Mediterraneo centrale. D’altra parte la chiusura della rotta Libia-Italia era stata annunciata fin da inizio anno come il vero obiettivo del 2017.

A inizio febbraio è stato siglato un primo accordo tra Italia e Libia, che è stato poi gradualmente rafforzato fino ad arrivare ad una notevole riduzione delle partenze a partire da luglio.

La situazione in realtà è molto confusa, perché la Libia non è la Turchia. L’ipotesi più probabile è addirittura che il governo italiano abbia di fatto stretto accordi con milizie libiche che gestiscono il traffico dei migranti (i famigerati trafficanti, fino a ieri nemico pubblico numero uno) pur di impedire le partenze dalle coste libiche, come svelato da un’inchiesta di Associated Press.

Gli accordi con la Libia sono molto criticati da più parti per ragioni politiche, umanitarie, giuridiche, economiche. Un’ondata di indignazione, che non ha comunque avuto conseguenze politiche, ha seguito la pubblicazione di un'inchiesta della CNN che ha mostrato come i migranti vengano venduti all'asta in Libia.



Il ministro Minniti dice di essere impegnato a porre i campi profughi in Libia sotto la tutela di Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) e Oim (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni), ma l’ipotesi non sembra essere realistica nell'attuale contesto libico.

Migranti in Libia
La netta diminuzione degli arrivi sulle coste italiane deriva quindi dalla diminuzione delle partenze dalla Libia ma anche da una rinvigorita attività di controllo svolta lungo tutta la rotta africana, soprattutto in Niger. Il paese, snodo centrale della rotta che dai paesi sub-sahariani portava alla Libia, è oggetto di un importante sforzo da parte dell’Unione Europea che intende sostenere la riconversione dell’economia nigerina, attualmente basata sul traffico di migranti.

Oltre al blocco delle frontiere esterne (e interne, in alcuni casi), l’altra grande linea strategica europea è la cosiddetta relocation, cioè il ricollocamento dei profughi in modo che siano distribuiti più equamente tra gli stati dell’Unione Europea.

L’accordo, stipulato a settembre 2015, prevedeva inizialmente il ricollocamento di 160 mila persone da Grecia e Italia ad altri paesi europei entro settembre 2017. Il processo è stato fin dall'inizio irto di ostacoli, tanto che la Commissione Europea ha dovuto ridurre il target a 106 mila persone e prorogare l’iniziativa.

Alla data del 3 novembre 2017 sono state rilocate solo 31 mila persone: un misero 29% rispetto all'obiettivo fissato più di due anni fa.

Ricollocamenti in Europa 2017, fonte UNHCR

Siamo insomma in una fase di grandi manovre politiche (e pre-elettorali, non dimentichiamolo), la cui efficacia sarà tutta da verificare nei prossimi mesi.

L'obiettivo primario dell'Europa, quindi, rimane quello di tenere i migranti fuori dai propri confini, come dimostra anche l'approvazione di una nuova missione militare italiana in Niger, un obiettivo che sembra ormai prevalere sulle ragioni umanitarie, che trovano sempre meno spazio nel dibattito politico.



Articolo di
Maris Davis

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