19 aprile 2014

Nigeria, l'Islam estremista di Boko Haram uccide e crea terrore

L'Islam di Boko Haram sta massacrando i Cristiani
in Nigeria nell'indifferenza dl mondo.
Ho sempre preso a cuore le vicende del paese in cui ho vissuto fino a 20 anni, il paese in cui vive ancora mia madre e due delle mie sorelle, in quel paese, nel bene o nel male, ho comunque trascorso la mia adolescenza.

La Nigeria è uno dei paesi più popolosi e più grandi dell'Africa, e dove c'è il petrolio, e questo era tutto quello che sapevo del mio paese quando 19 anni fa mi hanno portata via da Benin City, nell'Edo State, uno Stato a Sud.

Ma adesso la Nigeria sta vivendo uno dei peggiori periodi della sua stessa storia, e come tanti paesi africani non riesce ancora a liberarsi da quell'essere "vittima" del colonialismo passato e presente, e dalla "paura" di diventare finalmente un paese "fiero" della consapevolezza di essere un paese del tutto "libero" e "democratico".

La Nigeria NON sarà mai libera finché ricche compagnie straniere rubano il suo petrolio e inquinano un territorio grande come la Pianura Padana solo per farne scempio, e aggiungere ricchezza alla loro ricchezza - la nostra denuncia -

La Nigeria NON sarà mai libera finché la sua ricchezza non sarà più equamente distribuitaNel 2013 le istituzioni economiche mondiali hanno definito la Nigeria il paese più ricco dell'Africa, più ricco perfino del Sudafrica, peccato che si siano dimenticati di dire che il 90% della ricchezza è nelle mani del 15% della popolazione e gran parte di essa vive mediamente con soli due dollari al giorno.

La Nigeria NON sarà mai libera finché i suoi governanti sono corrotti, la polizia è corrotta, i militari e gli ufficiali dell'esercito sono corrotti, i burocrati sono corrotti .. i consolati all'estero e le ambasciate sparse nel mondo sono corrotte.

La Nigeria NON sarà mai libera finché permette alla mafia di sfruttare le sue giovani figlie per farne delle schiave sessuali in Europa.

La Nigeria NON sarà mai libera finché permette all'integralismo islamico di Boko Haram di imperversare nei suoi stati del nord e uccidere i cristiani, distruggere chiese, massacrare ragazzi inermi nelle scuole dove studiano, rapire ragazze per convertirle all'Islam.

Il villaggio di Amchaka (nel nord-est al confine con il Camerun)
La distruzione dopo l'attacco di Boko Haram
Boko Haram, chi sono .. i media occidentali li definiscono estremisti con l'obiettivo di creare uno stato islamico nel nord della Nigeria, io invece li definisco "bastardi assassini", vigliacchi che uccidono persone inermi nel sonno, uccidono i cristiani mentre pregano nelle loro Chiese, entrano nei villaggi e incendiano case dopo aver massacrato i loro abitanti .. Assassini che sorprendono studenti adolescenti mentre studiano e li ammazzano come fossero animali.

Uomini "senza dignità" che rapiscono ragazze per convertirle all'Islam e farne mogli schiave, vendute a ricchi "puttanieri", o costrette a soddisfare le voglie di sesso di uomini indegni di essere chiamati uomini, e che io invece definisco "merde umane".

A nemmeno quattro mesi dall'inizio di quest'anno ormai sono oltre mille le vittime innocenti di "Boko Haram" .. Io stessa non riesco a seguire in maniera dettagliata la "guerra" che, laggiù, nella mia Nigeria invece si combatte ogni giorno.

È dal 2009 che Boko Haram uccide in Nigeria .. nell'indifferenza del mondo.

2014
Nord Nigeria. Oltre mille persone uccise e 300.000 sfollati costretti alla fuga e a rifugiarsi nel vicino Camerun. Un esercito inetto e corrotto che, anziché contrastare gli attacchi degli integralisti, offre loro protezione.
  • 18 gennaio - Dopo l'entrata in vigore della legge omofoba (del 15 gennaio) è caccia ai gay da parte degli estremisti islamici. Presunti omosessuali vengono decapitati nelle pubbliche piazze - foto
  • 28 gennaio - Kawuri, 45 morti dopo un assalto di Boko Haram - video
  • 12 febbraio - Kanduga, 51 morti e 300 case bruciate - foto
  • 16 febbraio - Devastato il villaggio di Izghe, 106 persone trucidate - articolo
  • 25 febbraio - 58 morti dopo un attacco in un liceo di Buni Yadi nello Stato di Yobe, erano tutti studenti tra i 15 e i 20 anni - foto
  • 2 marzo - Attacco ai villaggi di Maidugori e Mainok, un centinaio di morti - foto
  • 14 marzo - Islamisti assaltano una prigione a Maidugori liberando un centinaio di islamisti arrestati dall'esercito nelle settimane precedenti - foto
  • 16 marzo - Attacco quasi contemporaneo a diversi villaggi (Angwan Gata, Angwan Sankwai e Chenshi) nel distretto di Kaura, almeno 100 morti, molti di essi bruciati vivi intrappolate nelle loro case date alle fiamme - foto
  • 6 aprile - Buna Gari, 17 uccisi - foto
  • 14 aprile - oltre 70 trucidati nel villaggio di Amchaka dato alle fiamme - foto
  • 14 aprile - Abuja (la capitale della Nigeria). Bombe islamiste nella stazione degli autobus .. 71 morti e 123 feriti - foto
  • 15 aprile - In un istituto scolastico femminile a Chibok nello Stato di Borno vengono rapite circa 200 ragazze e portate nella foresta. Bruciata la scuola assieme ad un centinaio di abitazioni - foto
  • 17 aprile - Si diffonde la notizia che l'esercito avrebbe liberato gran parte delle studentesse rapite. Purtroppo la notizia si rileva subito falsa, forse diffusa ad arte per permettere la fuga agli integralisti islamici che le avevano rapite. Sono 129 le studentesse ancora nelle mani Boko Haram.
Continua a leggere la cronologia eventi in aggiornamento continuo a partire dalla chiusura di questo articolo

Tutto questo nell'indifferenza del mondo occidentale, e nella totale "sottovalutazione" delle istituzioni internazionali.

Il mondo non può permettere che questo Islam continui ad uccidere i cristiani.

Raro Video che riprende milizie di Boko Haram mentre stanno per attaccare un villaggio nello Stato di Borno

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di Foundation for Africa



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16 aprile 2014

Iraq e la legge che abbassa l'età delle spose bambine


A febbraio il consiglio dei ministri iracheno ha approvato una legge che abbassa l'età a 9 anni per le bambine di contrarre matrimonio, e la legge potrebbe essere approvata in via definitiva molto presto.

La legge chiamata Ja'afari Personal Status Law è la legge che codifica i matrimoni, i divorzi e le eredità in base alla legge sacra islamica. L'intento del governo iracheno è quello di strizzare l'occhio alla maggioranza sciita del paese per ottenere l'appoggio alla rielezione dell'attuale presidente Al Maliki alle legislative che si terranno il prossimo 30 aprile.

La Ja'afari Personal Status Law è una legge che prevede l'applicazione in senso restrittivo e integralista dei precetti islamici (Shari'a). Oltre all'età matrimoniale per le bambine che si abbassa dai 18 ai 9 anni, si legalizza anche lo "stupro" in ambito familiare, e l'affidamento automatico dei figli al marito in caso di divorzio.

Una legge che riduce la donna in un vero e proprio stato di segregazione.

Aisha, Maometto e perché proprio a 9 anni. L'Iraq vuole avvicinarsi al vicino Iran dove vige una teocrazia dominata dagli sciiti e dove le ragazze possono diventare spose già a nove anni. L'età è un riferimento alla vita di Maometto, su cui però non è mai stata fatta chiarezza, quella secondo alcuni studiosi era l'età della terza moglie, Aisha, al momento delle nozze del profeta.

Gli altri punti della legge. L'apertura ai matrimoni per le bambine non è il solo cambiamento scioccante in cui va incontro l'Iraq. Essa condona lo stupro coniugale con la clausola che stabilisce che le donne devono rispettare le esigenze sessuali dei mariti.

Agli uomini mussulmani poi, la cui età per contrarre matrimonio è abbassata a 15 anni, viene assegnata la tutela delle proprie donne, ma viene vietato loro di unirsi in matrimonio con donne non mussulmane. La legge regolamenta anche la poligamia e impedisce alle donne di lasciare casa senza il permesso del marito.

Saddam e il partito Ba'ath. I punti di questa legge hanno preoccupato non poco le associazioni di volontariato e quelle per la tutela dei diritti umani. I sostenitori della legge giustificano il testo sostenendo che essa regolamenta una prassi che già esiste nella vita di tutti i giorni.

La pratica dei matrimoni in età giovanissima in questi anni è cresciuta enormemente, in particolare da quando è caduto Saddam, il cui partito Ba'ath osteggiava le leggi di ispirazione sciita. Stando alle cifre dell'Unicef, più del 24 per cento delle ragazze irachene sono sposate già all'età di 18 anni, e quasi il 5 per cento all'età di 15.

Una guerra inutile per esportare la democrazia nell'Iraq di Saddam voluta dall'America di Bush e appoggiata dal mondo occidentale alla ricerca di armi di distruzione di massa inesistenti. Una guerra costata centinaia di migliaia di vittime civili con la scusa di esportare la democrazia occidentale in quel paese "barbaro" ma che oggi, alla fine di una guerra decisamente fallita, è ripiombato nel medioevo della più becera Shari'a islamica. Alla faccia di quell'occidente che è andato da quelle parti solo prendersi il petrolio di quel paese islamico.

Questo articolo fa parte della campagna informativa di Foundation for Africa contro i matrimoni precoci, i matrimoni combinati e forzati
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10 aprile 2014

Islam, una religione da evitare

La sharia islamica applicata nel mondo
Ho parlato spesso di Islam e di Mussulmani, e ho sempre cercato di capire una religione che culturalmente non mi appartiene, ma che soprattutto mi è particolarmente odiosa per molti motivi.

Tutto iniziò quell'11 settembre del 2001 a New York, ma soprattutto dopo ciò che vidi personalmente a Madrid quel l'11 marzo 2004, e si perché io ero lì .. Allora non capivo più di tanto finché non hanno iniziato a "toccarmi" da vicino, nella mia Nigeria. Dal 2009 è in atto una strage continua di cristiani da parte degli integralisti di Boko Haram nel Nord della Nigeria. Solo dall'inizio di quest'anno i morti sono stati più di mille.

E poi c'è un quadro "mondiale" che è sotto gli occhi di tutti. Ovunque nel mondo dove ci sono conflitti, guerre, tensioni e crisi c'è di mezzo l'Islam.
  • Repubblica Centrafricana, i miliziani islamici di Seleka, dopo il colpo di stato del marzo 2013 hanno messo a ferro e fuoco, ammazzando, uccidendo e stuprando la popolazione a maggioranza cristiana - l'ultimo genocidio -
  • Sudan, penso al Darfur, venti anni di conflitto e milioni di morti per colpa di un despota già condannato per crimini contro l'umanità.
  • Somalia, dove da anni le milizie islamiche tengono in scacco una popolazione ormai allo stremo e al limite della sopravvivenza.
  • Nord Nigeria, dove gli integralisti di Boko Haram tentano di creare uno stato islamico negli stati del Nord semplicemente facendo "pulizia etnica".
  • Mali, dove nel 2012 gli islamici presero il potere instaurando il terrore negli stati del nord - leggi -
  • Repubblica Democratica del Congo e gli stupri di massa nel nord-est.
  • E poi, Afghanistan, Iraq, Siria, Palestina, Egitto, Libia, Ciad, Eritrea, Etiopia, e così via.
Per non parlare del rispetto che ha l'Islam per le donne. Sottomesse all'uomo, anzi schiave dell'uomo.

Solo pochi giorni fa ad Islamabad, in Pakistan si è concluso il 192° incontro dell'ideologia islamica che sulle donne ha tratto le seguenti decisioni. Un incontro che è stato indetto per discutere proprio del limite di età imposto di recente in Pakistan per impedire i matrimoni combinati con le bambine.

Testuali parole
  • "L'esistenza della donna contraddice la Sharìa e la volontà stessa di Allah",
  • "Facendo nascere le donne i genitori hanno sfidato le leggi della natura e se ne devono liberare al più presto",
  • "La legge del Pakistan che pone un limite di età ad una ragazza per sposarsi va contro la volontà di Allah".
Sempre secondo l'interpretazione uscita dal 192°convegno sull'ideologia islamica ci sono due tipi di donne .. "Possiamo dividere le donne del mondo in due categorie, quelle haraam (parola che in arabo significa peccato, tutto ciò che è proibito ad Allah) e quelle makrooh (colui che obbedisce e fa la volontà di Allah)" - Differenza tra haraam e makrooh -

Pakistan, ragazze promesse spose che vengono
accompagnate dai loro mariti in catene in segno di disprezzo
Riassumendo, alla categoria "haraam" appartengono quelle donne che vanno "punite" e purificate perché disubbidienti, quelle invece "makrooh" sono donne che si sottomettono, ubbidendo con dignità alla volontà di Allah. E quindi tutte le "donne" devono aspirare a diventare makrooh.

Questo per dire che le donne, secondo l'Islam, sono il nulla, sono semplicemente oggetti alla mercé degli uomini, prima dei genitori e poi del marito. Loro non possono pensare, loro non possono fare nulla di testa loro.

Tra le tre grandi religioni monoteiste (Cristianesimo, Islam, Buddhismo) l'unica a non avere una guida a livello mondiale è proprio l'Islam. Se il Cristianesimo ha il "Papa" e il Buddismo ha il "Dalai Lama", l'Islam ha solo tanti sceicchi, califfi, mullah, imam. Ecco allora che il "Corano" viene interpretato in mille modi, a seconda della convenienza politica e sociale, di questo o di quel capo o capetto religioso islamico locale.

E ancora, almeno il 70% delle risorse energetiche mondiali sono nelle mani dei paesi Islamici, vedi petrolio e gas naturale (Medio Oriente, Africa mediterranea, ma anche ex-repubbliche sovietiche), eppure questi paesi "ricchissimi" di per se di risorse naturali, mandano il loro figli in Europa (a causa dei loro conflitti interni).

Migrazioni di popoli verso l'Europa (e l'Italia). Fatto salvo una minima parte di migranti che arriva del sub-continente africano (di religione prevalentemente cristiana), la stragrande maggioranza di immigrati che soprattutto in questo periodo sta massicciamente sbarcando sulle nostre coste sono di religione islamica.

Il nome Allah in lingua Araba
Ma quello che è grave, è che il mussulmano, in genere, non accetta l'integrazione (pensa che la sua verità sia l'unica verità) anche quando è ospite in un paese non suo (come l'Italia). Pretende che dalle scuole vengano tolti i crocefissi, gli insegnanti dei loro figli non siano donne, che vengano costruite moschee nelle città italiane, impediscono alle loro figlie di frequentare ragazzi italiani, e via di questo passo - leggi -

Dicono che il loro paese di origine è benedetto da Dio, ma poi vengono in Italia, un paese che loro considerano abitato da infedeli. Pretendono moschee in Italia, ma nei loro paesi di origine distruggono le Chiese e uccidono i cristiani. Vengono in Italia per fuggire a guerre che loro stessi hanno provocato.

Io so benissimo che in tutte le religioni, anche in quella Cattolica, ci sono stati degli estremismi soprattutto in passato. Ma in questo esatto momento storico l'Islam e i mussulmani sta "uccidendo" in tutto il mondo chi non la pensa come lui, in pratica è in atto una nuova "inquisizione" e al rogo tutti coloro che non sono islamici.

A queste domande io risponderei così:
  • L'Islam è una religione violenta? SI
  • L'Islam è una religione maschilista? SI
  • L'Islam non sa integrarsi? SI
  • L'Islam prevarica gli altri? SI
  • L'Islam è la religione dell'Odio? SI
Notoriamente sono conosciuta come una persona abbastanza equilibrata e io stessa mi considero aperta al diverso, ma è ora che il mondo occidentale si svegli e prenda coscienza di questo dato di fatto prima che, e sarà molto presto, tutta l'Europa, a causa di un frainteso senso dell'accoglienza, sarà costretta a vedere le sue figlie girare in pubblico con il "velo islamico".


Quello che fa più male in questo contesto di violenze e di soprusi verso i "diversi" o i "non islamici" e verso le donne, è l'assordante silenzio dei così detti islamici moderati del mondo che nulla fanno per cambiare questo stato di "tensione" continua dei loro confratelli integralisti .. eppure sono figli dello stesso "Allah" (a meno che il loro comune Dio parli lingue diverse).

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06 aprile 2014

Il Rwanda a venti anni dal genocidio. Don't forget it

Giovanni Paolo II fu il primo capo di Stato ad usare la parola "genocidio" in maniera pubblica. Un genocidio che si consumò sotto gli occhi "indifferenti" del mondo. Le stesse Nazioni Unite non si resero subito conto di quello che stava accadendo esattamente in quei tre mesi d'inferno in Rwanda.

A venti anni dal conflitto tra Hutu e Tutsi che provocò oltre un milione di morti, un settimo della popolazione ruandese di allora, il paese africano fa ancora i conti con la sua storia.

Era il 6 aprile del 1994, quando l'aereo dell'allora presidente in carica del Rwanda, Juvenal Habyarimana fu abbattuto a Kigali da estremisti del suo stesso partito. Troppe e inaccettabili le concessioni fatte agli odiati tutsi del Rwandese Patriotic Front (RPF) nei colloqui del mese di agosto 1993 in Tanzania, ovvero gli accordi di Arusha siglati il 4 agosto 1993 e che avrebbero dovuto sancire la fine di 4 anni di guerra civile (Guerra Civile Ruandese 1990-1993).

La morte del presidente ruandese fu invece il pretesto per scatenare gli "squadroni della morte" di etnia hutu, spronati ad accelerare i massacri dalla stessa radio nazionale e dalle truppe regolari ruandesi. In soli 100 giorni, almeno un milione di persone furono massacrate e il macete fu l'arma prevalente per uccidere. Più di 250.000 donne e ragazze furono stuprate, moltissime di loro uccise subito dopo.

Quegli scontri etnici tra hutu e tutsi sono passati alla storia come uno dei più terribili esempi di genocidio che l'uomo ricordi. Quegli eventi non furono però solo la morte di tantissime persone e molte altre ferite, ma furono anche quello di un paese raso al suolo. Vedere come è oggi il Rwanda, significa vedere un miracolo. Si scopre infatti un paese in linea con tutti gli altri paesi in via di sviluppo.

Don't forget it
Oggi a venti anni di distanza, il nuovo Rwanda del presidente Paul Kagame, tra i fondatori del RPF, è nel mezzo di una fase di forte crescita economica. Gran parte della popolazione ruandese, però, si trova ancora a fare i conti con le conseguenze di quel conflitto. Secondo l'Unicef, più della metà dei bambini ruandesi sotto i cinque anni soffre di malnutrizione cronica e negli ultimi dieci anni è cresciuta del 50% la mortalità infantile dovuta all'AIDS, nonostante i significativi progressi compiuti nel prevenire la trasmissione del virus da madre a bambino (MCTC).

Il perdono è stato l'elemento portante della rinascita del Rwanda. Nei tribunali tradizionali, i così detti gachacha, che in lingua originale vuole dire sostanzialmente prato, un posto dove i ruandesi a milioni sono andati a fare i processi a livello popolare. Alla vittima veniva chiesto di perdonare i responsabili delle violenze e ciò è stato molto difficile per i sopravvissuti.

Ad oggi comunque sono oscuri tutti i retroscena che fecero scoppiare una tale violenza così improvvisamente, una violenza che si stava preparando da parecchio tempo.

Non immune il Belgio che dominò il Rwanda fino all'inizio degli anni '60 e che, come motto aveva "divide ed impera", aveva obbligato la popolazione a scrivere l'appartenenza etnica direttamente nel documento d'identità, e fu proprio quello uno dei metodi che permisero di riconoscere l'avversario.

Non immune la Francia, che con tanta solerzia ospitò proprio Agathe Habyarimana, moglie del presidente Juvenal Habyarimana ucciso quel 6 aprile 1994, e che fin dall'inizio venne sospettata di aver tradito il marito segnalando l'itinerario dell'aereo presidenziale. Quella stessa moglie che con una scusa all'ultimo momento non salì proprio su quell'aereo che poi venne abbattuto. Per questi fatti l'attuale presidente Paul Kagame ha, in questi giorni, accusato apertamente proprio il governo francese per non aver mai voluto fare piena luce su quelle vicende storiche.


Video Documentario sul Genocidio del Rwanda
Gli Spiriti del Rwanda


Approfondimenti
I rwandesi hanno "perdonato" assassini e carnefici, e chi ha compiuto violenze indicibili, ma ancora non ha saputo "accettare" le donne che furono le "vittime" di quegli orrori.

Il genocidio avvenuto nel 1994, tra aprile e luglio di quell'anno furono uccise quasi un milione di persone, e stuprate sistematicamente decine di migliaia di donne.

Per secoli le due etnie del paese, Hutu (85%) e Tutsi, condivisero la stessa cultura, religione e lingua vivendo pacificamente, ma i colonizzatori belgi concessero ai Tutsi la supremazia politica ed economica nonostante fossero la minoranza della popolazione, alimentando il conflitto etnico che ebbe il culmine nel 1994 con un vero e proprio massacro.

A causa di quella immane tragedia la popolazione rwandese, circa 10 milioni di persone in tutto, alla fine del 1994, era formata per il 70% da donne. Donne che furono quindi il cardine per la ricostruzione civile e politica della società di quel paese africano. Il Rwanda fu il primo parlamento al mondo formato per la maggioranza da donne.

Ma oggi le donne stuprate del Rwanda e i figli nati da quelle violenze stanno ancora pagando le conseguenze, molte furono contagiate dall'AIDS per essere state violentate da miliziani siero-positivi. I figli degli stupri e le donne stuprate furono rifiutate dalle loro famiglie e bandite dai villaggi.

Esistono, ancora oggi, a venti anni di distanza, comunità di donne e figli di donne "stuprate" che vivono lontane dai paesi e dalle città, bandite dalla società e dai loro stessi familiari, isolate da tutto e da tutti.



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04 aprile 2014

Bob Marley (One Love 1977)



One Love (Video)


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Biografia Bob Marley
Archivio Ufficiale (Pagina Facebook)



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01 aprile 2014

Rapporto UNAR 2013 sulle discriminazioni razziali in Italia

Nel 2013 l'UNAR (Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali), del Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha raccolto 959 segnalazioni per discriminazione etnica, l'80% sono state ritenute effettivamente atti discriminatori, in molti casi veri e propri reati ai sensi della Legge Mancino, il 4% è ancora in fase di discussione, mentre le altre sono state archiviate.

Nel 26,5% dei casi, ed è questo il dato interessante, a denunciare sono stati cittadini italiani. In particolare sono giovani figli di stranieri, ma nati o cresciuti in Italia e a cui è stata riconosciuta la cittadinanza italiana, che si sono trovati a subire la stupidità di comportamenti spesso aggressivi tanto da sfociare nella violenza aggravata.

Questa percentuale rivela come come una parte consistente della società fatichi ad accettare il fatto che l'Italia sia ormai già un Paese multiculturale e che la cittadinanza non corrisponda in automatico a tradizionali tratti somatici o alla pelle bianca. E attesta anche la consapevolezza e la determinazione delle cosi dette seconde generazioni, pronte a far valere i propri diritti nelle sedi opportune.

Si tratta quindi di una componente più preparata ad affrontare il razzismo latente e meno disposta a subire. Persone che hanno gli strumenti non solo linguistici ma anche l'accesso ai supporti informatici per inoltrare le segnalazioni, che si rivolgono al numero verde messo a disposizione dell'UNAR e che non temono forme di ricatto connesse ad una presenza precaria legata al permesso di soggiorno.

Non a caso il 34% delle segnalazioni giunge via web, il 33,6% grazie ai media, e il 19,9% mediante chiamata telefonica. A denunciare è, in genere, chi subisce la discriminazione (84,7% di cui il 24,7% attuali con l'aggravante delle molestie) ma, a volte a denunciare è anche chi le vede e non ci sta. Ecco infatti che ben il 9,9% delle segnalazioni dell'anno passato ha riguardato una sola persona, il ministro (ora ex) più insultato al mondo, Cécile Kyenge. Ma il rapporto non spiega (ed è comprensibile) se la disponibilità ad esporsi provenga soprattutto da persone che possono essere scambiate per stranieri o se sta aumentando una coscienza civica diffusa.

Altro dato utile, dopo gli italiani, a denunciare sono soprattutto cittadini marocchini e rumeni. Si tratta delle comunità più numerose.

Le discriminazioni in Italia
Utilizzando sempre come parametro i dati UNAR, emerge un'altra curiosa informazione. Nella casistica delle segnalazioni per comportamenti discriminatori ai primi posti compaiono, ovviamente, Roma con 156 casi denunciati e Milano con 65. Era scontato, si tratta delle grandi metropoli in ci la presenza di cittadini stranieri è quantitativamente rilevante e con elementi di tensione sociali spesso forti.

Ma al terzo posto, con 54 segnalazioni, compare una città piccola come Rovigo, e questo accade per due ragioni:
  • Da una parte il Nord-Est integra molto con il lavoro e questo fa si che la presenza di cittadini di origine straniera abbia una percentuale molto alta. Il risultato, che vale anche per il resto del Nord-Est (4 capoluoghi tra i primi 10 segnalati) è che a fronte di episodi di discriminazione a sfondo etnico o religioso c'è anche lì una reazione più pronta e consapevole.
  • Dall'altra nelle piccole città si creano più facilmente le condizioni per essere esposti a certi comportamenti, ma anche a quelli per reagire ad atteggiamenti discriminatori.
C'è da aggiungere che le prime tre città segnalate (Roma, Milano e Treviso) costituiscono da sole il 43% delle segnalazioni che sono giunte all'UNAR. Casi che invece sono molto meno frequenti al Sud. Il Nord raccoglie, infatti, complessivamente oltre il 55% delle segnalazioni, il Centro oltre il 34% e il restante 11% è da ascrivere al Sud e alle Isole.

Anche questo dato però ha due volti. Da una parte nel meridione non hanno ancora mai attecchito forme di organizzazione anche politica che avessero come predominante la matrice del rifiuto dei migranti. Contemporaneamente, una parte consistente della presenza di persone di origine straniera è impiegata nell'economia sommersa, spesso in condizioni di precarietà tali da non potersi permettere il lusso di denunciare comportamenti razzisti.

Fatti di cronaca recenti, contro rom e lavoratori in agricoltura, sono emersi solo quando hanno raggiunto livelli di gravità tali da richiedere immediatamente l'intervento delle forze dell'ordine. Va considerato poi il fatto che la presenza stabile di cittadini provenienti da paesi terzi è molto più stabile e concentrata nel Centro-Nord.

La regione italiana da cui parte la maggior parte delle segnalazioni è il Lazio, ma oltre il 95% giungono dalla capitale. Al secondo posto il Veneto e al terzo la Lombardia, ma in questi ultimi due casi le denunce sono diffuse in modo più omogeneo sul territorio.

Significativo come poi la percentuale più consistente delle segnalazioni rivelatesi fondate, riguarda forme di discriminazioni enunciate nei media, il 34,2%, e negli spazi di vita pubblica, il 20,4%.

In contesti come quello lavorativo, dove alcuni comportamenti potrebbero essere ascritti a ragioni di competizione, le denunce giunte e confermatesi veritiere sono solamente il 7,5% del totale, mentre nella scuola scende al 4,1%. Un dato che può essere ascritto facendo alcune ipotesi. Da una parte spazi definiti come quello scolastico e quello lavorativo in genere, alcuni comportamenti trovano spesso il modo di essere affrontati direttamente prima ancora di essere trasformati in denuncia e a volte producendo risultati positivi. Media e spazi pubblici invece denotano come la persistenza di pregiudizi di azioni discriminatorie, dovute non solo ad ignoranza ma anche e specifici intenti politicamente orientati, abbiano ancora un forte peso.




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