13 gennaio 2017

Litorale Domitio, la camorra e le schiave nigeriane del sesso a dieci euro a prestazione

Prostituta nigeriana sulla "Via Domitiana"
Uno studio del "Centro immigrati Fernandes" di Castelvolturno calcolò che nel 2000 c’erano circa 600 ragazze nigeriane a prostituirsi sulla strada Domitiana, un’arteria che congiunge il basso Lazio con la provincia di Napoli. Sono poco più di 30 km di strada dove le prostitute si succedono una dietro l’altra come in una processione.

A distanza di quasi 17 anni è cambiato poco. Che faccia freddo, piova, ci sia arsura e sole cocente, loro sono sempre lì a difendere il metro quadrato di marciapiede. Perché pagano anche quel metro quadro: 300 euro al mese da consegnare alla mafia nigeriana che qui si spartisce il traffico di droga e della prostituzione con il clan dei casalesi.

Impongono anche il prezzo della prestazione. Deve essere basso, per attirare più clienti. Costano 10 euro a prestazione. E così a tutte le ore c’è un continuo via vai di clienti. Accettano qualsiasi cosa, non possono permettersi di rifiutare niente, dal sesso senza protezione, al sesso di gruppo, ai video girati con il telefonino durante l'atto sessuale, al sesso con altre donne, ecc.. Sulle spalle hanno un debito che si aggira intorno ai 40-50 mila euro. È il loro prezzo, cioè quanto in Africa è stato pagato al mercato delle schiave.

In Italia sono accolte da una sorta di "maitresse" che viene chiamata “mamam. È quella che si occupa della loro accoglienza. Le dà una sistemazione, promette loro un lavoro e poi le spedisce sulla strada. Chi si rifiuta viene violentata dai capi nigeriani, sottoposta ai riti del woodoo. Molte di loro hanno segni permanenti sul volto e sul corpo, cicatrici profonde frutto delle tribalità a cui sono sottoposte, ma anche di sigarette spente direttamente sulla pelle (sulle braccia, sul seno, sulle cosce)

Le prostitute sulla via Domitiana e il pizzo pagato alla Camorra. Le ragazze per occupare il marciapiede versano 300 euro al boss. E chi non lo fa viene gambizzata

Sul marciapiede si raccontano tante storie per impietosire i clienti. Qualsiasi cosa va bene pur di strappare quei 5 euro in più. La mamma malata, il padre in carcere, il fratello drogato. Nessuna però dice "aiutami perché devo pagare la camorra". Il cliente non va spaventato. È la prima regola che i boss della prostituzione hanno inculcato nelle menti di queste ragazze che comprano per lo più dalla Nigeria.

Al mercato degli esseri umani hanno un valore di 10, 15 mila euro. Per arrivare a battere sulle strade italiane contraggono un debito con il «magnaccia» che si aggira sempre intorno ai 50 mila euro. Poi va pagata la mafia locale. Per occupare il marciapiede: 200 o 300 euro al mese. Sulla Domitiana funziona così. Non sfugge nessuna.

Rachet della prostituzione. Prima erano solo africane. Ora la camorra casalese ha ampliato l'offerta: ucraine, bulgare, lituane, polacche. La pelle bianca costa un poco di più e frutta il triplo delle africane. Trenta euro per fare sesso in auto invece di 10 euro. Cinquanta euro per entrare nelle villette che la camorra mette loro a disposizione. Si trovano nei meandri di vicoli della litoranea domitia. Strade desolate dove non arriva nemmeno il postino. Così evitano i controlli dei carabinieri.

I clienti pare siano raddoppiati. Sono scantinati pieni di muffa. D'inverno si gela, d'estate si muore dal caldo. Molte volte manca anche la luce, ti fanno strada con le candele. Vivono in tuguri. In cinque o sei per appartamento, se così si può chiamare. Non c'è luce ma spesso non c'è nemmeno l'acqua. Al catasto risultano abitazioni disabitate, inesistenti, abusive. Ma per loro sono tutto. Le arredano con un letto un frigo e un water. Il resto è superfluo. Chi è fortunata trova nelle discariche sulla strada scaldabagni arrugginiti, pezzi di arredi o qualche sedia. Li mettono in casa. Le spese vanno ottimizzate.

A metà mese arrivano due emissari a riscuotere. Qualcuna prova a ribellarsi, a protestare. "La strada è di Dio" dicono. Le picchiano, le violentano, le sfregiano con il coltello. Quasi tutte hanno cicatrici sulla faccia e sulle gambe. È il primo avvertimento. Poi vengono gambizzate. Uno o due colpi di pistola mentre stanno in strada. Devono capire che se non pagano la camorra, su quel marciapiede non possono stare. Almeno non in piedi.

Violenze e minacce. È capitato ancora una volta la scorsa settimana. Sempre sulla Domitiana. Stavolta è toccato a una bulgara di 32 anni. Da queste parti il casco è un tabù. Lo vedi indossato principalmente dagli emissari della camorra. Casco integrale e moto. Così si è avvicinato alla donna l'ennesimo ras locale. Due proiettili nelle gambe ed è andato via.

Incontriamo Faith. È una ragazza nigeriana di 22 anni. In Italia da due anni. Sulla strada, la Domitiana, si fa chiamare Naomi per la somiglianza con il suo idolo: la Campbell. All'inizio aveva provato anche lei a sfuggire al racket del marciapiede. La camorra in questi casi si appoggia alla mafia nigeriana. Oltre a minacciarle sul posto hanno collegamenti con la criminalità dei Paesi di origine. Lì usano metodi ancora più sbrigativi.

A Faith mandarono una foto sul cellulare con un machete sotto la gola della mamma. Da allora è precisa nei pagamenti. Ci mostra ventimila euro versati su un conto tramite money transfert. Le mancano altri 30 mila euro. In un paio d'anni conta di finire. Le hanno promesso di darle i documenti. Da poco è riuscita ad ottenere la tessera sanitaria. Lei, come tutte le altre africane, si rivolgono allo stesso avvocato. È un legale di Napoli, mafioso anche lui. Ogni tanto le ragguaglia sullo stato dei loro documenti. E le ricorda quanto devono pagare ancora.

Maria ci racconta di essere stata costretta a prostituirsi sette lunghi anni per ripagare il suo debito. Ai genitori dissero che aveva le qualità per fare la segretaria in Italia, conosceva l’inglese e sapeva scrivere. Dopo due settimane si ritrovò sulla strada accanto a una ragazzina. «Non aveva nemmeno il seno, era piccola proprio, una bambina. La violentarono e poi la portarono sulla strada». Di ragazzine come le descrive Maria ne abbiamo incontrate tante. Addirittura una di 13 anni che si prostituisce da quando ne aveva 12.

È un traffico, questo, che va avanti da anni, ininterrotto e incontrastato. Lo sa bene Renato Natale. È l’ex sindaco anti-camorra di Casal di Principe. Oggi dedica la sua vita di medico al centro Fernandez, unico punto di riferimento per migliaia di immigrati. Le minacce sono pane quotidiano, ormai ci ha fatto l’abitudine. "L’ultima lettera l’ho trovata sotto casa. Mi intimava di farmi i fatti miei e di ricordarmi che avevo famiglia" La sua è una vera e propria vocazione per gli immigrati. Li aiuta, li cura, li segue ma soprattutto ci parla.

"Sembra incredibile, ma queste persone, soprattutto se vittime della prostituzione, hanno bisogno di parlare, di essere considerate esseri umani e non della merce". Merce, infatti, sono merce sia per la camorra che chiede una sorta di parcheggio per l’occupazione del territorio (a patto che stiano lontane da dove risiedono i boss) che per i nigeriani, i quali le sfruttano pagando una percentuale sui guadagni ai casalesi.

Oggi, per dare meno nell’occhio, le mafie tendono a togliere dalla strada queste ragazze. Non è un caso che su un noto sito di incontri, la maggior parte delle prostitute venga da questa zona: Castelvolturno, Licola, Varcaturo. La "mamam" prepara l’annuncio standard per tutte, le fotografa e le mette on line.

Ma la camorra è andata oltre. Ha dato in gestione ai nigeriani alcune villette che si trovano proprio a ridosso della Domitiana, in modo da non perdere la clientela di questa strada. Ville nuove e apparentemente abbandonate dove alle prostitute sono riservati i sottoscala. Al primo piano vive il "magnaccia", lo sfruttatore. Sono villette controllatissime, sia dentro che fuori.

Droga e prostituzione vanno di pari passo e così nell'ultimo periodo si sono diffuse le "connection house". Sono tuguri, stanzini di miseri appartamenti affittati per 5 euro l’ora da immigrati, dove oltre alle prostitute è possibile trovare ogni sorta di droga. Ma quello che respiriamo entrando è solo una forte puzza di miseria ed emarginazione.


Necessario che la confisca dei beni per i protettori nigeriani e per le mamam sfruttatrici venga esteso anche ai beni che questi possiedono in Nigeria dove viene "nascosto" il grosso dei loro guadagni illeciti. L'accordo Italia-Nigeria, firmato nel febbraio 2016, dovrà obbligatoriamente prevedere anche questo.


La nostra proposta per ridurre drasticamente lo sfruttamento sessuale
L'Italia si dia finalmente una legge sulla prostituzione
Una legge che preveda una sanzione significativa per i clienti, così come prevede anche il disegno di legge 3890 presentato alla Camera dei Deputati lo scorso giugno dall'onorevole Caterina Bini (Partito Democratico)

È nostro convincimento, infatti, che "punire" chi acquista sesso sia la strada corretta per ridurre lo sfruttamento, così come ha già dimostrato la legge svedese e quella recente approvata in Francia, una linea raccomandata anche dall'Unione Europea.

Nell'immediato togliere tutte le ragazze sfruttate, o a rischio sfruttamento, dalle strade
Prevedere per quelle irregolari che non accettano di denunciare i loro sfruttatori, un piano di rimpatrio. Per le nigeriane esiste già una accordo bilaterale con la Nigeria appena sottoscritto, non ci dovrebbero essere problemi affinché venga anche messo in pratica da subito.
Prevedere per tutte le altre, sia per quelle che denunciano gli sfruttatori, sia per quelle in attesa dell'esito della domanda di asilo, dei programmi di protezione, e impedire a queste ragazze di mettersi di nuovo in contatto con sfruttatori e mamam varie.

Prevedere per gli sfruttatori e per le "mamam" la confisca dei beni anche nei paesi di origine. Con la Nigeria esiste già, in questo senso, una bozza di accordo.


Il Calendario delle
Ragazze di Benin City 2017

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Articolo di
Maris Davis
Maris Davis

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