25 febbraio 2015

Le Scuole e l'Istruzione in Africa

Scuole in Africa
All'inizio del millennio l'UNESCO, studiando lo stato dei sistemi comparativi africani, ha evidenziato che circa 42 milioni di bambini non andavano a scuola e la metà degli iscritti a malapena riusciva a superare il ciclo elementare (Primary School).

Il secondo degli 8 obiettivi del millennio, sviluppati dalle Nazioni Unite e condivisi da 191 Stati membri dell'ONU, è raggiungere l'istruzione primaria universale. L'istruzione infatti è il mezzo indispensabile per interrompere il ciclo di marginalizzazione, povertà e violenza. Un elemento importante per dare ad ogni individuo gli strumenti necessari per costruire un futuro per se e contribuire così allo sviluppo della società.

Purtroppo il tasso di analfabetismo nei paesi poveri fatica ad abbassarsi. L'Unesco ha calcolato che sarebbero necessari solo 16 milioni di dollari per garantire l'accesso scolastico a tutti i bambini dei paesi in via di sviluppo, la metà di quanto spendiamo per comperare gelati in Europa e in America.

Nell'Africa Sub-Sahariana 29 milioni di bambini non hanno ancora oggi accesso all'istruzione primaria. Molti sono bambini vulnerabili, orfani, bambini di strada, affetti da HIV, bambini disabili o vittime di conflitti armati, disastri naturali o epidemie, appartenenti a famiglie nomadi o pastorali, o a famiglie povere. Perfino quando sono iscritti alla scuola primaria, circa la metà abbandona prima della fine del ciclo scolastico, spesso per la scarsa qualità dell'istruzione o per le difficili condizioni scolastiche che devono affrontare.

Disparità tra bambine e bambini. Le famiglie più povere sono spesso costrette a scegliere chi mandare a scuola, e tra un figlio maschio e una figlia femmina, la scelta ricade inevitabilmente sempre sul maschio perché la femmina è più "adatta" a seguire le faccende domestiche. Occorre inoltre ricordare che spesso a scuola le bambine subiscono vessazioni se non veri e propri abusi dai loro compagni di classe, ma anche dagli insegnanti. Violenze che sono quasi sempre taciute e che quindi rimangono impunite.

Questa situazione fa si che il 35% delle bambine abbandoni gli studi, e questa percentuale raggiunge il 60% nei paesi più poveri dell'Africa - leggi nostro articolo -

Scolarizzazione nel mondo
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Nel mondo. Dei 121 milioni di bambini che non hanno mai avuto la possibilità di andare a scuola, il 65% sono bambine. Gli ostacoli alla scolarizzazione femminile nascono da discriminazioni e pregiudizi assai radicati in numerose culture, due terzi degli 875 milioni di adulti analfabeti nel mondo sono donne, segno che nel recente passato le bambine andavano a scuola ancor meno di oggi.

Non è un caso che le regioni dove si registra il maggior numero di bambine private dell'istruzione (83%) siano quelle che faticano di più ad uscire dalla povertà estrema, Africa Sub-Sahariana, Asia meridionale e alcune zone dell'estremo oriente Unicef -

È indubbio che una ragazza analfabeta è meno protetta dalla violenza, dalle malattie e dallo sfruttamento rispetto ad una sua coetanea che ha alle spalle almeno alcuni anni di studio.

In Africa solo 3 bambine su 10 riescono a completare i due cicli scolastici che portano al diploma di scuola superiore (secondary school).
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Distanza dalla scuola, precarie condizioni degli edifici scolastici, mancanza di arredi come banchi, sedie, lavagne nelle aule, materiale didattico adeguato, il dover pagare insegnati e libri. Queste sono le principali cause degli abbandoni scolastici. Tanto è stato fatto dall'inizio del millennio, soprattutto per merito del massiccio lavoro di onlus internazionali e associazioni di volontariato, ma moltissimo è ancora da fare in diversi paesi africani. Governi africani che spendono milioni di dollari in armi e armamenti, per costruire lussuose ville ai loro funzionari corrotti, che favoriscono il "furto" delle ricchezze dell'Africa da parte delle già miliardarie multinazionali straniere di tutto il mondo, ma fanno poco per l'istruzione dei loro bambini.
(Maris)
Nostri articoli precedenti


Scuole in AfricaVisitare una scuola in Africa è una esperienza commovente. L’aula, una stanza disadorna con le pareti di fango e una antiquata lavagna sbrecciata, a volte ospita sessanta, settanta, ottanta bambini in religioso silenzio, alcuni si portano uno sgabello da casa perché non ci sono le sedie e nei pochi banchi si sta in due o in tre.

Il quaderno è prezioso, non tutti ce l’hanno. E chi ce l’ha lo tiene come una reliquia. Provate a sfogliarne uno e vi sentirete assaliti, attanagliati, travolti da un senso di tenerezza. I bambini africani non scrivono come noi, non lasciano sul foglio un bordo in alto e uno di fianco.

No, scrivono dal primo angolo in alto fino all'ultimo in basso. E scrivono piccolo piccolo e fitto fitto. Direte che non hanno un senso estetico, ma non è così. Prevale il senso economico, la carta, il quaderno, la penna sono preziosi, rari, un privilegio. E un quaderno vale per tutte le materie. È sacro.

I bambini africani che vanno a scuola sanno di essere dei privilegiati. Per ognuno di loro ce ne sono cinque che non hanno materialmente una scuola, che non avranno mai un quaderno, che non impareranno mai a leggere e scrivere perché sono nati dove c’è da sempre la guerra e la miseria.

Scuole in Africa
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Girl Rising

In Africa le bambine vanno spesso a scuola a piedi, ma felici di poter studiare
Il coraggio di una rivoluzione silenziosa
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L'educazione è il passaporto per il futuro, il domani appartiene alle persone che si preparano nell'oggi

Libri e penne sono le armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna sono in grado di cambiare il mondo
(Malala, Premio Nobel per la Pace 2014)
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Noi crediamo che attraverso l'istruzione di donne e ragazze sia possibile rendere migliore la sopravvivenza dell'intera comunità
(Thomas Sankara, 1° Presidente del Burkina Faso libero, 1984-1987)
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L'educazione è il grande motore dello sviluppo personale. Lo sviluppo personale dei singoli è il motore che muove una grande nazione.
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I bambini chiudono le orecchie ai consigli, ma aprono gli occhi agli esempi
(Proverbio africano)
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L'educazione è l'arma più potente che si può usare per cambiare il mondo
(Nelson Mandela)
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Solo due cose dobbiamo dare ai nostri bambini, prima le radici della conoscenza e poi le ali della libertà
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Questo articolo fa parte delle
Campagne Informative e di Sensibilizzazione
"Le Scuole in Africa"




Articolo scritto e curato da


19 febbraio 2015

Asilo politico, rifugiati e migranti. Un vero business (per qualcuno)

È doveroso e necessario conoscere esattamente come stanno le cose. In questi anni abbiamo assistito a migrazioni di popoli che si sono moltiplicate per numero e per tipologia, primavere arabe, Afghanistan, Medio Oriente, Siria, Africa Sub-Sahariana, ecc.. Il mondo è stato "sconvolto" ma la legislazione italiana (Legge 30 luglio 2002, n. 189, anche detta Bossi-Fini) non ha saputo adeguarsi ed è rimasta la stessa, e ora è decisamente inadeguata, è da dieci anni che non si fanno modifiche significative.

Non dobbiamo cadere nell'ideologia "restrittiva" (per esempio le politiche della Lega Nord), ma non possiamo nemmeno eccedere all'opposto "aperto a tutti" come vorrebbe una certa sinistra.

A quanto pare, sia per ragioni geografiche che politiche, l'Italia sembra essere diventata l'unica frontiera aperta verso l'Europa. Arrivano via mare attraversando il mediterraneo, ma anche, e dico anche, per la "via balcanica", via terra. Si sono moltiplicati infatti gli arrivi anche dalla frontiera orientale dell'Italia (Friuli). Gli immigrati vanno solo in minima parte in Spagna, in Grecia, a Malta o a Cipro, e invece arrivano in massa in Italia, che ha una legislazione piena di "buchi neri" (e i migranti, ma soprattutto i trafficanti di uomini lo sanno).

Una legislazione che è stata concepita per privilegiare la sicurezza (interna) a discapito dell'accoglienza. Una legge fortissimamente voluta nel 2002 dal centro-destra dell'allora Bossi (leader della Lega Nord), e da Fini (leader di Alleanza Nazionale), primi firmatari della legge, e che allora governavano l'Italia. Una legge che noi abbiamo sempre considerato una legge"razzista", e che adesso, con il mondo cambiato, è una vera e propria "carta inutile", inadeguata per rispondere alla "rivoluzione" in atto nel contesto mondiale delle migrazioni di popoli di questi ultimi anni.

Ecco la storia dell'accoglienza in Italia
  • Fino al 1990 potevano chiedere asilo politico solo i rifugiati provenienti dall'Europa.
  • 1990 .. la "Legge Martelli" abrogò la limitazione per i paesi extra-UE aprendo così la possibilità di chiedere asilo politico in Italia a tutti i paesi del mondo.
  • 1998 .. La Legge Turco-Napolitano non modificò le norme in materia di Asilo, ma modificò quelle sull'accoglienza e sui permessi di soggiorno.
  • 2002 .. Bossi-Fini, nasce il Sistema di protezione per la realizzazione di interventi di accoglienza integrata con gli enti locali (SPARAR). Una legge che istituì le commissioni territoriali per decidere sulle richieste di "asilo" o per accettare lo "status di rifugiato". Commissioni territoriali composte da un funzionario prefettizio, un funzionario della polizia di Stato, un rappresentante delle comunità locali, un rappresentante dell'Alto Patronato ONU per i rifugiati .. Come si fa a far decidere della sorte di una persona straniera a 4 membri della "Comunità locale" (Province) ?? Orribile, decisamente orribile, delegare una decisione che dovrebbe essere invece presa al più alto livello centrale.
  • 2004-2005 .. Vengono recepite le direttive europee in base alle quale determinare lo status di rifugiato. Recepite anche le norme relative al "ricongiungimento familiare" valido per tutti coloro che hanno un "Permesso di Soggiorno" (indipendentemente dal motivo per il quale è stato rilasciato).
- leggi -
Come funziona la richiesta di asilo politico in Italia
  • Chi la può richiedere. Cittadini extra comunitari che nel proprio paese sono perseguitati per motivi religiosi, razziali, politici-sociali.
  • Alla frontiera. Quando si raggiunge il suolo italiano e a quel punto la polizia di frontiera trasmette gli atti all'apposita "commissione territoriale".
  • Il permesso temporaneo. Il richiedente asilo può tranquillamente circolare in Italia fino alla decisione della "commissione territoriale" (buco nero).
  • Centri di accoglienza. Si chiamano C.A.R.A. Centri di Accoglienza Richiedenti Asilo (nome beffardamente dolce) i centri che "ospitano" i migranti che hanno chiesto lo status di rifugiato. Vengono ospitati coloro per i quali è necessario verificare l'identità dopo che sono entrati clandestinamente in Italia, e verificare la domanda di asilo. Non sono prigioni e quindi il rifugiato può liberamente circolare con un permesso provvisorio.
  • Status di Rifugiato. Dura fino a quando nel paese di origine persistono le condizioni di rischio (praticamente per sempre).
  • Procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale - leggi -
Buchi Neri
  • "Comitati territoriali" (a cui è demandata la decisione sulla richiesta di asilo) .. Perché deve decidere della mia vita (di rifugiato) un questore qualsiasi, un qualsiasi funzionario della locale prefettura, un "burocrate" locale ?? .. Io ho chiesto "asilo politico" all'Italia e non al comune in cui VOI mi avete mandato a vivere. Una decisione che invece dovrebbe essere presa da un apposito organismo permanente a livello centrale coordinato tra ministeri competenti (come per esempio il ministero dell'interno e il ministero degli esteri).
  • Arrivo in Italia e mi faccio identificare, e chiedo il riconoscimento di status di rifugiato o asilo politico. Nell'attesa di ricevere risposta posso circolare liberamente con un permesso provvisorio, ma chi dice che non posso "scappare" e andare in un altro paese europeo nell'area Schengen ??
  • Arrivo in Italia e NON mi faccio identificare. Mi rinchiudono in un centro di accoglienza .. e poi scappo lo stesso. Beffata l'Italia .. e la sua legge.
Tutti (o quasi) quelli che arrivano in Italia chiedono "asilo politico" o il riconoscimento dello status di rifugiato. Un modo semplice per scomparire, un buco nero della Bossi-Fini che tanto ha voluto declamare la sicurezza. Entro in Europa dall'Italia e magari la domanda di asilo si fa in un altro stato europeo.

Ecco alcuni dati. (2013) In tutta Europa sono state accolte 135.000 domande di asilo. Svezia, Germania, Francia e Gran Bretagna da sole hanno accolto il 70% delle richieste. In Italia (da dove entrano quasi tutti) solo 14.500, poco più di un decimo del complessivo europeo. Lo scorso anno2014, (dati ministero degli interni) in Italia sono arrivati 170.816 migranti, ma risultano registrati e ospitati nei centri solo in 66.066. Di 104.750 non si sa nulla, spariti, fuggiti altrove. Insomma un vero e proprio "colabrodo Italia". Ecco il nostro articolo del 25 gennaio - leggi -

Dai 15 ai 24 mesi è il tempo medio per l'iter di una domanda di asilo o per la richiesta di status di rifugiato, un tempo di attesa lunghissimo, assolutamente non necessario. Un tempo che il richiedente dovrebbe trascorrere (teoricamente) in un Centro di Accoglienza (C.A.R.A.) nel limbo dell'insicurezza, della non certezza. Non so se sono "clandestino" o se se sono "regolare". Non posso cercare lavoro, vivo di carità. A nostro avviso una domanda di asilo può comodamente essere risolta in un paio di mesi. Ed invece, soprattutto le questure, si intromettono con cavilli, domande "burocratesi" assurde a cui il migrante deve rispondere, documenti "strani" da chiedere ai consolati .. e così i tempi si allungano.

Un vero e proprio business sulla pelle dei rifugiati e sugli immigrati irregolari.

Due virgola cinquanta (2,50) euro al giorno, si chiama "pocket money" la paga giornaliera a cui ha diritto un migrante richiedente asilo ospite di un Centro di Accoglienza, insomma il necessario per fare qualche telefonata a casa. Soldi erogati dalle Prefetture (e quindi dal governo) e che vengono consegnati alle cooperative che gestiscono i CARA, le quali poi dovranno distribuirli agli ospiti "migranti".

Dovrebbero distribuirli ai migranti. Migranti che non conoscono la lingua italiana, non conoscono le leggi italiane, e non sanno che il "pocket money" è un loro diritto. Ecco allora che nascono le truffe, cooperative che si tengono i soldi per se o che fanno la "cresta" (consegnano all'ospite meno dei 2,50 euro previsti). Nessuno ne parla, ma tutti lo fanno, il ministero dell'interno, responsabile dei Centri di Accoglienza, lo sa ma non dice nulla e lascia correre.

"Un dossier segreto commissionato dal Viminale svela il meccanismo attraverso il quale i soldi del pocket money, destinati agli ospiti dei centri di accoglienza, non vengono distribuiti e spariscono nel nulla. La mancata erogazione dei 2,50 euro quotidiani cui ha diritto ogni migrante, nel solo CARA calabrese di Isola Capo Rizzuto, vale 3.750 euro al giorno che, moltiplicati per i 21 mesi di permanenza media dei richiedenti asilo, arrivano a superare i due milioni. Se si considera poi che la distribuzione della quota non avviene in modo regolare anche in altri centri italiani, le cifre lievitano ulteriormente. Si tratta di denaro pubblico che lo Stato versa agli enti gestori".
Ecco un'inchiesta di Repubblica su questo tema "Milioni sulla pelle dei Rifugiati" - leggi -

Dai duemila ai tremila euro il prezzo mensile che le prefetture competenti per territorio pagano alle cooperative che gestiscono i CIE e i CARA per ognuno degli immigrati ospiti. "Cooperative sociali" e "Consorzi" che teoricamente vincono gare d'appalto (al ribasso) per ottenere la Gestione dei Centri di Accoglienza e di conseguenza degli altri servizi interni come le mense (cattering) e le pulizie. Tutti appalti multi-milionari che, guarda caso, vincono sempre gli stessi.

È innegabile quindi che intorno all'immigrazione clandestina c'è un vero e proprio business, si muovono interessi economici enormi, e poi le "clientele politiche" sia di destra che di sinistra. Ogni Centro di Accoglienza può dare lavoro anche a un centinaio di persone. In alcuni casi si sono perfino verificate infiltrazioni mafiose. Il più recente caso di infiltrazioni mafiose è quello del CARA di Mineo in provincia di Catania dove la procura ha aperto ben due inchieste - leggi -

Lo stesso CARA di Mineo fu coinvolto nel 2013 in uno scandalo di prostituzione "interna". Con l'avallo dei dipendenti e degli stessi operatori del Centro gli "ospiti maschi" del Centro costringevano le "ospiti" nigeriane, eritree e somale a prostituirsi in strada. Si era creato un vero e proprio racket della prostituzione. Molte di queste ragazze erano minorenni. Nostro articolo - leggi -

Con l'abolizione del Reato di Clandestinità da parte del parlamento italiano nell'aprile del 2014 gli ospiti dei CIE sono diminuiti, ma sono subito stati compensati con il moltiplicarsi di nuovi sbarchi, sbarchi che nel 2015, stante alla situazione geo-politica nell'area del Mediterraneo e in Medio Oriente, di certo non cesserà.

I Centri in Italia si suddividono in tre tipologie
  • Centri di Prima Accoglienza (CPA). Sono i Centri in cui vengono accolti i migranti non appena arrivano in Italia. Per loro è prevista una permanenza massima di 15 giorni, ma nella realtà non è cosi, i tempi sono anche di qualche mese (se il migrante non fa perdere le sue tracce prima). È da questi centri infatti che la quasi totalità degli immigrati fa perdere le proprie tracce, molto spesso ancor prima di essere identificati. È qui che i "trafficanti di uomini" e le mafie permettono ai migranti di raggiungere gli stati europei del nord Europa, organizzando per loro viaggi, in treno, con pulmini, in macchina e perfino con i taxi. È da questi centri che la maggior parte delle ragazze nigeriane che arrivano in Italia via mare sono agganciate e ri-contattate dalla mafia nigeriana per poi essere avviate alla prostituzione.
  • Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA). Sono i Centri in cui vengono accolti i richiedenti lo status di rifugiato, in attesa che venga loro accolta la domanda di protezione internazionale. In realtà i richiedenti asilo possono circolare liberamente con un permesso provvisorio, a volte sono ospitati anche in strutture private, come alberghi, locande, agri-turismo, comunità e perfino semplici abitazioni. L'Iter di una domanda di asilo dura mediamente 18-24 mesi che moltiplicato per una media di 2.000 euro al mese e per il numero di immigrati fa un bel "gruzzolo" per chi li ospita. I CARA e le varie "lobby" di potere, quindi, hanno tutto l'interesse ad allungare i tempi di pratiche che potrebbero essere concluse un due, massimo tre mesi.
  • Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE). In queste strutture vengono "trattenuti" i clandestini, che non rientrano nella categoria dei rifugiati  o dei richiedenti asilo e che sono senza permesso di soggiorno, o lo hanno scaduto e non rinnovato. In questi centri, equiparate a strutture detentive, gli immigrati possono essere trattenuti fino a 18 mesi, un vero proprio crimine contro l'umanità, come lo ha definito la stessa comunità europea.
Noi denunciammo che i CIE sono una "macchina da soldi" della politica, della mala amministrazione, e in alcuni casi anche delle mafie (Vedi caso del CARA di Mineo). Due o tremila euro al mese per ogni "clandestino" trattenuto, soldi intascati dalle cooperative e consorzi che li gestiscono. Il tutto alle spalle degli immigrati. Risulta lampante che più clandestini ci sono dentro e più a lungo vengono trattenuti, più soldi incassano le cooperative di gestione.

Ogni struttura costa allo Stato più di duecento milioni all'anno a cui vanno sommate le spese per i rimpatri.

Nei CIE
  • Solo la metà dei trattenuti sono effettivamente espulsi, l'altra metà è solo business per chi e coloro che li gestiscono.
  • Molti sono trattenuti al limite della legalità, alla "faccia" di tutte le convenzioni internazionali.
  • Trattenere fino a 18 mesi una persona che non ha commesso reati e limitarne di fatto la sua libertà personale e un "crimine contro l'umanità". Norma che fortunatamente è stata superata, da ottobre 2014 è infatti in vigore una modifica che limita questo periodo a 90 giorni (solo per coloro che sono in attesa di espulsione coatta).
Allungare i tempi per le richieste di asilo, trattenere nei CIE oltre ogni limite gli immigrati, non pagare o fare la "cresta" sul pocket money, sono tutte cose che noi denunciamo da tempo, un vero e proprio business alle spalle degli immigrati.


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Ecco perché i CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) vanno chiusi:
  • Superata la norma per cui i migranti possono essere trattenuti fino a 18 mesi, ora ridotta a 90 giorni (tre mesi), restano comunque i problemi delle pessime condizioni detentive. Trattenere anche solo per tre mesi, senza che aver commesso reati, è comunque una privazione della libertà personale immotivata.
  • Almeno la metà delle persone rinchiuse in questi centri il permesso di soggiorno lo avevano, ovvero è scaduto, per il solo fatto che hanno perso il lavoro non lo possono più rinnovare. Alcuni sono padri e madri di famiglia e magari con figli nati in Italia.
  • L'Europa ha già ammonito l'Italia per il periodo di permanenza troppo lungo a cui sono costretti i migranti, si tratta di "Violazione dei Diritti Umani".
  • Per Identificare un migrante (per le vie consolari) è mediamente necessario un mese, massimo due, ma la permanenza media nei CIE supera i sei mesi, a volte un anno, e in casi estremi anche 18 mesi, e ciò è intollerabile.
  • Un primo passo è stato fatto abolendo il reato di clandestinità e convertendo in legge il D.L. 146 del 23.12.2013 (art. 2 comma B, lett. b) e che rende più facile l'espulsione degli immigrati che commettono reati. Resta il nodo di chi si rifiuta di dichiarare le proprie generalità. A nostro avviso in questi casi va applicato alla lettera l'art. 651 del C.P. (un reato punito con il carcere e quindi, per l'immigrato, espulsione diretta).
  • I CIE sono ormai diventati "prigioni", sovraffollati, dove si vive in condizioni igieniche da terzo mondo, senza nessun tipo di intimità, in pratica sono veri e propri lager.
  • Le cooperative che gestiscono i CIE vengono pagate in base al numero dei migranti rinchiusi e alla durata della loro permanenza. Risulta quindi evidente che hanno tutto l'interesse ad abbassare il livello dei servizi e ad allungare il periodo di permanenza.
  • Non ci sono controlli seri da parte delle regioni. Fino al 2012 era addirittura impedito ad associazioni e volontari di accedere ai CIE.
  • Queste strutture alimentano un business multimilionario, pagato con soldi pubblici, sulla pelle degli immigrati. Alimentano una serie di clientele politiche, se non anche mafiose (per favorire questa o quella cooperativa) gestite sia dai partiti politici italiani che i CIE li vorrebbero chiudere che da quelli che vogliono mantenere le cose così come sono.
  • Queste cooperative di gestione, infine, assumo sempre meno personale qualificato e sempre più personale "raccomandato", alimentando così anche il "business" delle assunzioni.
  • Ed infine i clandestini, che sono clandestini, vanno espulsi IMMEDIATAMENTE, e NON trattenuti nei CIE.
Le statistiche sulla popolazione rinchiusa nei CIE rileva che 3 persone su 4 sono comunque identificate e hanno un recapito in Italia, quasi tutte possono essere rimesse in libertà in attesa di un rinnovo del permesso di soggiorno. Tutti gli altri, se meritano il rimpatrio, vanno rimpatriati SUBITO.

Per lo Stato Italiano un singolo rimpatrio forzoso ha un costo di circa duemila euro una tantum contro gli oltre tremila al mese che è, invece, il costo medio di una detenzione nei CIE, una soluzione tutto sommato ragionevole, una soluzione soprattutto umana, meglio liberi nel proprio paese di origine che schiavi in un paese straniero. Ed invece in Italia si insiste nel voler mantenere in piedi il sistema dei CIE, un sistema perverso che crea business sulla pelle dei migranti con i soldi pubblici di tutti gli italiani.

La denuncia di Amnesty International. Una denuncia che arriva forte e chiara, e senza appello proprio da Amnesty International nel suo ultimo rapporto annuale. Una denuncia contro l'Italia proprio per le condizioni dell'accoglienza e della situazione nei luoghi di detenzione (carceri e CIE) - leggi -

Questo articolo fa parte delle nostre Campagne Informative e di sensibilizzazione
No alla Bossi-Fini
Si alla Chiusura dei CIE

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Si all'accoglienza giusta, No a chi si arricchisce sulle pelle degli immigrati
Nostri Articoli precedenti
Ecco perché la Bossi-Fini è una legge razzista

Rapporto Annuale 2014 Diritti Umani
(Amnesty International)
- Sezione Italia -



Articolo curato da


15 febbraio 2015

Si allo Ius Soli

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Un milione e trecentomila sono i minorenni figli di genitori stranieri residenti in Italia, e circa 3 su 5 sono nati in Italia, ma la legge n. 91 del 1992 che regola la cittadinanza italiana, non riconosce l'acquisizione della cittadinanza per lo "Ius Soli" (sei cittadino italiano se nasci in Italia), perché in Italia prevale lo "Ius Sanguinis" (acquisisci la cittadinanza dei tuoi genitori anche se nasci in Italia).

Questi minorenni nati in Italia da genitori stranieri potranno chiedere la cittadinanza italiana solo al compimento del 18° anno di età attraverso un complicato e costoso iter burocratico, dimostrando di aver vissuto ed essere sempre rimasti residenti in Italia, fino ad allora devono rinnovare il permesso di soggiorno assieme ai genitori. Sono bambini e ragazzi che "rischiano" di perdere il diritto alla cittadinanza italiana solo per una gita scolastica fatta all'estero.

Se i loro genitori, per qualsiasi motivo dovessero perdere il permesso di soggiorno per qualsiasi motivo o intoppo, rischierebbero di essere espulsi verso un paese straniero che non conoscono e nel quale non ci sono mai stati. Sono bambini e ragazzi che parlano italiano, anche con inflessioni dialettali, sono integrati, partecipano alla vita sociale dei luoghi in cui vivono, vanno a scuola esattamente come i loro coetanei "italiani". Ma loro, nati in Italia non sono italiani solo perché i loro genitori sono "stranieri". Ecco queste sono le seconde generazioni di migranti.

Secondo un sondaggio ISPSOS il 64% degli italiani è "molto favorevole" allo Ius Soli, e a questa percentuale si aggiunge anche un ulteriore 15% "abbastanza favorevole"

È una bella sorpresa, più di 6 italiani su 10 sono favorevoli a modificare l'attuale legge che regola il diritto di cittadinanza e quella che regola l'immigrazione (Bossi-Fini). Questi numeri fanno capire che la situazione nel paese reale è diversa da quella che ci viene dipinta da quei partiti politici, o gruppi pseudo-razzisti, contrari all'introduzione del principio dello IUS SOLI.

È in parlamento una proposta di legge presentata dall'attuale governo italiano guidato da Matteo Renzi, una proposta di mediazione che si basa su una sorta di "Ius Soli temperato" e che noi di Foundation for Africa consideriamo una buona proposta.

Schizofrenie italianeSiamo duri, durissimi, con i figli degli immigrati "regolari" nati in Italia e morbidi, troppo morbidi, con i clandestini che arrivano via gommone, andiamo perfino a prenderli in alto mare, alimentando così il business dei trafficanti di uomini.

Prese di posizione intransigenti dei partiti di destra, centro-destra, leghisti di ieri e di oggi, duri, durissimi, con chi è nato in Italia da genitori stranieri con regolare permesso di soggiorno, e al contrario una sinistra morbida, troppo morbida, con i clandestini, con gli immigrati che pretendono di vivere in Italia imponendo la loro cultura e le loro tradizioni.

Immigrati che pretendono la costruzione di moschee in Italia quando nei loro paesi di origine distruggono le chiese, insomma "schizofrenie italiane".

Un ciclo scolastico. Questa è la proposta alla visione del parlamento italiano, non si diventa italiani solo perché si è nati in Italia, ma lo si diventa dopo aver frequentato un ciclo scolastico, quello della scuola primaria (elementari). Non è la proposta dell'applicazione integrale dello "Ius Soli" (come negli Stati Uniti) a cui averemo aspirato, è una proposta di mediazione, ma che consideriamo comunque un passo avanti soddisfacente, liberale, e rispettoso dei diritti di equità. Adesso aspettiamo che venga presto approvata in via definitiva.

Stante alle dichiarazioni e agli intenti del governo italiano una legge che potrebbe diventare definitiva già nel corso del 2015. Le dichiarazioni di intenti però non ci bastano e quindi saremo sempre vigili affinché la legislazione attualmente in vigore sulla cittadinanza venga modificata al più presto nel senso del disegno di legge attualmente alla visione del parlamento italiano.

L'attuale legislazione italiana sulla cittadinanza è quella più rigida tra tutti i paesi europei. Una legislazione che non permette il diritto di cittadinanza nemmeno ai maggiorenni che hanno frequentato regolarmente le scuole italiane. Una legislazione al limite della violazione dei diritti umani.

Quello che succede è che a 18 i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, e che parlano romanesco, napoletano, toscano, o qualsiasi altro dialetto italiano, che hanno sempre vissuto i Italia, che si sentono italiani, che hanno frequentato le scuole italiane, il cui orizzonte è qui ma che "tecnicamente" appartengono alla seconda (o terza) generazione di immigrati, NON sono riconosciuti italiani e rischiano di non diventarlo mai.

Per diventare italiani devono dimostrare di aver vissuto senza interruzione in Italia e hanno solo un anno di tempo per dimostrarlo, al compimento del 18° anno di età.

Lo Ius Soli è un principio liberale perché non dipende dal sangue, ma dall'appartenenza a una comunità, alle sue tradizioni e ai suoi principi. È il principio che domina negli Stati Uniti e in Francia, ma anche se in modo più condizionato in Gran Bretagna. Più liberale dell'Italia perfino la Germania.

Sono oltre un milione i figli di seconda generazione, un milione e trecento mila, 3 su 5 sono nati in Italia. Sono tanti, in troppi per un paese civile come dovrebbe esserlo l'Italia, sono il 9% degli alunni a scuola, siedono nei banchi accanto ai bambini e ai ragazzi italiani. Una vera e propria discriminazione il fatto che il 9% degli alunni e studenti che frequentano le scuole italiane NON sia italiano, nonostante siano anche loro nati in Italia esattamente come i loro compagni di banco.

Come funziona in Europa. I 27 paesi europei nel merito non hanno una legislazione univoca e applicano lo Ius Sanguinis e lo Ius Soli temperando un principio con l'altro.

Germania. Lo Ius Soli è forte più che in altri paesi europei, ma temperato da paletti sostanzialmente rigidi. Il diritto di base che viene seguito per l'attribuzione della cittadinanza è quello di sangue, ma possono diventare cittadini tedeschi tutti quei bambini nati da genitori extra-comunitari purché almeno uno dei due genitori abbia un permesso di soggiorno permanente da tre anni e viva in Germania da almeno otto anni.

Gran Bretagna. La legislazione inglese sulla cittadinanza è ancora più morbida che in Germania anche se non esiste lo Ius Soli puro. Il bambino che nasce in Gran Bretagna anche da un solo genitore già in possesso della cittadinanza britannica è automaticamente cittadino del Regno Unito. La cittadinanza si acquisisce anche in seguito a tre anni di matrimonio con un cittadino britannico.

Irlanda. Una legislazione simile a quella tedesca. Vige lo Ius Sanguinis, ma se un bambino nasce da genitori di cui almeno uno risiede nel paese regolarmente da tre anni prima della sua nascita, allora ottiene la cittadinanza appena nato.

Olanda. Lo Ius Soli è estremamente debole. La cittadinanza viene conferita solo al compimento della maggiore età e solo se si è in possesso di un regolare permesso di soggiorno e se si è vissuto nel Paese per cinque anni senza interruzioni. Sostanzialmente i minori nati in Olanda da genitori entrambi stranieri devono aspettare di diventare maggiorenni e avere tutti i requisiti richiesti per ambire alla cittadinanza.

Spagna. Come nel caso dell'Italia e dell'Olanda, anche in Spagna vige un forte Ius Sanguinis. Diventa cittadino spagnolo il bambino che ha almeno un genitore nato a sua volta in Spagna. La cittadinanza si può acquisire comunque dopo 10 anni di residenza nel paese, con lavoro e regolare permesso di soggiorno, oppure in seguito a un matrimonio con un cittadino spagnolo, ma solo dopo un anno dalle nozze.

Francia. Qui vige una sorte di doppio Ius Soli. Un bambino che nasce in Francia da genitori stranieri ma nati a loro volta in Francia può diventare cittadino molto facilmente. Altrimenti la cittadinanza può essere acquisita solo dai 18 anni in poi e solo se i genitori risiedono nel paese da almeno cinque anni. La cittadinanza si acquisisce anche per matrimonio, ma solo dopo due anni dalle nozze.
Cynthia, Udine
nata in Italia da genitori nigeriani
Italia. Come abbiamo visto in Italia è applicato uno Ius Sanguinis quasi integrale. Il bambino che ha la sfortuna di nascere in Italia da genitori entrambi stranieri può aspirare a diventare italiano solo dopo il 18° anno di età e solo dopo aver dimostrato di avere SEMPRE soggiornato in Italia ININTERROTTAMENTE. La cittadinanza italiana può essere richiesta per i bambini che hanno almeno uno dei genitori italiani, o dal coniuge straniero che ha sposato un italiano.

È nostro auspicio che diventi al più presto legge la proposta che prevede la possibilità di diventare cittadini italiani dopo un ciclo scolastico, una proposta comunque di mediazione, possibilmente migliorabile, ma è comunque una legge che un milione di minorenni nati in Italia ma non italiani sta aspettando ormai da troppo tempo.

Si allo Ius Soli

Storie di Italiani in tutto e per tutto tranne che per la legge italiana



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"Si allo Ius Soli"

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